Trapani - La Storia

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STEMMA ANTICO DELLA CITTA' DI TRAPANI


STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

PLAN DE LA VILLE RADE DE TRAPANO CAPITOLO I
"Le origini";

CAPITOLO II
"Lo sviluppo del nucleo cittadino fino alla dominazione bizantina";

CAPITOLO III
"La città dalla conquista islamica al periodo aragonese";
"Le Crociate";
"L'età federiciana e l'arrivo dei primi ordini mendicanti";
"La breve parentesi angioina";
"La Sicilia nel periodo spagnolo";
"Lo stile chiaramontano";

CAPITOLO IV
"Trapani fra 400 e 500;"
"Topografia e Toponomastica";
"Il cinquecento";

CAPITOLO V
"Lo splendore Barocco a Trapani";
"Le realizzazioni secentesche"
"Il settecento"
"La struttura della città"

CAPITOLO VI
"Dal 1800 ad oggi: lo sviluppo fuori le mura , la città nuova."
"I primi sviluppi della città"
"Opere e servizi pubblici"
"Attività artistiche e culturali"
"La dominazione dei Savoia e il regno d'Italia"
"Il piano di ampliamento della città"
"Lo stile floreale"
"I recenti interventi urbanistici"

BIBLIOGRAFIA

R. Del Bono e A. Nobili,
Il divenire della città” Architettura e fasi urbane di Trapani;

G. Claudio Infranca,
“Storia analisi e proposte di intervento urbanistico nel centro storico di Trapani”;

F. Caltagirone, A. D' Amico, R. Del Bono, L. Novara, “Architettura ed arte nel centro storico di Trapani”;

M. Serraino,
“Storia di Trapani”;

A. Volpi
“ Trapani una città tra due mari”;

M. Megale,
“Baluardi di Trapani”.

Relazione di Rallo Elisabetta

Classe: 5°D - Anno Scolastico: 2003/2004
Prof.: Alessandra Infranca
Liceo Artistico statale di Trapani.

 





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO I

Le Origini

Per ritrovare le origini dell'antica Drépanon bisogna tornare indietro di molti secoli in un periodo dove la storia s'intreccia con la leggenda.
L'enorme laguna si estendeva dai piedi del monte Erice fino a capo S. Teodoro, ed era al riparo verso il Mediterraneo dalle isole Egadi, mentre più a sud vi era un'altra laguna più piccola, lo Stagnone.
Esse erano rese diverse dalla presenza di due importanti fiumi che trasportavano ingenti quantità d'acqua, Xitta e Baiata, oggi trasformati in piccoli torrenti.
La laguna più estesa era costituita da numerosi scogli e isole oggi per la maggior parte scomparse a causa del successivo interramento.
Le più importanti, ancora oggi esistenti erano il Ronciglio, la Calcara, la Colombaia e l'isoletta a forma di falce sulla quale in seguito sorse la città di Trapani.
In questa ultima il suolo era costituito da numerose paludi e acquitrini, con isolotti che emergevano in occasione della bassa marea e, depositi dunali costieri che si estendevano fino a torre di Ligny, il Lazzaretto e la Colombaia.
Il territorio costituiva un ottimo habitat naturale dove, la terra, l'acqua e la vegetazione colpirono l'interesse dei primi abitanti che cominciarono ad edificare ai piedi della montagna.
Il tratto di terra costituiva una naturale base commerciale e marittima che gli antichi Fenici denominarono Barban, che significa ad angolo acuto, e poi chiamata Naumachia, cioè adatto ai combattimenti navali.
L'insolita forma di questo lembo di terra, che gli antichi Greci denominarono Drépanon dall'omonimo termine greco indicante appunto la falce, diede spunto a numerosi miti.
Uno di questi è la leggenda legata a Saturno, essa racconta che la nascita della città si deve alla falce gettata dal Dio dopo averla adoperata contro il padre Urano.
Per altri Trapani nasce dall'amore tra cielo e mare.
LA CITTÀ DI TRAPANI IN SICILIA
Un'altra ancora vuole che la dea delle messi Cerere, sinonimo di fertilità, durante il suo viaggio alla ricerca della figlia Proserpina, perse proprio in questi luoghi la sua falce dalla quale poi scaturì la città di Trapani.
Drèpanon è citata anche nel poema di Virgilio, nel quale egli racconta le avventure di Enea.
La città è indicata come luogo nel quale sbarcò l'eroe troiano accolto pacificamente da Aceste, figlio di Crimiso e di Egesta, e dove morì Anchise, padre di Enea, che venne seppellito sul monte Erice, e successivamente, luogo nel quale Enea ritornò dopo la fuga da Didone per celebrare dei giochi in onore del padre, queste affermazioni sono confermate da un contemporaneo del poeta, lo storico greco Dionigi di Alicarnasso.
Pare che, quando Enea sbarcò con i suoi compagni nelle coste trapanesi già esistesse un piccolo villaggio fondato dagli Elimi come punto di collegamento con la città fortificata sul monte Erice, quindi la formazione del primo nucleo abitativo avvenne prima del 1260 a.C., ovvero prima della caduta di Troia.
Allargando il nostro panorama a tutta la Sicilia possiamo individuare meglio il contesto e il periodo storico in cui nasce la città di Trapani.
I primi abitanti leggendari della Sicilia furono i Ciclopi (o Giganti), essi erano dediti alla pastorizia, Omero infatti li definisce giganteschi pastori, e vivevano come barbari divisi in famiglie, insediati sulla sommità di monti.
Secondo alcuni, essi provenivano dalla Licia ed erano stati in grado di costruire imponenti mura dette appunto ciclopiche.
In seguito ai Ciclopi, che avevano denominato l'isola Trinacria, successero i Sicani che la chiamarono Sicania.
Secondo alcuni i Sicani provenivano dalla penisola Iberica, per altri invece erano una popolazione Italica. I loro villaggi sorgevano su alture, cinte murarie impiegate come difesa contro le invasioni nemiche.
I Sicani furono uno dei primi popoli a dedicarsi all'agricoltura e a vivere secondo il rispetto di leggi, negando le abitudini e lo stile di vita delle popolazioni barbare.
Essi erano divisi in piccoli gruppi indipendenti gli uni dagli altri, all'interno dei quali era eletto un capo.
Secondo Ellenico di Mitilene intorno al 1370 a.C. i Siculi si stabilirono nella parte orientale dell'isola, alla quale diedero il nome attuale di Sicilia.
Non è sicuro se essi s'impadronirono del territorio con la forza oppure, come afferma Diodoro, o ne presero possesso dopo l'abbandono dei Sicani che si allontanarono spaventati dalle continue eruzioni dell'Etna.
La popolazione Sicula si dedicò inoltre al commercio soprattutto del rame che utilizzarono come mezzo di scambio.
Essi vivevano in cima alle montagne in seguito all'esigenza di difendersi dai possibili attacchi nemici, e dalle quali scendevano solo per coltivare i loro campi per poi risalire la sera.
Come testimoniano gli antichi scrittori, i Siculi volevano a tutti i costi imporre il loro dominio anche nella parte occidentale dell'isola, così dopo numerose guerre i due popoli, i Sicani e i Siculi, giunsero ad un trattato di pace con il quale definirono i confini del loro territorio.
Antecedenti ai Siculi, però, nella parte nord-ovest, territorio dei Sicani, si stabilì un altro popolo gli Elimi, che conquistarono il corrispettivo all'attuale provincia di Trapani, fondando Erice e Segesta.
Secondo Dionigi gli Elimi provenivano dall'Italia, secondo altri erano un gruppo etnico nato dall'unione dei troiani con la popolazione sicana, nonostante tutto la maggior parte è d'accordo a far risalire la loro provenienza dalla Troade in Asia.
Possiamo infine distinguere le varie popolazioni che nell'VIII sec, si stanziarono sull'isola: nella parte orientale si trovavano i Siculi, in quella occidentale i Sicani e nella parte nord-ovest del territorio sicano si trovavano i territori elimi.
Certamente l'antica Drépanon nasce come piccolo villaggio per poi diventare una piccola città fortificata nella quale vissero per molti secoli pescatori, marinai, commercianti, artigiani provenienti da diverse popolazioni come gli Elimi che, dopo aver fondato Erice (detta terra degli Elimi) stabilirono il loro villaggio su un promontorio, corrispondente all'attuale rione S. Pietro, per prevenire gli attacchi esterni.
Esso era separato dall'entroterra da un canale navigabile in corrispondenza dell'attuale Piazza Vittorio Emanuele, che metteva in comunicazione il mare di Mezzogiorno con quello di Tramontana.
Oltre agli Elimi probabilmente c'erano gli Ionici che s'insediarono nell'attuale zona dell'Argenteria ai piedi del monte Erice.
A partire dal XII sec. a.C. i Fenici si espansero in tutto il Mediterraneo, commerciando con i popoli con cui entravano in contatto.
Essi non invadevano il territorio, ne' opprimevano le popolazioni che vi trovavano, ma si limitavano a costruire scali navali e grandi mercati.
Essi appresero anche le tecniche della navigazione notturna tanto, che i Greci denominarono “Fenicia” l'Orsa Minore che guidava durante la notte i marinai.
Persa in seguito la loro indipendenza a causa degli Assiri, i Fenici si stabilirono nel Mediterraneo occidentale dove fondarono prima Cartagine nell'814 a.C. e poi giunsero a Trapani tra il XI e il VII sec. a.C., dove si era già stabilito il popolo elimo, con il quale convissero pacificamente, ricavando entrambe le popolazioni grandi benefici: i Fenici trovarono in questo piccolo borgo un posto strategico per i loro scambi commerciali e gli Elimi appresero la tecniche della navigazione, della pesca del tonno, incrementando così i vantaggi economici.
La loro unione fu facilitata da elementi comuni ai due popoli come la provenienza e la pratica del culto divino.
I Fenici rinforzarono il porto, che grazie alla sua posizione geografica non solo fece aumentare i traffici commerciali, ma fu anche un punto di grande importanza strategica sopratutto durante le guerre.
Essi assicurarono in tutto il territorio, per la durata del loro dominio benessere, traffici commerciali, stabilità politica e segnarono l'indipendenza amministrativa da Erice, definendo e ampliando la formazione del piccolo villaggio costruito dagli Elimi, che dopo la colonizzazione contava quasi 500 abitanti.
L'influenza punica fu molto importante per lo sviluppo della piccola città che fu adornata da numerosi monumenti e probabilmente coniò anche una moneta, inoltre in essa fu costruito un efficiente cantiere navale in un luogo chiamato “Terzana” che si trovava nella parte nord-ovest dalla città, esso era in grado di costruire navi molto grandi e soprattutto molto agili.
Fu così che differenziandosi dalle province di Motya, Panormo e Soluto, Trapani pur essendo sotto il controllo cartaginese rimase sempre una città libera.
La sua struttura amministrativa però era molto simile a quella punica con due giudici superiori detti “Sofeti” che insieme ad un senato eletto dal popolo esercitavano il potere esecutivo.
La continua minaccia dell'espansione delle colonie greche portò ad un'alleanza sempre più forte fra Trapani e i cartaginesi che si unirono per difendere il piccolo territorio a forma di falce, numerosi furono infatti gli eventi bellici che si verificarono dal VI sec.
Il più grande nemico dei cartaginesi fu Dionisio che schieratosi dalla parte della Grecia cercò di vendicare le sconfitte subite da questa ad opera di Cartagine, così nel 397 a.C. si mise a capo dell'esercito siracusano con lo scopo di colpire i punti più importanti per i Punici.
Procedendo via terra con un forte esercito si diresse verso Erice e Motya sostenuto dal mare da un ingente flotta. Gli ericini si arresero mentre Motya riuscì a resistere all'attacco.
A causa delle lotte tra greci e cartaginesi, Trapani, che era piazza d'armi, ebbe notevoli fortificazioni, esse erano composte da alte mura di cinta con alte torri semicircolari e a levante dietro la grande torre, la più importante del sistema difensivo, si trovava la porta d'accesso alla città che dava sul profondo fossato con il ponte levatoio, successivamente però questo sistema fu modificato e ampliato dai cartaginesi.
Quando ormai Cartagine aveva sconfitto tutti i possibili nemici incominciò nuovamente ad espandersi occupando gran parte del territorio siculo e controllando la Sardegna, la Corsica, la Spagna meridionale e l'Africa del Nord, ma questa espansione mise in allarme Roma che spinta dal desiderio di espandersi, temette che i cartaginesi si impadronissero dei territori della penisola.
Fu così inevitabile l'inizio di un astio che successivamente portò alla guerra fra i romani e i cartaginesi.
Possiamo dire che il vero fondatore della città di Trapani fu il generale cartaginese Amilcare Barca che in occasione delle ostilità con i romani potenziò le difese della città, poiché essa rappresentava un punto di forza per la difesa punica.
Diodoro Siculo a proposito del generale cartaginese racconta che egli costruì strutture militari all'estremità della laguna come la torre Peliade, attuale Colombaia e il Castello di Terra, inoltre Diodoro parla della distruzione di Erice ad opera del generale e del successivo trasferimento della popolazione nella laguna.
La guerra fra i due popoli scoppiò nel 249 a.C., la città di Trapani divenne punto fondamentale per la difesa cartaginese, così dopo aver rinforzato la difese della città Amilcare sconfisse, proprio in quelle acque, la flotta romana del Console Publio Claudio. Sfruttando la forma a falce e il triangolo costituito da Drèpanon-Erice-Lilibeo il generale uscì con le sue navi dalla parte del Castello della Colombaia (Peliade) e costrinse le navi cheCASTELLO DELLA COLOMBAIA navigavano vicino alla costa a richiamare le restanti, dirette verso il porto, che a causa delle difficili manovre da eseguire rimasero intrappolate dalla flotta fenicia che vinse pienamente la battaglia.
Nonostante le numerose costruzioni apportate alla città dai Fenici, non si può parlare di un vero e proprio insediamento urbano, ma piuttosto di costruzioni sparse all'interno della laguna soprattutto ai piedi del monte Erice.
Inoltre data la divisione irregolare della costa vi erano vari scogli e isolette abitate principalmente da pescatori e soldati a cui era stata affidata la difesa del borgo e i contatti esterni con altre zone della Sicilia e con Cartagine stessa.
Data la fragile struttura del suolo non è stato possibile ritrovare reperti archeologici risalenti a quel periodo, tranne che nella zona del Castello di Terra e della Colombaia, sentinella avanzata del porto.

