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La Storia della Torre

Il quattrocento comunque, aveva visto un crescendo della pirateria barbaresca fino a divenire un fatto endemico.

"Ma le caratteristiche di questi attacchi - scrive Rodolfo Santoro -{Fortificazioni bastionate in Sicilia in Archivio Storico Siciliano Serie IV; voi. IV pag. 188) per la loro limitatezza di obiettivi e per l'impegno di naviglio piccolo e veloce vedevano l'uso di artiglieria estremamente leggera costituita da pezzi montati su affusti verticali facilmente smontabili e trasportabili a spalla da un solo uomo. Armi quindi non adatte agli assedi delle fortezze ed i cui effetti distruttivi potevano essere tranquillamente sopportati dalle stesse mura medievali realizzate nel XIV secolo per resistere alle macchine d'assedio della lunga «guerra del Vespro».

Fu comunque necessaria un'opera di bastionamento delle città siciliane. S' avvalsero così di ingegneri militari esperti nella tecnica d'assedio dei Turchi, della Repubblica Veneta e dei cavalieri di san Giovanni. Ma com'era un assedio turco? "Il blocco marittimo - scrive Santoro - aveva lo scopo dì impedire qualsiasi comunicazione di una città munita dì porto con l'estero. Per impedire che dal suo porto uscissero navi per dare battaglia e cercare aiuti in vettovaglie e rinforzi, se ne sbarrava l'accesso con catene o affondando navi di poco conto sui bassi fondali. Contemporaneamente le navi sbarravano numerosi armati sulla terra ferma in corrispondenza di sito più adatto a rifornirsi d' acqua e a piazzare le bocche da fuoco in batterìa. Questo sito doveva essere vicino il più possibile alla costa per non costringere la truppa ad allontanarsi troppo dall'ancoraggio del naviglio sul quale erano custoditi i vettovagliamenti e le munizioni e per permette re il rapido reimbarco dell' armata in caso di necessità. Proprio queste esigenze facevano sì che i baluardi più prossimi al mare fossero i più importanti nelle progettazioni di un sistema bastionato". Per fortuna questo non fu mai attuato a Trapani ma in modo parziale messo in opera a Lipari, Augusta e Licata.

Così fu scavato un fossato tutt' intorno e così pure fu fatto intorno alle mura della città, in modo tale da far restare la stessa e il Castello isolali. L'opera comunque fu portata a termine dal Viceré Giovanni Vega, poiché nel frattempo il Gonzaga aveva avuto mandato governativo per Milano.

Aggiunse anco alla torre della Colombaia quella parte che all' oriente iemale risguarda, la quale, se ben è dì essa torre più bassa, pur è assai ampia e forte, così perché fosse cotal accrescimento come un securo propugnacolo della stessa torre incontra a coloro che stando in porto batterla con l'artiglieria volessero [...] quindi quei vasselll inimici che perdanno della città avesser tentato fermare: avendovi posti diversi pezzi di artiglierie e deputatovi gente per la sua guardia bastevole [...]" (Pugnatore, ibidem).

Una guarnigione tipo prevedeva 28 soldati, due bombardieri, due porteri, castellano, vicecastellano e cappellano.

Ma Trapani all'inizio del XVI secolo era ancora priva di artiglierie e le sue mura, diroccate non erano sicuramente presidiate. F.C. Carrieri riportando brani di una lettera scritta dal Gonzaga ( Relazione delle cose di Sicilia fatta da D. Ferdinando Gonzaga all'imperatore Carlo V, 1546 stampata nel 1896 a Palermo ) a pagina 7 scrive:

"Trapani è stata riparata dalla parte del mare talmente, che da quella banda ella è fortissima, bene è vero che su la bocca del porto ha un Castello che lo chiamano Columbara, il quale a mio giudizio, nuoce più tosto, che giovi, perciò ch 'egli è piccolissimo, non ha fianchi ne vi si puonno fare, et se venisse preso verrebbe ad essere cavaliere ad un bastione, che si haveva a cominciare nominato Santo Francesco, ma se venisse spianato, il detto bastione, farebbe il medesimo effetto del guardare la bocca del porto, che fa Columbara, ne passerebbe il pericolo d'essere preso, come può esso Castello, perché non si può battere se non con extrema difficoltà, né per mare, né per terra, come ben facilmente si battere la Columbara, almeno per via mare".

A questo punto è da chiedersi come mai il famigerato capo barbaresco Kayr-ed-din, detto Ariadeno Barbarossa che nel 1533 si fermò a Favignana a rifornirsi d'acqua non abbia pensato di impossessarsi della città di Trapani. Le risposte possono essere due. La prima che non volesse impegnarsi in una battaglia in cui avrebbe potuto perdere parte della flotta prima di riunirsi con l'alleato francese. La seconda per la difficoltà della difesa in caso di un contrattacco siciliano.

I Giurati a Trapani non avevano denari a sufficienza per apportare e rinforzare le fortezze e l ' unico modo per ottenerli era quello di chiederli a Carlo V. Ma fu solo per snidare il Barbarossa da Tunisi ed impedirgli di puntare la flotta su Trapani che furono stanziati sessantaseimila fiorini per la fortificazione della città.

Ciò nonostante nel 1534 i Giurati, visto che i lavori languivano, scrivevano all'Imperatore: "in chità altra difensione che l' animi di tutti chitadini intenti cono fideli vassali di serviri per muraglia et moriri in servicio di sua imperiale corona" (V. Vitale - Trapani nelle guerre di Carlo Vin Africa e contro i Turchi, in «A. S. S. » voi. XXIX, p. 280). Ma il Gonzaga tornato in Sicilia nel 1537, scriveva il contrario all'Imperatore: "Tutti i lavori proseguono alacramente".

Le continue lamentazioni dei Giurati furono comunque ascoltate e nel 1543 il Consiglio Generale erogava cinquemila scudi per le fortificazioni trapanesi, anche se per far ciò venne istituita una nuova gabella. «La lentezza dei lavori di Trapani è anche indicativa delle minor considerazioni militari che da parte del Viceré si aveva per le squadre navali barbaresche rispetto a quelle turche. Le prime erano abili nella veloce guerra di corsa ma forse incapaci di condurre delle vere e proprie operazioni d'assedio con batterie di artiglieria e fanterìe «da sbarco» come erano invece in grado di fare i Turchi». (Santoro Archivio Storico Siciliano - Fortificazioni Bastionate in Sicilia -1978, Serie IV voi. IV p. 218).

Successivamente però le cose cambiarono in quanto Trapani divenne base di collegamento con le guarnigioni imperiali italo-spagnole che presiediavano La Goletta, sede nordafricana di un ospedale, e Mahadia, per cui, a questo punto andava protetta. Ed ecco quindi che le opere di fortificazioni cominciarono ad essere portate a termine.

Nel 1570 cadde Cipro, e il pericolo per la Sicilia fu quello dell'Islam. Si rese necessario così un nuovo rafforzamento di Trapani. L' allora viceré Albadelista provvise così al rifacimento del fosso di levante che negli ultimi anni si era riempito di fango paludoso e ne restaurò i bastioni rovinati dalla salsedine.

Nel 1586, il Castello, subì ancora ingrandimenti e trasformazioni. Questa volta su progetto dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani, sotto il regno di Filippo d'Austria (I di Sicilia e II di Spagna).

 il Castello con l'artiglieria schierata 1584 -disegno acquerellato

Le ultime trasformazioni le subì nel XVII sec, quando essendo la Sicilia in pericolo per una invasione turca, il Castello fu rafforzato da parte del viceré, Don Claudio Lamoraldo, Principe Ligné o secondo alcuni di Ligny, che né avevano ricevuto l'ordine da parte del Parlamento siciliano ( 1670). Il Principe era un mestierante della guerra "poteva, con l' esperienza e virtù propria, dargli ordini più opportuni e necessari alle fortificazioni delle Piazze di Sicilia, esposte a tempo di invasione del nemico, e prevenirlo con l'arte militare né suoi disegni, innalzando i dovuti ripari nelle città e luoghi di sospetto" (V. Di Giovanni, Palermo restaurato, in Biblioteca di G. Di Marzo).