 

 

 





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 2
Lo sviluppo del nucleo cittadino fino alla dominazione bizantina

Originariamente Trapani aveva una forma quadrata, con un perimetro che si estendeva per circa un miglio.
Essa era delimitata dalla cinta di mura lungo la via XXX Gennaio, che segnava il confine con la campagna, dalla quale era divisa da un fossato e da un canale navigabile che collegava i due mari, quello di tramontana e quello di mezzogiorno.
L'estensione del territorio occupava gli attuali quartieri di S. Pietro e S. Nicola.
Trapani assunse un'importanza strategica soprattutto durante la prima guerra punica, combattuta tra cartaginesi e romani.
La città fu sempre protetta da una robusta cinta muraria che nel corso dei secoli subì molti cambiamenti.
Le mura, elemento importante per la difesa della città, si estendevano da Piazza Vittorio Veneto, via XXX Gennaio, via Ammiraglio Staiti, verso ovest per torre Ligny e poi verso est lungo il Mar Tirreno.
Purtroppo oggi di queste ne rimangono solo pochi resti a causa dell'abbattimento che avvenne nel 1870.
Le 5 torri, sentinelle della città, furono realizzate durante la colonizzazione fenicia.
Esse erano: Torre del Castello di Terra, Torre Peliade (Colombaia), Torre Pali, Torre Vecchia e Torre Oscura.
CASTELLO DI TERRALa Torre del Castello di Terra, di origine punica, era situata a Piazza Vittorio Veneto, dove ora sorge il palazzo della Questura, dietro il quale possiamo ancora oggi ammirarne i resti lungo il litorale Dante Alighieri.
La torre fu ristrutturata nel XIV sec, e dopo numerosi cambiamenti nell'800 assunse le sembianze di una caserma borbonica, infine fu abbattuta per dare spazio alla nuova costruzione della Questura.
L'altra guardiana della città era la Torre Peliade, detta anche Colombaia, opposta al Castello di Terra, che sorse sul piccolo isolotto omonimo.
Voluta da Amilcare Barca, Generale cartaginese, essa era un fortilizio militare e guida per i naviganti, in quanto situata all'ingresso del prezioso porto.
Ristrutturata nel periodo aragonese dopo il 1534, subì molti cambiamenti, messi in atto da Carlo V e Filippo II.
La struttura è tipicamente gotica come la strutture militari del XIV sec.
Nel 1670 secondo il volere del principe di Ligny il Castello subì un consolidamento ad opera del De Grunemberg.
Fino agli anni 60' il Castello fu adoperato come carcere.
Non meno importante era il Bastione dell'Impossibile così chiamato per le difficoltà a cui dovettero far fronte i suoi costruttori, a causa del terreno acquitrinoso.
Nel 1671 fu fatta edificare una torre detta Torre di Ligny voluta dal vicerè Claudio la Moraldo principe di Ligny.
Torre di LignyLa torre, che irrobustì la fortificazione aveva, il compito di avvistare la imbarcazioni nemiche.
Oggi sede del Museo della Preistoria, contiene al suo interno non solo reperti storici provenienti dalla provincia di Trapani, ma anche dal Sud Africa, dalla Tunisia e dall'Algeria.
Le uniche vie d'accesso alla città erano le numerose porte che si dislocavano lungo il perimetro delle mura.
Certamente dopo la dominazione punica la città subì numerosi cambiamenti, trasformandosi via via da un piccolo borgo dipendente dal porto ad una vera e propria città fortificata.
È però nella primavera del 241 a.C. che Roma, risentita della sconfitta precedente ad opera dei punici, si prese la rivincita.
Il generale C. Lutazio Catulo si presentò davanti il porto di Trapani con 200 navi, prendendo di sorpresa la città che intanto era insidiata via terra.
Il compito di fermare la flotta nemica fu affidato ad Annone che volendo cogliere di sorpresa i romani si fermò con la sua flotta, riunitasi in fretta, nell'isola di Hiera (Marittimo).
Ma il console Lutazio, accortosi della minaccia nemica, si mise nell'isola di fronte Egusa (Favignana) e approfittando dell'agilità delle sue navi sbarrò la strada ad Annone che, iniziata la battaglia si trovò circondato, di conseguenza numerose navi cartaginesi furono sconfitte e la guerra fu vinta dai romani.
Dalla sconfitta punica, Trapani, unico fortilizio rimasto alla città di Cartagine, passò nelle mani dei romani, che tolsero alla città la libertà di cui essa godeva durante la colonizzazione punica.
Successivamente Amilcare, incaricato da Cartagine, raggiunse con Roma, nell'isola di Marettimo un trattato di Pace che pose fine alla prima guerra punica.
La Sicilia divenne provincia romana e tutto il territorio fu soggetto ad un Pretore.
Il trattamento riservato alle singole città sicule era diverso, e dipendeva dal comportamento che esse avevano tenuto durante la guerra: quelle che si erano arrese spontaneamente vennero chiamate città decumane (civitas decumanae), cioè libere e direttamente responsabili della loro amministrazione; quelle invece che avevano opposto resistenza fino alla fine vennero chiamate città censorie (civitas censoriae), cioè proprietà del popolo romano.
Trapani che mantenne durante la guerra una posizione netta assunse il nome di Drepanum e venne definita civitas censoria.
Durante la dominazione romana Trapani cadde in una profonda crisi economica, perse il cantiere navale e i traffici commerciali e marittimi diminuirono, cominciò a nascere la disoccupazione che portò ad uno spopolamento del territorio.
Il governo fu affidato ad un propretore che non consentì al Senato e al popolo l'autonomia amministrativa.
Roma tolse ai trapanesi le loro proprietà e impose pesanti tasse, che servivano per il mantenimento del proprio esercito e dei propri delegati.
Le terre che Roma tolse ai trapanesi furono affidate all'aristocrazia romana che spesso affidavano a persone di fiducia i loro terreni, portando così allo sviluppo del latifondo.
Le tasse imposte dai romani divennero sempre più insostenibili, inoltre l'aumento della schiavitù portò ad un innalzamento della disoccupazione, e alla nascita di una lotta fra schiavi e padroni.
Diventata il “granaio di Roma” la Sicilia doveva solo attendere la venuta degli arabi per cercare di riprendersi economicamente.
Due importanti avvenimenti assunsero maggior rilievo durante la dominazione romana: l'avvento del Cristianesimo che già dal I sec. d.C. incominciò a mettere in crisi la civiltà romana, con la conseguente modifica del tessuto urbano, e la formazione delle colonie ebraiche iniziata dopo la distruzione di Gerusalemme in seguito al decreto dell'imperatore Tito (70 d.C.).
Non furono molti gli Ebrei che si stabilirono a Trapani, ma quei pochi abitarono insieme ai Cristiani, fino a quando nel 1312 furono costretti a vivere in luoghi separati dagli altri cittadini.
Ad essi furono imposti divieti ma anche privilegi tra cui il riconoscimento dell'«jus prothomiseos intra et contra se ipso set non contra Christianos», cioè i privilegi di re Martino.
Pur rappresentando una piccola parte di comunità gli Ebrei si inserirono brillantemente nel campo professionale, artigianale ed economico ma anche culturale, vivendo all'interno della città insieme ai cristiani, fino a quando Federico III d'Aragona attuò una divisione che portò all'emarginazione degli Ebrei a ponente, vicino al porto.
Palazzo della Giudecca o Palazzo CiambraProbabilmente la via Tintori che si trova proprio nella zona del porto, prende il nome dall'ebreo Nachonus Tinturi e dalla presenza di un piccolo cimitero fuori dalla Porta Botteghelle.
Quando nel 1485 la comunità incominciò a crescere, gli Ebrei costruirono all'interno del loro ghetto il Palazzo della Giudecca che sorgeva accanto alla sinagoga e alle abitazioni.
La costruzione del Palazzo corrispose con il consolidamento delle mura, questo creò uno scontro tra cristiani, che volevano far pagare le spese del rifacimento delle mura interamente agli Ebrei, e gli Ebrei che invece dicevano che le mura appartenevano a tutti i cittadini quindi tutti dovevano pagare.
Nel 395 d.C. l'impero romano venne diviso in occidentale e orientale, la Sicilia cadde così sotto il controllo dell'Impero Romano d' Oriente.
Dopo l'editto di Costantino, che permise la libertà di culto si andò sempre più diffondendo il Cristianesimo che pian piano sostituì le religioni pagane.
Nella Sicilia Occidentale il Cristianesimo si diffuse molto lentamente soprattutto nei primi due secoli, verso la fine del II sec. nelle isole Egadi si incominciarono a stabilire delle piccole comunità cristiane, soprattutto a Levanzo e a Favignana, mentre nel III sec. inizia a diffondersi molto più rapidamente creando così la necessità di trasformare i luoghi di culto pagano in chiese cristiane.
Secondo la tradizione la prima chiesa cristiana fondata nella città di Trapani fu S. Pietro, destinata a diventare la parrocchia della città, essa fu costruita dove in origine sorgeva un tempio dedicato al dio Saturno o Nettuno nel quartiere Casalicchio o di S. Pietro.
Nel 1076 gli venne attribuito il titolo di protobasilica, e fu ricostruita dal conte Ruggero, con il passare del tempo la chiesa assunse dimensioni sempre più grandi.
Con la divisione dell'impero romano e il passaggio di obbedienza al Patriarca di Costantinopoli, venne facilitata nelle chiese siciliane la diffusione del culto greco, soprattutto nel 536 con la venuta del generale Basilario.
Alcuni ritengono che quando Balisario arrivò a Trapani, fondò tre chiese di rito greco, queste erano: quella di S. Sofia, S. Caterina, e quella dell'Ascensione.
La chiesa di S. Sofia, situata fuori dalle mura, fu ricostruita dopo il 1421 prendendo il nome di Maria SS. del Soccorso, accanto alla chiesa venne costruito anche un monastero, che in seguito fu affidato alle suore dell'Ordine dei domenicani grazie alle quali divenne uno dei più ricchi e grandi della città.
Col passare del tempo sia la chiesa che il convento vennero ampliati.
La chiesa di S. Caterina, detta di “la Porta Nuova”, di cui oggi non ne rimane nulla, probabilmente sorgeva in via XXX Gennaio.
Infine vi era la chiesa dell'Ascensione, sede del capo della chiesa ortodossa, fu modificata e ristrutturata nel XIV sec. dalla famiglia Chiaramonte, in seguito prese il nome di S. Nicolò dal nome della cappella fatta costruire al suo interno dalla famiglia.

 





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 3
La città dalla conquista islamica al periodo aragonese

Le crociate
L'età federiciana e l'arrivo dei primi ordini mendicanti
La breve parentesi angioina
La Sicilia nel periodo spagnolo
Lo stile chiaromontano

Gli arabi sbarcarono in Sicilia nell'827, probabilmente a Mazara, ma solo dopo un lungo periodo di guerre, dall'827 all'880, riuscirono ad impadronirsi effettivamente dell'isola.
Il loro arrivo fu spinto dal forte desiderio di espandersi verso occidente, ma venne facilitato dalle divergenze che si erano venute a creare fra i due imperi romani.
Le ultime città cadute, dopo una lunga resistenza, sotto il dominio arabo furono Siracusa, Taormina e Rametta.
Contrariamente, Trapani, non oppose resistenza sia perché non aveva una buona organizzazione militare, ma soprattutto per l'odio che provava verso l'Impero romano.
A questa fase di scorribande ne seguì una di sviluppo, possiamo infatti dividere la dominazione araba in due periodi: il primo caratterizzato da massacri e distruzione; il secondo di assestamento, mantenimento delle istituzioni locali e tolleranza religiosa.
Anche se gli Arabi cercarono di diffondere l'Islamismo trasformando anche delle chiese in moschee, lasciarono sia ai cristiani che agli ebrei, presenti sull'Isola, la possibilità di continuare a professare la loro religione liberamente.
Gli Arabi attuando una politica economica illuminata riuscirono in poco tempo a trasformare tutta l'Isola in una terra fertile, descritta da molti scrittori come paradiso terrestre.
A favorire la crescita del settore commerciale fu ancora una volta la posizione, al centro del Mediterraneo, della Sicilia che gli Arabi riuscirono a fruttare al meglio creando un grande emporio commerciale attraverso il quale potevano mantenere rapporti con altre città, riuscendo così a risollevarsi dall'abbandono da parte dei Romani.
A Trapani, il porto riacquistò il suo originale splendore, diventando un importante centro marittimo collegato a tutto il Mediterraneo, vennero migliorate anche le tecniche di pesca, soprattutto quella del tonno che diventerà successivamente un'attività economica fondamentale. Molto importante fu anche l'organizzazione dell'agricoltura, migliorata sia dall'introduzione di nuove colture, come la canna da zucchero, il cotone, la canapa, gli aranci, i limoni, il gelso, gli ortaggi, le cipolle, i carciofi, sia da un efficiente sistema di irrigazione, con il quale riportarono opere di ingegneria idraulica già utilizzate nelle loro terre di origine, di natura molto arida; ed inoltre la divisione dei latifondi, favorita da una legge che sollecitava la suddivisione delle proprietà tra i figli.
Fra le varie modifiche apportate dagli Arabi ci fu anche la restaurazione e la fortificazione delle città, che vennero divise in distretti (o rioni), ciascuno dei quali era munito di una moschea e un pulpito.
Sotto la dominazione araba la Sicilia divenne un importante centro culturale, le città vennero ampliate e arricchite di lussuose statue e nel campo dell'architettura venne introdotto l'arco a sesto acuto; cosicché lo sviluppo del commercio e dell'industria, il fiorire delle arti, delle scienze e delle lettere permisero all'Isola di unirsi alla Spagna e alle regioni dell'Africa settentrionale in una comune linea di sviluppo storico.
Riforme vennero apportate anche nel campo amministrativo, la Sicilia venne divisa in tre “Valli”: Val di Mazara, Val di Noto, Val Demone.
Trapani ricadeva nella Val di Mazara, essa dipendeva dall'Alcaido di Mazara e governata da uno Stratega.
Dalla raccolta di testi arabi, realizzata da Michele Amari, si può capire come si presentasse Trapani a quel tempo, essa appariva come un piccolo centro abitato protetto dalle mura circondata interamente dal mare, un ponte a levante collegava la città dalla campagna nella quale si estendevano le saline e terreni fertili adatti a qualsiasi tipo di seminagione.
Di particolare importanza era il porto situato nella parte meridionale, nel quale si praticava la pesca del tonno e del corallo la cui estrazione era stata già introdotta dai Fenici e diventata ormai fiorente come quella del tonno.
Gli scritti di 'Ibn 'Gubayr ci descrivono una città tipicamente musulmana, caratterizzata da costruzioni di colore bianco, da mercati, e bagni pubblici, gli ultimi alimentati da acque termali e minerali scoperte nella zona della spiaggia di S. Giuliano.
La città era ricca di chiese e moschee erette rispettivamente dai Cristiani, Ebrei e Musulmani, che vivevano pacificamente insieme.
Il costo della vita era molto basso grazie agli abbondanti traffici marittimi che permettevano di acquistare prodotti a basso costo.
Ancora oggi, nonostante le varie modifiche, si possono individuare caratteristiche edilizie e funzionali tipicamente islamiche.
Nel reticolo urbano è riconoscibile la logica degli spazi viari islamici, divisibili in tre categorie: grande via (shari), strada di quartiere (darb), vicolo cieco (aziqqa); questo groviglio di strade, con scopo difensivo, assume per la città un nuovo significato, cioè come strumento per spezzare i venti che battono su tutti i lati della città.
Basandosi sulla politica Cartaginese gli Arabi modificarono i regolamenti per istituirne di migliori.
In conclusione, i Siculi riuscirono ad apprendere molte cose della cultura araba, assimilandola e, facendola propria, il loro comportamento nei confronti degli Arabi non fu conflittuale, in quanto questi ultimi non imposero mai duramente il loro dominio, ma anzi lasciarono i Siculi liberi nel pensiero e nelle opere portandoli ad una floridezza economica.
L'ultimo periodo della dominazione Araba fu caratterizzato da numerose e sanguinose guerre che portarono, nel 1061 alla comparsa dei Normanni.
In questo periodo infatti la potenza musulmana nel Mediterraneo iniziò ad oscillare portando come conseguenza un isolamento della Sicilia, la quale fu immediatamente presa di mira per una riconquista cristiana.
I Normanni, grande popolo guerriero, esponendosi così tra le grandi forze del Mediterraneo: l'Impero romano germanico, l'Impero bizantino, il Papato e gli Arabi, portavano avanti il loro desiderio di dominio.
I loro possedimenti si estendevano dalla Puglia alla Calabria e mentre lì era agevolato l'intervento con la forza, in Sicilia invece, dove il potere era saldo nelle mani degli Arabi, la situazione era diversa.
Sbarcati a Messina nel 1061, i Normanni con a capo Ruggero di Altavilla giunsero a Trapani nel 1077 e, assediarono la città fino al 1091.
La conquista si prolungò tanto, perché i trapanesi, non avendo nulla da rimproverare agli Arabi, che anzi erano riusciti a riportare la città al suo antico splendore, opposero fino all'ultimo resistenza, ma poi con uno stratagemma gli invasori riuscirono a vincere.
In segno di arresa anche il simbolo della potenza militare della città, il Castello di Terra, fu consegnato in mano ai conquistatori, che disposero subito di far riparare e consolidare le fortificazioni, ripristinare l'arsenale e riconosciuta l'importanza strategica concessero al porto la franchigia doganale per le navi provenienti da qualsiasi nazione.
La loro colonizzazione non fu di massa, come avevano fatto precedentemente gli Arabi, ma portarono nuovi elementi culturali e un sistema amministrativo che permise uso delle diverse tradizioni già esistenti: quella islamica, bizantina e quella latina.
Il governo di Ruggero si protrasse fino al 1130.
A Ruggero successe il figlio, che dopo aver trasformato la contea di Sicilia in un Regno, si fece incoronare Ruggero II.
Nel nuovo Regno, che comprendeva anche la Calabria e la Puglia, estendendosi sino ai confini con gli Stati Pontifici, venne rafforzato l'assetto interno, vennero distribuiti incarichi ad uomini appartenenti a tutte le comunità e la città venne trasformata in un centro dove confluivano vari elementi di cultura bizantina, araba e greca.
Sotto la dominazione normanna, che si protrasse dal 1091 al 1194 cioè fino alla morte di Tancredi, ultimo discendente di Ruggero II, Trapani intraprese un'ascesa economica e con la nuova divisione del territorio, che portò alla reintroduzione delle colture estensive, si popolò di uomini provenienti dall'entroterra, che si stabilirono principalmente nei grossi villaggi.

Le Crociate

A contribuire allo sviluppo dell'economia siciliana in periodo normanno, furono le Crociate (1096-1274) che, soprattutto nelle città costiere, portarono ricchezza e commercio.
Nel porto di Trapani arrivarono le armate dei popoli cristiani provenienti non solo dall'Italia ma anche dalla Francia, dal Portogallo, dall'Inghilterra e dalla Spagna.
Le Crociate crearono condizioni tali da far diventare il porto di Trapani un enorme emporio commerciale frequentato da nazioni allettate dal commercio, dalla ricchezza e dalla franchigia doganale.
La crociate portarono inoltre allo sviluppo delle industrie e alla parità dei diritti di agricoltori, industriali e commercianti provenienti da diverse nazioni.Chiesa Santa Maria di Gesù
Numerosi mercanti amalfitani, catalani, alessandrini, genovesi, pisani, stabiliti nei pressi dell'antica chiesa di S. Sofia, veneziani, che risiedevano nei pressi dell'attuale chiesa di S. Maria del Gesù, francesi, che risiedevano presso la chiesa di S. Michele, e fiorentini fecero di Trapani la propria sede favorita, sorsero così consolati di varie nazioni, vere e proprie strutture di rappresentanza e punti di riferimento sociale e assistenziale per le singole comunità estere.
Queste istituzioni trovarono collocazione sia in città che fuori dalle mura occidentali, dove ancora il territorio era costituito da isolotti ravvicinati appena emergenti dal bassofondo marino, collegati già da un tessuto connettivo di alghe che consentiva, in tempo di bonaccia, di recarvisi senza bagnarsi.
La città era quindi popolata principalmente da cinque stirpi: la popolazione indigena, sopravvissuta alle varie invasioni; la popolazione greco-bizantina; gli Arabi, che costituivano la maggior parte della popolazione; gli Ebrei che si concentravano nella zona della Giudecca; e infine i nuovi dominatori, i Normanni.
Le lingue maggiormente parlate erano: quella greca, araba e latina, a cui si affiancava il francese.
Numerose chiese e palazzi, di cui noi oggi non abbiamo più nessuna traccia, probabilmente si dislocavano sul territorio secondo la tipica architettura, mista di elementi arabi, greci ed europei. L'età federiciana e l'arrivo dei primi ordini mendicanti

Tutti i monumenti edificati in questo periodo vengono classificati sotto la denominazione di arte arabo-normanna, come abbiamo visto infatti i Normanni non imposero la loro architettura, ma seppero fonderla con quella già esistente.
Essi prediligevano lo sviluppo in altezza delle navate e dei transetti e colonne polilobate accompagnavano sempre i costoloni delle volte a crociera.
Sempre legato alle crociate è il fenomeno che vede sorgere in città numerosi edifici creati dagli ordini cavallereschi per ospitare e assistere i cristiani in viaggio verso Gerusalemme.
Gli “ospitalari”, che avevano il compito di ospitare i pellegrini, costruirono un ospizio con l'annessa chiesa di S. Giovanni all'inizio dell'attuale via Libertà, mentre i templari, che avevano l'incarico di proteggere quanti si recassero a visitare il tempio di Gerusalemme, si stabilirono nel luogo che divenne poi di proprietà dei padri agostiniani.
BIBLIOTECA FARDELLIANALe chiese costruite durante il periodo normanno furono: la chiesa di S. Maria dei greci, distrutta per la costruzione della caserma degli “Spagnoli”, essa sorgeva sulla via XXX Gennaio; la chiesa di Santa Maria la nova, incorporata successivamente alla chiesa di S. Domenico; la chiesa di S. Giacomo Maggiore, fabbricata dai cavalieri dell'Ordine di S. Giacomo, ampliata nel 1426, divenne poi sede della Compagnia dei Bianchi e fu interdetta nel 1833, essa si trovava dove oggi sorge l'edificio della Biblioteca Fardelliana; la chiesa di S. Bartolomeo, situata dietro all'ex monastero di S. Andrea e incorporata da questo per un successivo ampliamento del caseggiato.