La Storia della Torre

Il quattrocento comunque, aveva visto un crescendo della pirateria barbaresca fino a divenire un fatto endemico.

"Ma le caratteristiche di questi attacchi - scrive Rodolfo Santoro -{Fortificazioni bastionate in Sicilia in Archivio Storico Siciliano Serie IV; voi. IV pag. 188) per la loro limitatezza di obiettivi e per l'impegno di naviglio piccolo e veloce vedevano l'uso di artiglieria estremamente leggera costituita da pezzi montati su affusti verticali facilmente smontabili e trasportabili a spalla da un solo uomo. Armi quindi non adatte agli assedi delle fortezze ed i cui effetti distruttivi potevano essere tranquillamente sopportati dalle stesse mura medievali realizzate nel XIV secolo per resistere alle macchine d'assedio della lunga «guerra del Vespro».

Fu comunque necessaria un'opera di bastionamento delle città siciliane. S' avvalsero così di ingegneri militari esperti nella tecnica d'assedio dei Turchi, della Repubblica Veneta e dei cavalieri di san Giovanni. Ma com'era un assedio turco? "Il blocco marittimo - scrive Santoro - aveva lo scopo dì impedire qualsiasi comunicazione di una città munita dì porto con l'estero. Per impedire che dal suo porto uscissero navi per dare battaglia e cercare aiuti in vettovaglie e rinforzi, se ne sbarrava l'accesso con catene o affondando navi di poco conto sui bassi fondali. Contemporaneamente le navi sbarravano numerosi armati sulla terra ferma in corrispondenza di sito più adatto a rifornirsi d' acqua e a piazzare le bocche da fuoco in batterìa. Questo sito doveva essere vicino il più possibile alla costa per non costringere la truppa ad allontanarsi troppo dall'ancoraggio del naviglio sul quale erano custoditi i vettovagliamenti e le munizioni e per permette re il rapido reimbarco dell' armata in caso di necessità. Proprio queste esigenze facevano sì che i baluardi più prossimi al mare fossero i più importanti nelle progettazioni di un sistema bastionato". Per fortuna questo non fu mai attuato a Trapani ma in modo parziale messo in opera a Lipari, Augusta e Licata.

Così fu scavato un fossato tutt' intorno e così pure fu fatto intorno alle mura della città, in modo tale da far restare la stessa e il Castello isolali. L'opera comunque fu portata a termine dal Viceré Giovanni Vega, poiché nel frattempo il Gonzaga aveva avuto mandato governativo per Milano.

Aggiunse anco alla torre della Colombaia quella parte che all' oriente iemale risguarda, la quale, se ben è dì essa torre più bassa, pur è assai ampia e forte, così perché fosse cotal accrescimento come un securo propugnacolo della stessa torre incontra a coloro che stando in porto batterla con l'artiglieria volessero [...] quindi quei vasselll inimici che perdanno della città avesser tentato fermare: avendovi posti diversi pezzi di artiglierie e deputatovi gente per la sua guardia bastevole [...]" (Pugnatore, ibidem).

Una guarnigione tipo prevedeva 28 soldati, due bombardieri, due porteri, castellano, vicecastellano e cappellano.

Ma Trapani all'inizio del XVI secolo era ancora priva di artiglierie e le sue mura, diroccate non erano sicuramente presidiate. F.C. Carrieri riportando brani di una lettera scritta dal Gonzaga ( Relazione delle cose di Sicilia fatta da D. Ferdinando Gonzaga all'imperatore Carlo V, 1546 stampata nel 1896 a Palermo ) a pagina 7 scrive:

"Trapani è stata riparata dalla parte del mare talmente, che da quella banda ella è fortissima, bene è vero che su la bocca del porto ha un Castello che lo chiamano Columbara, il quale a mio giudizio, nuoce più tosto, che giovi, perciò ch 'egli è piccolissimo, non ha fianchi ne vi si puonno fare, et se venisse preso verrebbe ad essere cavaliere ad un bastione, che si haveva a cominciare nominato Santo Francesco, ma se venisse spianato, il detto bastione, farebbe il medesimo effetto del guardare la bocca del porto, che fa Columbara, ne passerebbe il pericolo d'essere preso, come può esso Castello, perché non si può battere se non con extrema difficoltà, né per mare, né per terra, come ben facilmente si battere la Columbara, almeno per via mare".