A Trapani con gli altri ordini cavallereschi giunsero anche i benedettini che costruirono un piccolo convento con l'annessa chiesa, il complesso sorgeva lontano dall'abitato ad ovest delle mura lungo l'attuale via S. Francesco d'Assisi.
Sempre del periodo normanno sono la costruzione dell'antico ospedale cittadino dedicato a S. Antonio, situato all'interno delle mura, e alcuni piccoli edifici religiosi, tra cui: la chiesetta di S. Antonio, costruita da alcuni marinai dell'isola da cui prese il nome, e una cappella dedicata a Maria Vergine edificata nel luogo concesso poi ai padri domenicani.
Anche il campo amministrativo subì modifiche.
A poco a poco il rito latino, protetto dai dominatori normanni, soppiantò quello greco, fu così istituita l'Apostolica legazia.
La Chiesa cattolica romana, che gli arabi avevano posto in secondo piano rispetto quelle musulmana, diventò un importante mezzo per avviare l'opera di latinizzazione, intrapresa dai normanni, infatti molte diocesi furono aggiunte alle antiche e i Vescovi greci, che dipendevano dal Patriarca costantinopolitano, vennero sottoposti all'autorità del pontefice romano.
I Normanni incoraggiarono le creatività di qualsiasi professione dando vita ad una civiltà definita in quell'epoca la più raffinata e la più colta dell'Europa cristiana, essi fecero propria l'arte amministrativa dei Bizantini e la tecnica finanziaria degli Arabi, approvando qualsiasi usanza delle diverse culture che però non andava in contrasto con le leggi principali del Regno.
Quando nel 1189 Guglielmo II, ultimo re normanno, morì senza lasciare figli, il Papa, per mantenere il governo della Sicilia, nominò re Tancredi nipote illegittimo di Guglielmo.
Questa investitura però, determinò la discesa in Italia di Enrico VI di Svevia, della famiglia degli Hohenstaufen, il quale rivendicò il trono dato a Tancredi, in quanto marito di Costanza di Altavilla che, come zia di Guglielmo rappresentava l'unica erede ufficiale.
Enrico VI si incoronò, a Palermo, re di Sicilia nel 1194, ma pochi anni dopo morì e il trono passò al figlio Federico II che, essendo minorenne, governò inizialmente sotto la reggenza della madre e, alla morte di questa, sotto la tutela di Papa Innocenzo III.
Federico II fu re di Sicilia dal 1212 al 1250, esso delineò un'organizzazione amministrativa comunale autonoma basata sul centralismo.
Durante questo periodo Trapani, pur mantenendo ancora i contatti con le altre città marittime, registrò un calo nell'economia cittadina.
Le cause di questo fenomeno furono dovute sia all'introduzione del monopolio della corona sul sale, che aveva sempre costituito uno dei fattori principali per lo sviluppo di Trapani, sia ad una diminuzione della produzione agricola, a causa dello spopolamento della campagna da parte della manodopera costituita soprattutto dalla popolazione musulmana che si allontanò a causa delle persecuzioni razziali.
Una nota di novità fu data dall'arrivo a Trapani dei primi ordini mendicanti provenienti dalla Terra santa che, con la costruzione dei loro conventi, assunsero un ruolo importante sia nell'evoluzione urbanistica cittadina che nella vita religiosa, sociale, economica, culturale e artistica.
Questi impianti erano localizzati secondo i bisogni economici, politici e religiosi, cosicché francescani, domenicani e altri ordini, si trovarono a dividersi il controllo dei diversi spazi cittadini costituendo precise sfere d'influenza.
Alcuni fattori, tra cui la mancanza di spazio all'interno delle mura, e i problemi di gerarchia interna e la successione cronologica del loro arrivo in città, determinarono inizialmente, la loro collocazione nelle zone più periferiche.
Santuario della Madonna  di TrapaniTra i primi a giungere a Trapani furono i padri Francescani, venuti nel 1224.
Essi edificarono una chiesa e un convento vicino il consolato degli alessandrini, verso ponente sull'isola detta delle Vergini lontano dal centro abitato, secondo il disegno dell'architetto padre Bonaventura Certo, ampliarono il loro complesso.
Nel 1229-30 arrivarono a Trapani i padri Domenicani, che si stabilirono nella piccola chiesa del Gesù, all'interno della città.
La chiesa, situata nella strada della Giudecca, in origine era una sinagoga trasformata in chiesa da un ebreo convertito.
Il suo vero titolo era del SS. Salvatore e nel 1772 essa fu adibita a magazzino e bottega.
Nel 1240 giunsero in città i carmelitani, che occuparono le case adiacenti alla chiesa della Madonna del Parto, situata a levante fuori dalle mura dalla parte di tramontana.
Dopo qualche anno il Senato affidò loro la statua della Madonna di Trapani che fu portata nella chiesa di S. Caterina all'Arena, nella quale i padri si trasferirono e, lì iniziarono l'ampliamento della chiesa e la costruzione del convento che successivamente dedicarono all'Annunziata.
Sempre nello stesso secolo arrivarono a Trapani i padri Agostiniani, a cui venne affidata la chiesa di S. Giovanni Battista, già di proprietà dei Cavalieri templari.
I padri ampliarono il tempio che divenne il duomo della città dove il Senato si riuniva nei Consigli generali.
Nel 1289, sotto Giacomo II, i Domenicani ottennero il luogo dove sorgeva la chiesetta normanna dedicata a Maria Vergine.
Lì i padri iniziarono la costruzione del convento e della chiesa, che fu battezzata S. Maria la Nova e nel 1513 dopo l'ampliamento prese il nome di S. Domenico.
Il primo monastero costruito a Trapani, fu quello di S. Elisabetta, realizzato nel 1290 a carico dei signori Emmanuele, nel vecchio quartiere Casalicchio, oltre al monastero vi era la chiesa; il complesso sorgeva dove oggi c'è l'edificio dell'istituto tecnico “S. Calvino”.
Un altro monastero con l'annessa chiesa di S. Andrea sorse accanto alla chiesa di S. Bartolomeo, fondata nel 1293 dove oggi sorge la scuola elementare di S. Pietro.
Inizialmente appartenente alle religiose carmelitane passò poi alle domenicane nel 1590 e cambiò denominazione in Maria SS. del Rosario, la chiesa fu ampliata ma nel 1943 fu distrutta dagli eventi bellici.
Sant' Alberto patrono di TrapaniDue eventi in particolare caratterizzarono il XIII sec. questi sono: la venuta della miracolosa statua della Madonna di Trapani e al nascita di S. Alberto degli Abate.
S. Alberto, considerato oggi il patrono di Trapani, nacque nel 1250 probabilmente a Erice, egli indossò l'abito carmelitano e fu a capo della provincia religiosa dell'Ordine, morì a Messina nel 1307; in vita operò numerosi miracoli e così nel 1452 fu canonizzato.
L'altro evento importane è l'arrivo della statua della Madonna di Trapani.
Varie ipotesi sono state formulate sulla provenienza e sulla paternità dell'opera, la statua marmorea, caratterizzata da un elegante linearismo e dalla dolcezza nell'espressione, è un esempio dalla scultura gotica in Sicilia.
La raffinata esecuzione e gli sguardi pieni di dolcezza della Madonna e del Bambino, testimonianti un muto colloquio fra i due, trovano probabilmente realizzazione nella mano di Nino Pisano e della sua scuola.Statua della Madonna di Trapani
Secondo alcune ipotesi la statua fu commissionata dallo stesso Consolato pisano per la loro cappella dedicata a Maria SS. del Soccorso; ma quando il Consolato chiuse i suoi uffici a causa della lotta contro gli Aragonesi, i proprietari decisero di portare la statua nella loro terra di origine.
Questa decisione, però, causò il malcontento dei trapanesi che si ribellarono, fu così che il Senato intervenne impadronendosi del simulacro che fu portato prima nella chiesa di S. Maria del Parto e poi nella chiesa dedicata all'Annunziata.
La Madonna di Trapani insieme con S. Alberto rappresentano le più importanti figure religiose della città.
Durante la dominazione sveva abbiamo visto come Federico II continuasse l'opera “gotica” portata in Sicilia dai normanni e, attraverso la costruzione di numerosi castelli, riuscisse a fondere il gotico siciliano con quello europeo.
Dal repertorio stilistico furono eliminate alcune policromie e stravaganze arabo-bizantine, mentre le conoscenze ingegneristiche del periodo precedente furono applicate agli impianti idrici e igienici.

La breve parentesi angioina

Quando Federico II nel 1250 morì, si verificò in Sicilia un periodo di crollo economico, sociale e politico.
A Federico successe il figlio Manfredi principe di Taranto a qui furono destinate le terre italiche e la Sicilia, ma quando i rapporti con il fratello Corrado IV si deteriorarono, quest'ultimo decise di scendere in Italia, per riprendere possesso del regno di Napoli e della Sicilia.
Ma nel 1254 Corrado morì, forse avvelenato dal fratello Manfredi, lasciando un figlio di due anni al quale fu dato il soprannome di Corradino.
Nel 1258 Manfredi si fece incoronare a Palermo re di Napoli e di Sicilia e rafforzò la sua egemonia sul territorio, ma questo mise in allarme lo Stato Pontificio che mandò a chiamare Carlo D'Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX.
Carlo scese in Italia e nel 1266 con la battaglia di Benevento s'impossessò del regno di Manfredi, determinando definitivamente la fine della dinastia degli Hohenstaufen e l'iniziò di quella angioina che vide Napoli come nuova capitale del regno.
Durante la dominazione sveva Trapani ottenne numerosi privilegi con nuove esenzioni di tasse e l'acquisizione di riconoscimenti per meriti dei suoi cittadini.
Quando Manfredi si incoronò re di Sicilia, i baroni delusi di non aver ottenuto maggiori esenzioni, istigarono il popolo contro la Casa Sveva, e deposero le loro speranze in Carlo D'Angiò che sotto le false spoglie della legalità e dell'indipendenza ingannò il popolo dimostrandosi un tiranno.
Fu così che nel 1282 tutto il popolo siciliano si trovò riunito e compatto con lo scopo di cacciare il tiranno straniero.
Intanto sbarcava nelle coste trapanesi Pietro III d'Aragona che, chiamato dal Parlamento, riuscì dopo varie difficoltà a cacciare Carlo.
La totale sconfitta angioina avvenne nella battaglia navale combattuta nelle coste trapanesi che vide le navi guidate da Palmerio Abate e Ruggero Lauria abbattere quelle napoletane e francesi.
Ciò decretò la separazione della Sicilia dal resto del Meridione, il quale continuò, invece, a rimanere in mano ai d'Angiò.

La Sicilia nel periodo spagnolo

Quando finalmente Pietro riuscì a restaurare l'ordine politico in Sicilia, ne affidò la reggenza alla moglie Costanza (figlia di Manfredi), che ne rivendicava il trono, l'Isola entrò così nell'orbita spagnola.
Morto Pietro nel 1285, gli successe il figlio Giacomo, il quale venne incoronato a Palermo nel 1286.
La politica del nuovo re fu di grande tranquillità e prosperità, progredirono le industrie e il commercio subì una forte espansione.
Giacomo II d'Aragona decise alla fine del XIV sec. di apportare un ampliamento della città di Trapani, e con l'editto del 1286, costruì una nuova cinta muraria che, inglobando l'antica struttura quadrata, generava una estensione della città sia verso est che verso nord.
L'ampliamento verso occidente si verificò in seguito ad un processo di bonifica di quella zona, sede di consolati stranieri e strutture religiose, dove ancora vi erano piccole isolette e scogli.
L' ampliamento portò alla divisione della città in cinque quartieri.


Pianta di Trapani

Due appartenenti al nucleo più antico erano: (1)“Casalicchio”, così chiamato per la consistenza della sue case, fu poi detto di “S. Pietro”, e quello (2)“di Mezzo”, così chiamato per la sua localizzazione fra gli altri quartieri, fu poi detto di “S. Nicola”.
Gli altri quartieri determinati invece dalla nuova espansione erano: quello della (3)“Rua Nova” formato dall'ampliamento verso nord, dove fu costruita l'arteria omonima oggi detta Via Garibaldi, e “Pietra Palazzo” dove fu realizzata un'altra importante arteria: la “Rua Grande”, odierno corso Vittorio Emanuele.
“Pietra Palazzo” si divideva a sua volta in (4)“S. Lorenzo” e (5)“S. Francesco” situato ad ovest; questo quartiere era probabilmente definito “Palazzo” per la presenza di eleganti costruzioni.
Altre modifiche furono apportate anche a sud, tuttavia i trapanesi per tutto il XIV sec. preferirono abitare nel vecchio centro cittadino e solo dopo il Quattrocento inizierà l'urbanizzazione della zona nuova.
Porta BotteghelleCon la costruzione della nuova cinta muraria furono costruite altre porte oltre a quelle gia esistenti nelle vecchie mura queste sono: cinque a mezzodì la Porta “de' Pescatori”, della “Putichelle”, della Dogana, de' Genovesi (poi detta di S. Antonio), e Porta Serisso; a tramontana troviamo Porta Felice (detta anche delle “Bocchianie” per la presenza di macelli), della Madonna di Gallo (poi chiusa per far spazio ad un oratorio dedicato alla Madonna), delle Bottegarelle; a ponente la Porta dei Pescatori del Palazzo, porta Reale, e porta della Torre, mentre nelle vecchie mura troviamo la porta di terra e quella di mare accanto alla torre Pali.

Porta SerissoSempre a Giacomo Il viene attribuito il potenziamento del castello di Terra.
Tale intervento, necessario per completare l'opera di fortificazione della città, consistette nella creazione di un fossato e di un contromuro attorno al nucleo originario.
L'ampiezza della città non subirà sostanziali variazioni fino al XIX secolo, anche le mura rimarranno pressoché uguali, solo dal Cinquecento in poi le quattro torri angolari realizzate dagli aragonesi verranno sostituite da opere di difesa più moderne.
Richiamato in patria, per la morte del fratello Alfonzo, Giacomo II dovette affidare la Sicilia al controllo del fratello Federico che, nel 1292, acclamato dal Parlamento, venne incoronato re di Sicilia e prese il nome di Federico III, poi con la pace di Cartabellotta fu riconosciuto definitivamente re della Sicilia che da ora in poi si chiamerà Trinacria per distinguersi dal precedente Regno di Sicilia degli Angiò.
Sotto la dominazione aragonese, la Sicilia fu divisa amministrativamente in quattro Valli e non in tre come era in origine: Valle di Mazara, di Agrigento, di Noto, e Demone o Castrogiovanni.
Federico III intraprese una politica equilibrata ed espansionistica, allargando il proprio regno verso l'Africa e il Levante, e intraprese rapporti amichevoli con gli Stati Europei.
Il periodo che seguì fu costantemente caratterizzato dal lotte interne tra la Corona e la classe baronale.
I nobili così non influenzarono solo la vita politica cittadina ma riuscirono anche a diminuire i diritti del re trasformando i loro feudi in proprietà privata sulla quale applicarono la giurisdizione penale, fino ad allora potere esclusivo del re.
In questo modo il feudalesimo anziché consolidare l'autorità centrale, la stava lentamente sgretolando.
A Trapani la situazione era abbastanza diversa, infatti data la sua diversa formazione economica, basata principalmente sull'attività del porto, centro di scambi con altre città marinare, e sulle industrie locali del sale e del tonno, essa era più una città mercantile piuttosto che feudale.
Tra le famiglie più importanti della città nel XIV secolo troviamo: i Fardella, gli Abate, i Vento, i Chiaramonte, i Del Bosco e i Ventimiglia, alcune di queste famiglie basarono la loro fortuna sulla pirateria di qui Trapani era considerata un grosso centro.
Tra le piccole chiese sorte in periodo aragonese troviamo: S. Leonardo lo Grande, eretto nell'odierna via Nasi, intitolata ai quattro Santi incoronati nel XVII dai maestri murifabbri che ne erano venuti in possesso, ridotta a rovina nel 1943, e poi ricostruita dalla stessa arte; la chiesa di S. Lucia, costruita dai pescatori del Palazzo, vicino l'ex consolato veneziano.
Per la famiglia reale il 1318 fu un anno ricco di avvenimenti sia positivi che negativi: in primavera la regina Eleonora partorì un figlio, che chiamò Giovanni; nel settembre la principessa Costanza, la figlia maggiore, andò in sposa a Enrico II, re di Cipro; e nel novembre per una caduta da cavallo morì proprio a Trapani Manfredi, infatti la sua salma fu deposta nella chiesa di S. Maria la Nova, oggi nota come S. Domenico.

Lo stile chiaramontano

Nel XIV sec. tutte le realizzazioni architettoniche mostrano temi e motivi riconducibili a quella corrente artistica siciliana che si definisce stile chiaramontano.
Questo stile presenta una forte chiusura alle influenze esterne, e quindi allo stile gotico internazionale privilegia invece il recupero del vecchio codice linguistico arabo-normanno.
A causa dell'isolamento politico e culturale, in cui la Sicilia si trovò nel corso del Trecento, l'arte siciliana incominciò a regredire, sopratutto dopo il periodo federiciano in cui era stato tentato un inserimento del gotico sia nell'edilizia civile che in quella religiosa, le diverse maestranze continuarono ad utilizzare pratiche costruttive legate alla tradizione islamica, reinterpretandone spesso in chiave popolare alcuni motivi decorativi.
Di fatto lo stile gotico poco presente nell'isola non riuscì a modificare il repertorio stilistico, come invece aveva fatto nelle sue terre d'origine, divenne così una semplice fonte di ispirazione di forme nuove e singolari che, unite a quelle tradizionali, vennero a caratterizzare lo stile chiaramontano.
Malgrado i numerosi restauri effettuati oggi non rimane quasi traccia degli edifici Trecenteschi.
Chiesa Sant'AgostinoDelle chiese Trecentesche di S. Domenico e di S. Agostino, di cui oggi ne possiamo ammirare ancora lo splendore, è importante notare i rosoni con cornici a motivi floreali.
Appartenenti invece ai resti di un palazzo, probabilmente dei Chiaramonte, sito in via Sette Dolori, sono le finestre ogivali bifore e trifore che insieme al portone presentano raffinate modanature a quadrifogli e a denti di sega.
Il palazzo fu costruito, per volere dei Chiaramonte, nel cuore della città antica, in un isolato che per secoli fu chiamato “Isola dello Steri”.
Vicino al palazzo i Chiaramonte fecero costruire una cappella dedicata a S. Nicolò.
In seguito il palazzo fu confiscato nel 1352 e la cappella fu donata al popolo.
Sempre ai Chiaramonte è dovuto l'arrivo in città, tramite un acquedotto ad archi fatto costruire dalla famiglia, dell'acqua della falde di Erice; l'acqua arrivata a valle si raccoglieva in una fontana che si trovava vicino la chiesa di S. Agostino.
A decorare la fontana furono una statua di Saturno ed alcuni stemmi.
Morto nel 1337 Federico III lasciò il trono al figlio Pietro II, il quale si accorse della difficile situazione interna, che vedeva in lotta i baroni siciliani, e affidò nel 1348 la reggenza al suo vice, il fratello Giovanni duca di Atene e Neopatria.
FONTANA DEL SATURNOGiovanni riportò la supremazia catalana, soppresse la varie discordie interne e adottò una politica autoritaria.
La situazione rimase invariata anche dopo la morte di Pietro II, e il vicariato passò a Ludovico.
Le discordie fra le due diverse correnti, quella catalana e quella latina, si riaccesero sanguinose quando la prima, tutelata da Ludovico, iniziò ad indebolirsi, e il tentativo di questo di decentrare l'esercizio del potere non servì a nulla, a causa dell'indifferenza verso la Corona e l'accresciuto potere dei baroni, materializzò nella famiglia Chiaramente la volontà di riportare gli Angioini nell'isola ciò non avvenne grazie alla forte resistenza dalla corrente catalana.
In Sicilia si era appena ristabilito l'ordine, quando nel 1348 re Ludovico morì di peste, di conseguenza il trono passò al quattordicenne Federico IV.
Il nuovo re riuscì a sottomettere le due correnti e dopo la sua scomparsa si verificò un periodo di transizione.
Dopo la morte di Federico IV subentrò la figlia, la regina Maria.
Essa fece riaffiorare nuovamente la lotte fra le due correnti, per cui, l'unica soluzione per sperare di poter riunire le parti fu creare, per il reggimento del governo, un Vicariato collettivo composto da quattro vicari che esercitavano giurisdizione nell'area ad essi assegnata; naturalmente questo vicariato non fu unitario, perché ognuno esercitava secondo le proprie influenze e i interessi politici.
Ma tale organizzazione non ebbe i risultati sperati così il vecchio Martino, suocero della regina Maria, decise di scendere in Italia per riportare l'ordine in Sicilia.
In questa occasione, nella cinta muraria fu aperta un'altra porta che fu chiamata della Regina, essa si trovava vicino a quella della Dogana (costruita sotto Giacomo II), ma solo a partire dal XVI sec. fu lasciata stabilmente aperta perché, a causa della costruzione del bastione Principale, fu murata la porta della Dogana.
Martino riuscì ad consolidare la monarchia, e dopo la morte di re Giovanni, venne chiamato a succedere il re deceduto.
Egli lasciò la reggenza della Sicilia al figlio Martino, che assunse il nome di Martino I, il quale sposò in seconde nozze Bianca di Navarra, nel 1402.
Martino I, per assicurare stabilità alla Sicilia si rifece alla precedente politica di Giacomo II e Federico III, ma morto nel 1409 senza lasciare prole, il regno passò nuovamente nelle mani del padre che prese il nome di Martino II, il quale confermò la luogotenenza della nuora Bianca.
Ma questa situazione determinò l'unione della Corona di Sicilia con quella di Aragona, di conseguenza l'Isola perse la sua indipendenza.
Trapani appoggiò la regina Bianca e si alleò con la corrente catalana.
Non essendoci successori al seguito di Martino, la Sicilia rimase nelle mani di Bianca, che consapevole di avere forze inferiori, cercò di arrivare ad un accordo con i nemici, ma la situazione andò sempre più precipitando tanto che la Sicilia entrò nella guerra civile che ebbe fine nel 1412 con l'arrivo di Ferdinando di Castiglia.
Con l'elezione di Ferdinando, che mandò al suo posto il figlio Giovanni, la Sicilia non fu più stimata come un regno autonomo ma come una provincia della Spagna.