A questo punto è da chiedersi come mai il famigerato capo barbaresco Kayr-ed-din, detto Ariadeno Barbarossa che nel 1533 si fermò a Favignana a rifornirsi d'acqua non abbia pensato di impossessarsi della città di Trapani. Le risposte possono essere due. La prima che non volesse impegnarsi in una battaglia in cui avrebbe potuto perdere parte della flotta prima di riunirsi con l'alleato francese. La seconda per la difficoltà della difesa in caso di un contrattacco siciliano.

I Giurati a Trapani non avevano denari a sufficienza per apportare e rinforzare le fortezze e l ' unico modo per ottenerli era quello di chiederli a Carlo V. Ma fu solo per snidare il Barbarossa da Tunisi ed impedirgli di puntare la flotta su Trapani che furono stanziati sessantaseimila fiorini per la fortificazione della città.

Ciò nonostante nel 1534 i Giurati, visto che i lavori languivano, scrivevano all'Imperatore: "in chità altra difensione che l' animi di tutti chitadini intenti cono fideli vassali di serviri per muraglia et moriri in servicio di sua imperiale corona" (V. Vitale - Trapani nelle guerre di Carlo Vin Africa e contro i Turchi, in «A. S. S. » voi. XXIX, p. 280). Ma il Gonzaga tornato in Sicilia nel 1537, scriveva il contrario all'Imperatore: "Tutti i lavori proseguono alacramente".

Le continue lamentazioni dei Giurati furono comunque ascoltate e nel 1543 il Consiglio Generale erogava cinquemila scudi per le fortificazioni trapanesi, anche se per far ciò venne istituita una nuova gabella. «La lentezza dei lavori di Trapani è anche indicativa delle minor considerazioni militari che da parte del Viceré si aveva per le squadre navali barbaresche rispetto a quelle turche. Le prime erano abili nella veloce guerra di corsa ma forse incapaci di condurre delle vere e proprie operazioni d'assedio con batterie di artiglieria e fanterìe «da sbarco» come erano invece in grado di fare i Turchi». (Santoro Archivio Storico Siciliano - Fortificazioni Bastionate in Sicilia -1978, Serie IV voi. IV p. 218).

Successivamente però le cose cambiarono in quanto Trapani divenne base di collegamento con le guarnigioni imperiali italo-spagnole che presiediavano La Goletta, sede nordafricana di un ospedale, e Mahadia, per cui, a questo punto andava protetta. Ed ecco quindi che le opere di fortificazioni cominciarono ad essere portate a termine.

Nel 1570 cadde Cipro, e il pericolo per la Sicilia fu quello dell'Islam. Si rese necessario così un nuovo rafforzamento di Trapani. L' allora viceré Albadelista provvise così al rifacimento del fosso di levante che negli ultimi anni si era riempito di fango paludoso e ne restaurò i bastioni rovinati dalla salsedine.

Nel 1586, il Castello, subì ancora ingrandimenti e trasformazioni. Questa volta su progetto dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani, sotto il regno di Filippo d'Austria (I di Sicilia e II di Spagna).

 il Castello con l'artiglieria schierata 1584 -disegno acquerellato

Le ultime trasformazioni le subì nel XVII sec, quando essendo la Sicilia in pericolo per una invasione turca, il Castello fu rafforzato da parte del viceré, Don Claudio Lamoraldo, Principe Ligné o secondo alcuni di Ligny, che né avevano ricevuto l'ordine da parte del Parlamento siciliano ( 1670). Il Principe era un mestierante della guerra "poteva, con l' esperienza e virtù propria, dargli ordini più opportuni e necessari alle fortificazioni delle Piazze di Sicilia, esposte a tempo di invasione del nemico, e prevenirlo con l'arte militare né suoi disegni, innalzando i dovuti ripari nelle città e luoghi di sospetto" (V. Di Giovanni, Palermo restaurato, in Biblioteca di G. Di Marzo).

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