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 4
Trapani tra 400 e 500

Topografia e Toponomastica
Il cinquecento

Persa, sotto la dominazione aragonese, la propria indipendenza la Sicilia vede nel Quattrocento l'affermarsi del Viceregno iniziato nel 1409 con la regina Bianca di Navarra e configuratosi definitivamente nel 1412 col la nomina dell'infante di Castiglia: Giovanni conte di Pegnafiel.
Durante questo governo la Sicilia, nonostante mantenne invariate la bandiera, il Parlamento, la moneta e la flotta, risentiva ancora le conseguenze delle guerre contro gli angioini; le comunicazioni erano difficili, la coltivazione dei campi si era ristretta solo vicino al nucleo abitato e la popolazione era diminuita.
A rappresentare la Sicilia era il Parlamento che si presentava diviso in tre bracci: il braccio militare (rappresentato dai baroni), il braccio ecclesiastico (rappresentato dal vescovi e abati), il braccio demaniale (rappresentato dagli ambasciatori di tutte le città regie o libere); il Parlamento proponeva le leggi e votava i donativi cioè i tributi da offrire all'Università per la Corona.
Accanto al viceré si trovavano il Sacro collegio costituito dai membri della magna Curia e del real Patrimonio; il Tesoriere e il Maestro portulano.
In campo giudiziario le magistrature più importanti erano La magna Curia, che si occupava delle cause civili e criminali, e il real Patrimonio che si occupava delle questioni tributarie.
La prima era composta da tre giudici, dal luogotenente, del gran giustiziere, dal presidente e dall'avvocato fiscale; il secondo invece dal conservatore, dal consultore, da quattro maestri razionali e da un giudice; alle loro decisioni si poteva opporre solo la Sacra regia, cioè il re o il viceré, quindi esse non godevano di assoluta indipendenza.
Durante tutto il Quattrocento si susseguirono nella reggenza della Sicilia vari viceré tra cui: nel 1412 l'Infante di Castiglia Giovanni; nel 1416 Domenico Ram e Antonio Cadorna, mandati dal re Alfonzo d'Aragona detto il “Magnanimo” successore di Ferdinando.
Sotto il loro vicariato fu emanato un decreto che escludeva gli stranieri dai benefici di cui godeva al Sicilia; dopo un susseguirsi di altri viceré nel 1477 fu delegato Giovanni Cadorna, che durante la sua reggenza impose nuovi dazi, dai quali ricavava il denaro per fortificare le città sicule continuamente attaccate dai pirati e dai Turchi; nel 1479, la carica fu coperta da Gaspare de Spes.
In questo periodo l'Isola fu incessantemente attaccata dai pirati in particolare nel 1480 i corsari genovesi giunsero a Trapani distruggendo le tonnare e devastando la città.
Alfonzo, ancora a capo della Sicilia riuscì a conquistare Napoli, e quindi a riunificare il regno, ma alla sua morte i sui sforzi risultarono invani infatti Napoli passò nelle mani di un figlio illegittimo, mentre gli altri possedimenti passarono al fratello Giovanni.
Il secolo si concluse sotto il regno di Ferdinando il Cattolico, il quale sposando Isabella di Castiglia, unificò la Spagna.
La mattanza A causa della politica espansionistica spagnola i traffici si spostarono dal Mediterraneo per concentrarsi maggiormente verso l'Atlantico.
Di conseguenza a Trapani con il dirottamento dei traffici marittimi l'attività commerciale diminuì, i nobili e la borghesia pensarono allora di trasformare la banchina, in porto industriale; e per incrementare ulteriormente l'attività commerciale costruirono numerose saline, svilupparono la pesca del tonno e incrementarono la lavorazione del corallo.
Grazie alla vicinanza con il porto spagnolo Trapani divenne una città fiorente in cui i ricchi mercanti stranieri, che diventarono la classe dominante nell'economia cittadina, investivano soprattutto nell'industria delle saline e nella pesca del tonno e del corallo.
Trapani si distinse anche in campo militare, difendendosi valorosamente dall'invasione dei Turchi e nel 1443 acquistò l'appellativo di civitas.
Nel campo delle arti vediamo un passaggio importante, dal Medioevo al Rinascimento, in cui si distinsero Antonello da Messina nella pittura e Antonello Gagini nella scultura, inoltre si svilupparono l'oreficeria, la miniatura, l'incisione e l'intaglio, dai quali presero forma testimonianze preziose.
Altrettante ne sono state ricavate dalla lavorazione dell'argento, uno dei materiali più utilizzati per la realizzazione di opere magnifiche, che entravano a far parte sia di collezioni laiche che religiose.
Nella mitologia, l'argento era il metallo sacro attribuito alla Dea Diana “per il suo fresco e delicato splendore lunare”.
I mastri argentieri trapanesi, insieme agli scultori, formarono numerose botteghe, che rappresentavano delle vere e proprie scuole sotto la guida di un maestro, queste si trovavano nelle strade omonime, ovvero via Argentieri e via Scultori.
Essi lavoravano giorno e notte seguendo principalmente due fasi: la fusione e la lavorazione a freddo.
Dopo aver preparato il modello di legno o di cera dell'oggetto, lo rivestivano con uno strato di terra da fonderia ed infine versavano il metallo fuso nella forma; quando l'argento si raffreddava lo modellavano con stampi, laminatoi, martelli, successivamente stiravano l'argento e con le martellette lo sbalzavano.
CALICE BAVERADopo aver ottenuto la forma desiderata il maestro iniziava l'opera di rifinitura, cioè la cesellatura, incisione, zigrinatura, brunatura ecc; infine per impreziosire di più il metallo i maestri utilizzavano il corallo, creando così splendidi oggetti ornamentali.
Nel XIII sec. Federico II di Svevia volle diffondere le prime norme per la fabbricazione degli oggetti preziosi.
Molto apprezzato fu l'orefice anche se la sua bottega fu posta sotto il controllo della magistratura cittadina.
A seguito della legge ogni corporazione istituì il proprio marchio di controllo che divenne obbligatorio per tutti i maestri d'arte, al fine di garantire al committente la qualità della materia.
Il marchio della Corporazione degli argentieri trapanesi era formato da tre lettere “DVI” sormontate dalla falce e dalla Corona.
Così come l'argento anche l'oro proveniente dall'estero doveva essere bollato con il marchio della città.
Per quanto riguarda l'attività argentiera dell'XV sec. non si hanno molte notizie, probabilmente i maestri trapanesi appresero l'arte dalla Comunità ebraica anche se essi in seguito furono diffidati e posto il divieto di lavorare oggetti destinati alla Chiesa.
Come ogni Corporazione artigiana, anche la maestranza dagli argentieri si assumeva il compito di curare e condurre in processione il proprio gruppo dei Misteri, nel loro caso raffigurante “la Partenza”.
Alcuni nomi che si distinsero tra il 1425 e il 1454 sono : il giudeo Bulchayran Ballo, Bernardo Tintureri, che confezionò una croce per i preti della chiesa di S. Agostino; fratello di Bernardo fu Giovanni che eseguì un calice in argento con patena dorata.
Nel XVI sec. spiccano i nomi degli orafi Paolo Chirico e Paolo Ribattino.
Fra gli argentieri del XVII sec. troviamo invece: Diego Candino, che eseguì un ostensorio in argento per il cardinale Spinola; Giuseppe Vivona, che lavorò due lampadari in argento per la chiesa della Badia Nuova di Trapani; Vincenzo Bonaiuto, autore della statua di S. Alberto custodita nella basilica-santuario dell'Annunziata.
Nel XVII sec. furono realizzati i paleotti in argento per gli altari della Madonna di Trapani.
Del XVIII sec. sono i maestri: Costadura, che rivestì in oro due angeli scolpiti in legno; Nicola Liotta, che realizzò in argento una bussolotta per il santo Viatico; Geronimo Daidone; Gabriele Bertolino.
Molti di questi maestri impreziosirono la loro opere con un altro elemento importante che esaltò le categorie dei pescatori, dei lavoratori e degli artisti: il corallo.
Fin dal tempo degli arabi i pescatori, tramite il sistema introdotto dai Fenici, pescavano il corallo che arricchiva il nostro mare.
Durante la crisi commerciale del XIII sec. la scoperta di nuovi banchi corallini fece trovare un ripiego ai trapanesi nell'attività del corallo.
I corallari erano riuniti nella Corporazione dei “Pescatori della marina piccola del palazzo” che si riuniva nell'ex chiesa di S. Lucia, essi risiedevano nell'odierna via dei Corallai.
Solitamente essi partivano annualmente nella prima decade del mese di maggio e rientravano nel mese di settembre con le barche stracolme di prezioso corallo pescato.
Raccolta del CoralloIl corallo di solito era raccolto nei pressi della Isole Egadi, vicino a Bonagia, San Vito Lo Capo e Castellammare del Golfo, mentre più tardi i pescatori si spinsero verso la Tunisia e nel mare di Lipari e di Sardegna.
L'attrezzo utilizzato per la pesca del corallo era volgarmente chiamato
“ordegno”, questo era formato da una croce di legno, ad ogni estremità di questa c'erano attaccate delle reti e al centro una grossa pietra; l'attrezzo veniva calato in fondo al mare e veniva trascinavano pian piano strappando dal fondo il corallo che rimaneva imprigionato nelle reti.
I pescatori allineavano poi, le loro barche nel tratto che dalla porte Serisso andava al forte di S. Francesco, dopodiché essi scaricavano il carico che veniva distinto in due colori: il “carbonetto” di colore rosso cupo e lo “squallo”, più pregiato, di colore rosso pallido, poi il corallo veniva venduto ai fabbricanti e agli artisti.
Presso i fabbricanti (I primi furono ebrei), il corallo veniva pulito e lavorato, e poi venduto agli orefici e alle ricamatrici, che realizzavano paramenti sacri.
Nel 500 spicca il nome di un meccanico trapanese, Antonio Ciminello che inventò il bulino, uno strumento utilizzato per l'incisione del corallo.
Grazie all'invenzione di questo strumento il corallo fu utilizzato nella produzione di preziose opere d'arte come Madonne, Santi, Crocifissi ecc...
La maggior parte dei maestri corallari si dedicarono alla lavorazione dell'avorio, dell'alabastro, della conchiglia, delle pietre dure come i cammei.
Ancora oggi la lavorazione del corallo rappresenta un mestiere antico che non vuole morire.

Topografia e Toponomastica

Diminuita nel 1374, a causa di una grave carestia, la popolazione trapanese incominciò ad aumentare e alla fine del XV sec. era gia arrivata a 5.000 abitanti.
Originariamente di forma quadrata Trapani acquistò nel corso dei secoli una forma irregolare; le mura, che definivano i suoi confini, correvano lungo l'attuale via XXX Gennaio, dove la cinta muraria la separava dall'entroterra, da quest'ultima era divisa grazie ad un fossato e poco dopo da un canale navigabile che univa il mare di tramontana con quello di mezzogiorno.
Stemma della Città di TrapaniDalle mura poi si estendeva un promontorio che successivamente, nel XIII sec., venne colmato per la costruzione di due grandi arterie, la Rua Nova (attuale via Garibaldi) a nord e la Rua Grande o Magna (attuale corso Vittorio Emanuele) ad Ovest.
La difesa della città era poi affidata alle cinque torri, rappresentate anche nello stemma del Comune, esse erano: Torre Pali, Torre Vecchia, Torre di Porta Oscura, Torre Peliade (Colombaia) e la Torre del Castello di Terra.
L'accesso all'esterno era concesso attraverso le porte che si dislocavano lungo il percorso delle mura, a levante: Porta nuova (quasi di fronte alla via Mercè) e Porta vecchia (vicino il Castello di Terra), munite di ponte levatoio; a mezzogiorno: Porta grande “ di lu Casalicchiu” (denominata poi Porta Gallo), Porta di “lu Palazzoctu” (chiamata poi Maria SS. delle Grazie o dei Pescatori), Porta di “lu Comuni” (all'ingresso di via Torrearsa), Porta Regina (chiamata anche Porta Lucadella), Porta di “S. Antonio di lu portu” (attuale arco dei Pescatori), situata vicino la dogana, e Porta Serisso; a ponente: Porta di “la Turri di S. Antonio di lu Palazzu” (alla fine di corso Vittorio Emanuele); a tramontana: Porta “Putichella” (di fronte Porta Serisso), Porta di “lu Pannizzaru” (tra l'ex chiesa di S. Giovanni e quella del Carmine), Porta di “la Bucchiria” (chiamata Porta Felice, a piazza Mercato pesce).
Re Alfonzo, a causa delle frequenti incursioni barbariche ordinò la chiusura di tutte le porte sia di giorno che di notte.
La città si presentava divisa in tre rioni: Rione del Casalicchio, Rione del Palazzo, e Rione di Mezzo, questi erano a loro volta divisi in contrade.
Fuori dalle mura si trovavano numerosi quartieri tra cui: Fontanelle, Pizzolungo, Rigalecta, Dattilo, Ruccazzu, Inici, e inoltre a levante si trovavano orti e giardini e il cimitero degli Ebrei, situato dove oggi si trova il palazzo della Provincia.
Nel Quattrocento sorsero cinque chiese, un convento, e quattro cappelle.
La Confraternita dei lucchesi costruì nell'area dell'ex Consolato francese la chiesa dedicata all'Arcangelo, l'edificio sacro appartenuto precedentemente alla Compagnia del Gesù, subì alla fine del 600 un ingrandimento e vi furono conservati i gruppi dei Misteri.
Quasi contemporaneamente sorsero le chiese: di S. Maria di Monserrato, sita in via Garibaldi, la chiesa di S. Margherita, sita in via delle Orfane, la chiesa dedicata a S. Giuliano, che nel 500 prese il nome di Maria SS. della Luce, e la chiesa edificata dai padri francescani osservanti.
Per le cappelle invece troviamo quelle dedicate a S. Giorgio (nei pressi del Castello di terra), alla S. Croce (fuori le mura), a S. Giacomo Xitta (nella via omonima) e a S. Maria della Gurgia (tra la Carrara e via Aperta).

Il Cinquecento


Morto Ferdinando il Cattolico (1516) in Sicilia il trono passò al nipote Carlo V che si trovò a governare un vastissimo impero sino al 1556 quando subentrò Filippo II (1556-1598).
La politica spagnola fu caratterizzata da una tendenza verso la conservazione del regno, i vicerè ebbero il compito di mantenere tranquillo il viceregno, tutelando contemporaneamente i privilegi reali; essi si occuparono inoltre di curare le difese del territorio a causa delle frequenti incursioni da parte dei corsari e dei Turchi.
Il 500 vide inoltre il Mediterraneo passare in secondo piano rispetto all'Atlantico, la Sicilia e soprattutto Trapani, come città portuale, iniziò la sua parabola discendente cedendo prestigio al porto di Palermo, più grande e meglio organizzato.
Alla riduzione dell'economia siciliana, dovuta alla politica spagnola, che ne impedì l'espansione, si contrappose tuttavia un generale benessere economico della città, la quale si arricchì grazie al corallo e alle industrie del sale e della pesca.
Per risollevare le sorti dell'economia cittadina si ricorse alle industrie tradizionali del tonno e del sale, l'incentivazione delle saline determinò inoltre la fondazione di Xitta, borgo sorto nel 1504 per la residenza della manodopera impegnata nella lavorazione del sale.
Per incrementare l'economia oltre ai dazi, riscossi dallo Stato attraverso le Secrezie (organi della regia Corte, che amministravano il patrimonio demaniale, soprintendevano a tutta al materia dei tributi e appaltavano gabelle e dogane) furono istituite le gabelle, che venivano imposte dall'Università per eliminare le spese sia straordinarie che odierne e, adempiendo agli obblighi delle “soggiogazioni”, ovvero i prestiti a cui la magistratura era costretta a ricorrere in caso di rifornimenti per un imminente periodo di carestia; molti di questi prestiti erano offerti dalle chiese, dalle famiglie nobili o dai conventi.
A causa della cattiva gestione del denaro da parte dei rappresentanti e per le ingiustizie delle tassazioni, i trapanesi denunciarono soprusi ed evasioni, ma a nulla valsero le proteste.
Il governo infatti, decise di intervenire con la forza così, quando il popolo insorse nel XVIII sec, il vicerè di Lignè fece soffocare nel sangue la ribellione.
La precaria situazione agraria fu ulteriormente aggravata in seguito la chiamata alle armi di gran parte della popolazione; particolarmente gravi furono le carestie di quegli anni che seminarono numerose vittime nella città.
Le frequenti incursioni dei pirati e dei Turchi produssero, nel corso del 500, un prevalente interesse nel rafforzare ulteriormente l'assetto delle città e delle strutture difensive del territorio.
Proprio per questo fu costruito un efficace sistema di torri di avvistamento lungo tutto il litorale dell'Isola (punto di partenza era la torre della Colombaia) che consentisse di diffondere un immediato allarme in caso di attacco.
Carlo V, nell'agosto del 1535, definì Trapani “chiave del regno” e dispose che fosse ben fortificata e custodita; il reale sostò a Trapani circa due settimane con parte della sua flotta e alloggiò nel palazzo dei Chiaramonte, l'odierno edificio laterale della chiesa di san Nicola dove fu collocata un'effigie marmorea dell'imperatore sormontata dalla corona.
La ristrutturazione delle difese di Trapani si concentrò principalmente sul castello di Terra, sulla cinta muraria con particolare riguardo al fronte di levante rivolto verso la terraferma, e sull'avamposto a mare della Colombaia.
Nel 1518 il Moncada venne rimosso dalla carica e gli successe il viceré Pignatelli che iniziò le prime opere con rudimentali bastioni costituiti da terra e fasci di legna.
In quegli anni fu smantellata l'antica chiesa di S. Antonio del Mare, facile preda del nemico e punto privilegiato in caso di assedio.
I lavori di fortificazione della città iniziarono dalla parte di terra, dove venne costruita davanti alle vecchie mura ormai demolite, una cortina terrapienata che collegava il nucleo del castello di Terra al bastione dell'Impossibile, chiamato così per le difficoltà che si incontrarono durante la fase esecutiva dei lavori a causa delle pessime caratteristiche del terreno di fondazione.
MURA DI TRAMONTANAA tramontana fu creata una lunghissima scogliera che fungeva da barriera contro un eccessivo avvicinamento nemico.
Gran parte delle strutture difensive della città furono ideate dall'ingegnere Ferramolino, inviato dal viceré Pignatelli, la cui opera continuò anche sotto il viceré Gonzaga (1535-1547).
Allo stesso ingegnere appartiene il progetto di un largo fossato che separava nettamente la città dalla terraferma e dei due grosse torri merlate a difesa del contromuro del castello, sempre a lui si deve la ricostruzione del muro di tramontana.
La sostituzione dei rudimentali baluardi in legno, eretti pochi anni prima, con i nuovi bastioni in muratura completava il disegno difensivo.
Gonzaga venne sostituito dal viceré Giovanni de Vega, il quale fece completare lo scavo del fossato di levante e costruire il ponte per consentire l'accesso alla città; fu quindi necessario aprire una nuova porta in corrispondenza del ponte, mentre la vecchia entrata, ossia la porta Austriaca, (detta così perché vi transitava l'imperatore Carlo V) fu utilizzata per il passaggio dei carri in periodo di vendemmia.
De Vega lasciò il governo nel 1557 a Giovanni Della Cerda che governò sotto Filippo II, figlio di Carlo V abdicato.
Il governo di Della Cerda fu afflitto dalle carestie, egli ebbe inoltre il torto di dare troppa libertà ai suoi ministri che ne approfittarono per governare dispoticamente e fanaticamente.
Si avvicendarono poi nell'alto incarico vicereale: Garzia de Toledo (1565-1568) e Ferrante Avalos de Aquino (1568-1571).
Quest'ultimo aveva disposto un singolare progetto di ingrandimento della città che prevedeva un ampliamento dell'area urbana ma che però non ebbe attuazione per l'eccessiva spesa che avrebbe comportato.
Nell'anno 1571 si ebbe la battaglia di Lepanto che segnò un evento importante per il mondo cristiano.
Nel 1573, per ordine di Filippo II, don Giovanni d'Austria, suo figlio, organizzò una spedizione contro Tunisi e partendo da Messina passò da Marsala dove ordinò di colmare il porto per renderlo inaccessibile ai Turchi.
Se la Sicilia riuscì ad evitare l'invasione ottomana non poté fare altrettanto contro il flagello della peste che l'afflisse negli anni 1575-1576.
L'annoso problema della difesa della città venne ripreso dal vicerè Diego Enriques, (1585-1591) il quale inviò a Trapani il prefetto reale l'ingegner Vincenzo Locadello, che apportò una radicale modifica della struttura difensiva orientale prosciugando il fossato che per altro risultava già per la maggior parte interrato, per cui venne rimosso il ponte con la relativa porta e fu riaperto l'antico ingresso che prese il nome di Porta d'Austria.
Lo stesso viceré ebbe il merito anche di aver superato con diligente e solerte opera la carestia del 1586 poiché provvide in tempo a creare riserve di viveri e a combattere il mercato nero del grano.
All'imperatore Filippo II successe, nel 1598, il figlio Filippo III.
Trapani nel 500 dovette contare non meno di 10.000-12.000 abitanti, tale aumento demografico fu dovuto al processo di industrializzazione e alla presenza di molti militari.
Questo favorì di conseguenza l'incremento edilizio: nuove costruzioni sacre e civili sorsero nei quartieri del Palazzo (San Lorenzo) e di Mezzo (San Nicola); sorse un altro fondaco in contrada detta dell'Orologio (nei pressi di palazzo Cavarretta).
Per comodità dei cittadini si aprì a mezzogiorno un'altra porta detta “porta maris o di san Giacomo della disciplina” (dove sorge l'attuale edificio della Dogana) che però fu considerata superflua in quanto indeboliva la difesa della città.
Una fedele testimonianza del forte assetto di Trapani alla fine del 500 è una carta conservata nell'archivio di Simancas.

DREPANUM

Essa raffigura il canale che divideva l'abitato dalla terraferma e la cinta di muraria con i nuovi bastioni.
Comunque la veduta di Trapani del Braun, stampata ad Amsterdam nel 1585, si inserisce nella cultura dei grandi atlanti cartografici che si andavano diffondendo in quel periodo.
Questa carta ha costituito fino alla metà del Settecento un modello di repliche.
LA CITTÀ DI TRAPANI IN SICILIASempre degli ultimi anni del 500 è la pianta prospettica intitolata La Città di Trapani in Sicilia stampata da Giovanni Orlandi, essa raffigura ancora il ponte che collegava la città alla terraferma, smantellato poi durante il viceregno del conte d'Alba de Liste in seguito al prosciugamento del canale.
La pianta, corredata da una leggenda in dialetto, che fa pensare ad un disegnatore locale, rappresenta il primo documento cartografico con indicazioni toponomastiche.
I caratteri stilistici delle realizzazioni cinquecentesche della città presentano un linguaggio ancora legato alle influenze spagnole.
A Trapani come nel resto della Sicilia, i modelli del Rinascimento italiano giunsero in ritardo; testimonianza ne è il palazzo Ciambra con le bugne diamantate che rivestono le pareti della torre, nelle finestre e nei portali riccamente decorati.
Il palazzo, chiamato comunemente la Giudecca perché sito nel quartiere degli ebre, presenta anche timidi elementi Rinascimentali.
L'attenuarsi degli influssi spagnoli viene documentato dal prospetto del palazzo Nobili, in piazza S. Francesco di Paola, il quale mostra l'adesione allo stile del Rinascimento italiano.
Delle costruzioni civili cinquecentesche restano prevalentemente le architetture dei portali riconducibili ad un unico schema basato su un'ampia cornice, a tutto sesto con differenti modanature, posta ad inquadrare il portale tramite una raggera di lunghi conci, ora lisci ora cuneiformi.
Tra i palazzi nobili sorti in questo secolo ricordiamo quello della famiglia Staiti, in piazza Matteotti, ed il palazzo del barone Xirinda, all'inizio di via Garibaldi.
Anche nell'architettura religiosa si trovano elementi di puro Rinascimento ma esclusivamente nella parte decorativa.
Risponde a questi canoni la cappella della Trinità, nel monastero della Badia Grande, nella cappella dei Marinai del santuario dell'Annunziata e nella cappella di S. Maria degli Angeli in S. Maria di Gesù.
La Chiesa del Carmine mostra invece una netta adesione al linguaggio rinascimentale.
Molti furono gli ordini religiosi che nel corso del 500 giunsero in città: nella prima metà del secolo i padri francescani osservanti già stabilitisi nell'antica chiesa di S. Maria dei Greci ebbero poi l'ordine di abbandonare quel luogo poiché l'area sarebbe stata occupata dalle nuove strutture militari; in cambio ai padri vennero date le case appartenute al consolato dei veneziani.
Nella zona dei padri zoccolanti fu eretta la caserma degli Spagnoli dimora fissa dei soldati.
I padri cappuccini giunsero invece a Trapani nella metà del secolo e si stabilirono fuori le mura in un convento detto “Luogo Vecchio”.
Lontano dal centro si erigeva il convento di Martogna appartenente alla compagnia degli scalzi al seguito di padre Giacomo da Gubbio, questo fu sottoposto poi alla regola del terz'ordine francescano.
CHIESA DELLA BADIA GRANDEGli stessi frati occuparono inoltre alcune case dell'oratorio nei pressi dell'ospedale S. Antonio costruito durante il periodo delle epidemie e intitolato a S. Rocco.
Sempre per iniziativa di Giacomo da Gubbio vennero costruite in città alcune strutture assistenziali femminili: il monastero della SS. Trinità, detto Badia Grande, esso era destinato alle vedove che diventavano suore di terz'ordine francescano; una casa di Carità per accogliere ed educare le orfanelle; il conservatorio delle Convertine, destinato alla redenzione delle meretrici.
Accomunati da un unica missione i tre edifici si trovavano nel quartiere di Mezzo, nei pressi del convento di S. Domenico.
Nella seconda metà del Cinquecento arrivarono a Trapani i frati francescani che si stabilirono nelle case vicine alla chiesa di S. Michele, e nell'ultimo decennio arrivarono i padri carmelitani che iniziarono a costruire una gancia vicino alla porta Felice.
Tra le cappelle e chiese che sorsero a Trapani nel Cinquecento troviamo: S. Pancrazio, dedicata poi a S. Giuseppe, essa sorgeva di fronte all'attuale biblioteca Fardelliana; S. Eligio, sita nell'omonima strada; S. Nicolò da Tolentino, ubicata nell'odierna piazza della Repubblica; S. Spirito, eretta tra via Libertà e corso Vittorio Emanuele; S. Antonio adiacente all'omonimo ospedale; Maria SS. di Custonaci, ancora oggi la troviamo sull'omonima strada; S. Matteo, in via Barone Sieri Pepoli, oggi adibita a sala cinematografica.
Nel XVI sec. furono potenziate le strutture di servizio, sopratutto quelle assistenziali; infatti data al vicinanza di Trapani alle coste africane, essa ebbe l'incarico, durante la guerra di Tunisi, di accogliere e assistere i soldati feriti, di conseguenza l'ospedale di S. Antonio fu allargato e quello di S. Sebastiano fu dotato di magazzini.
Nel 1542 fu creata la costituzione del Monte di Pietà, ideata per soccorrere i bisognosi della città, essa aveva sede in alcuni locali dell'ospedale di S. Antonio.

 





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 5
Lo splendore Barocco a Trapani

Le realizzazioni secentesche
Il Settecento
La struttura della città

Possiamo definire il XVII sec. un epoca di difficoltà economiche, di svalutazioni monetarie e di deficit nei redditi governativi, che portarono molti malcontenti tra il popolo.
Nel presente secolo, il Senato insieme al Consiglio generale rappresentava l'amministrazione civile; il primo era rappresentato da quattro Giurati eletti annualmente, e il secondo, anch'esso aggiornato ogni anno, era formato dai rappresentanti di diverse classi sociali.
Nell'amministrazione finanziaria era a capo il regio Secreto, mentre a capo di quella militare vi era il Governatore, supremo comandante della Piazza d'Armi.
Il 600' fu il periodo delle ribellioni a causa della fame, ed inoltre, ad aggravare la condizione internazionale si aggiunsero le lunghe carestie che colpirono il Paese.
Proprio per questo durante il questo secolo si verificò un forte aumento dei prezzi del grano, dell'olio e di altri generi essenziali; ciò provocò la nascita del mercato nero.
Così, mentre le paghe degli operai e degli artigiani rimasero invariate, i prezzi dei generi di primaria importanza salirono vertiginosamente, creando condizioni di miseria nella classe lavoratrice.
In questo momento traspare il disordine della pubblica annona e la situazione sofferente del popolo affamato.
Una delle cause principali dei numerosi moti fu la mancanza di frumento, la cui provvista, durante il periodo di carestia, fu resa difficile da parte del Senato e del Depositario della “negotiatione frumentaria”, un ufficio di annona comunale creato dai Municipi, che provvedeva alla scorta dei prodotti di primaria importanza.
Le merci erano tenute in appositi magazzini detti “caricatoi”, ma bastava il deterioramento dei prodotti agricoli anche in un solo magazzino che l'equilibrio dell'economia cittadina si spezzava, favorendo l'insorgere di rivolte.
Quest'ultime scoppiavano sulla spinta delle Maestranze, che approfittando del disagio popolare, si mettevano a capo della rivolta con lo scopo di entrare a far parte della vita politica al fine di poter ottenere la riforma della pubblica annona.
Nel 1671 una grave carestia colpì Trapani, scatenando forti proteste tra i poveri, che dovettero comprare il pane ad un prezzo elevato.
Questa rivolta vide l'unione del popolo con le Maestranze contro i Giurati, che venivano accusati di non aver provveduto in tempo all'acquisto di un'adeguata quantità di frumento in vista della carestia.
La situazione si stabilizzò solo nei primi mesi del 1673, quando il viceré Lamoraldo, con un deciso intervento condannò a morte i capi rivoluzionari.
In particolar modo a sollecitare la rivolta fu la classe degli Artisti che uniti ai corallai lottarono per raggiungere la loro autonomia.
A capo della rivolta si pose don Giovanni Fardella, e quando il viceré principe di Ligny apprese la notizia, mandò il suo delegato, il funzionario Martinelli, che assieme al vescovo di Mazara, mons. Giuseppe Cicala, doveva controllare l'operato dei Giurati e riportare un contesto pacifico.
L'inchiesta si concluse con l'accusa e la deposizione della carica di alcuni amministratori, i quali in seguito, su richiesta di Girolamo Fardella, furono arrestati.
Martinelli, incoraggiò i rivoltosi ad avanzare altre richieste che in seguito furono accettate, provocando fra i nobili parecchie tensioni tanto che alcuni decisero di espatriare.
A causa delle lunghe e dispendiose guerre, le casse dello stato entrarono in crisi, così per rifarsi delle spese, il governo spagnolo mise in vendita i titoli nobiliari.
Nacque così un conflitto tra nobili di serie “A” e nobili di serie “B”, con i primi attenti a non fare accedere i secondi nella loro cerchia di potere, impedendogli inoltre di entrare a far parte della confraternita dei Bianchi, dove questi si iscrivevano per svolgere opere di assistenza.
In questo periodo fra i nobili vediamo gi Aiuto, gli Amari, gli Amato, i Bruno, i Caraffa, i Grimaldi, i Provenzano, i Sieri Pepoli, gli Osorio, gli Staiti, i Foresta ecc..
Nel XVII sec. l'economia trapanese fu messa a dura prova poiché, una qualsiasi crisi di esportazione o di produzione che sconvolgeva i traffici del porto, si riversava sull'intera città.
In questo secolo i prodotti principali dell'industria erano i cordami, il tonno e i suoi derivati, la pasta alimentare, i formaggi, i cuoi conciati, i fusti per il pesce salato e per il vino.
Di particolare rilievo fu la produzione vinicola locale che veniva esportata anche a Marsala.
In crisi era invece il settore del sale, che registrò una forte diminuzione della richiesta per l'immissione sul mercato di un altro minerale a minor prezzo.
Le conseguenze furono il danneggiamento delle saline e gli effetti economici sulla manodopera impiegata.
Contrariamente, l'agricoltura ebbe un nuovo impulso, a questo contribuì anche la formazione di piccoli villaggi; centri di residenza per gli agricoltori, come il piccolo borgo rurale di Paceco sorto nel 1607.
L'attività portuale subì invece un calo, a Trapani, nonostante le opere di potenziamento fatte, come la costruzione del molo di Ronciglio e di altre piccole banchine, i traffici commerciali non ebbero più contatti con gli altri paesi, ma si limitarono nel solo ambito siciliano.
Anche il mercato degli schiavi, iniziato alla fine dell'impero romano ed esteso durante il Medioevo in gran parte d'Europa, ora era in crisi.
A Trapani questo mercato fu molto redditizio, ebbe sede nel rione Casalicchio presso la piazza dei Saraceni, in fondo alla via Giudecca dal 1300 al 1600, in seguito invece si spostò nella “pubblica loggia”.
Le donne venivano impiegate nei lavori domestici, mentre gli uomini erano adibiti ai lavori nei campi, nell'estrazione del sale, nei servizi di bottega e nella costruzione di opere portuali o stradali.
Molti furono i trapanesi fatti schiavi dai musulmani durante le crociate: pescatori sorpresi in mezzo al mare durante la pesca, operai, artigiani e borghesi catturati durante le incursioni barbariche.
I nomi dei corsari Khair ed Din, detto Barbarossa per il colore della sua barba, di Agomat Pascià e di Dragut, divennero leggendari e per secoli terrorizzarono intere popolazioni, quando riuscivano a penetrare nelle città spogliavano e radevano al suolo numerose abitazioni, inoltre impiccavano e catturavano gli abitanti.
A Trapani, grazie alle fortificazioni e al coraggio degli abitanti, i corsari non riuscirono mai ad entrare.
Essi venivano chiamati genericamente Turchi o Saraceni, ma non sempre erano tali: potevano essere rinnegati calabresi, napoletani, veneziani, spagnoli, inglesi e francesi, che saccheggiavano per arricchirsi e rapivano le persone per poi chiedere grossi riscatti.
Generalmente si spostavano con navi piccole e leggere (galeotte, fuste, feluche), comandate dal rais.
Contro le loro invasioni venivano innalzate torri di vedetta lungo le coste, castelli nei punti strategici e i porti venivano muniti di bastioni.
Per il riscatto dei cristiani prigionieri e l'assistenza alle loro famiglie fu istituita a Trapani l'Opera di Redenzione dei Captivi, che ebbe sede nel convento dei Padri Mercedari.
Il denaro utilizzato per saldare i riscatti veniva raccolto dai cittadini e una buona parte era donato dalla Marineria trapanese che cercava in questo modo di spronare l'animo dei cittadini e invogliarli a donare il denaro per i riscatti dei confratelli fatti schiavi.

Le realizzazioni secentesche

Risale al 1673 la relazione, accompagnata da disegni illustrativi, nella quale il Principe di Ligny descrive le condizioni in cui trovò le fortificazioni di Trapani, Siracusa, Catania e Augusta, quando divenne capitano generale del regno di Sicilia e le modifiche da lui apportate in seguito.
Nel 1611 il Luogotenente del regno pubblicò i bandi per la costruzione delle torri difensive di Cofano e di Scopello e nel 1665 furono appaltati i lavori per la manutenzione delle fortificazioni e dei seguenti bastioni: Epifania, Castello di Terra, S. Giacomo e la Colombaia.
Lo scenario dei fortilizi della città secentesca si presentava così: a levante, oltre al Castello di Terra, si trovava la Caserma degli spagnoli con il Bastione dell'Impossibile; a mezzogiorno, fra il Forte di S. Francesco detto anche Epifania e il Bastione dell'Impossibile si trovava il Baluardo di S. Giacomo vicino la porta omonima; a tramontana si ergeva il baluardo dell'Imperiale detto anche Sant'Anna, e nella lingua di terra protesa verso il mare detta “Pietra Palazzo” la Torre di Ligny, costruita nel 1671.
Oltre alla costruzione di baluardi la città fu ornata di nuovi palazzi, chiese e conventi, infatti anche se in questo periodo Trapani è segnata da una profonda crisi essa subisce trasformazioni che ne cambieranno l'aspetto.
Solo adesso le due arterie principali, la Rua Grande (corso Vittorio Emanuele) e la Rua Nova (via Garibaldi), acquistano importanza all'interno della scena urbana: non sono più viste solo come strumento funzionale alla percorrenza, ma diventano veri e propri luoghi d'incontro.
Esse riscattano l'uso tradizionale della piazza, quasi assente nella struttura urbanistica della città.
La Rua Nova mostra già nel 600' l'importante ruolo assunto nel contesto urbano, mentre sulla Rua Grande, con a capo il Palazzo Senatorio simbolo e sede del potere cittadino, si concentrano case di nobili e istituzioni religiose.
Inoltre il quartiere della Giudecca venne anche chiamato dei “Quartarari vecchi”.
RUA GRANDEFin dal quattrocento il numero delle porte d'ingresso delle città rimase invariato, mentre fu tracciata e lastricata la nuova strada che dalla città portava al Santuario della Madonna di Trapani, in seguito per proteggere i pellegrini dal sole o dalla pioggia la strada fu arricchita di archi.
Agli inizi del XVII sec., la Sicilia ci appare ancora caratterizzata dalla dominazione spagnola e da una arretratezza culturale rispetto alle altre regioni italiane.
Con il nuovo secolo però questo ritardo, soprattutto in architettura, comincia ad essere recuperato, a dispetto del difficile quadro politico ed economico che vede contrapporsi aristocratici e clero impegnati a difendere i propri privilegi, si assiste a Trapani ad una intensa attività edilizia, mirata sia alla costruzione di nuove strutture sia alla trasformazione delle antiche che così vennero adattate al nuovo stile.
Da un disegno a penna della fine del XVII sec. si evince l'intensa attività edilizia trapanese: una sequenza continua e fitta di edifici ed il profilo, segnato dalle sagome di cupole, torri e guglie ci mostrano già il grande stile Barocco.
Le nuove espressioni architettoniche risentono fortemente l'influenza della professionalità di ascendenza romana infatti, il nuovo stile Barocco romano, introdotto da giovani architetti formatisi nelle scuole della capitale, si intreccia con l'esperienza e tradizione delle maestranze locali, sia maestri di muro che intagliatori, assumendo un linguaggio coerente e originale.
É possibile vedere la cultura barocca siciliana soprattutto negli elementi più visibili e negli spazi pubblici degli edifici, li troveremo quindi nei portali d'ingresso, nei balconi, negli scaloni, e nei saloni delle feste, praticamente negli ambienti destinati alle relazioni pubbliche.
In perfetta sintonia con la poetica secentesca essi si mostrano in tutto il loro fasto e magnificenza, sorprendendo e meravigliando lo spettatore con effetti scenografici.
Ora l'attenzione si concentra soprattutto nelle trasformazioni e abbellimenti di facciate, dove il fattore predominante è l'elemento portale-balcone, risolto a volte con l'utilizzo di colonne serrate da fasce bugnate di stampo manierista, o sormontate dello stemma, altre con mostre e mensole riccamente intagliate da mastri locali o con colonne tortili su alti plinti.
PALAZZO STAITIIl modello edilizio utilizzato per il Palazzo è quello con il cortile interno di tradizione italiana.
Tra gli edifici modificati e abbelliti in questo periodo troviamo: Palazzo Staiti, nel quale i nastri di bugne presenti nel portone risultano quasi un elemento artificiale di contrasto sulla facciata levigata; Palazzo dei Baroni della Chiusa in via Mercè e Palazzo Riccio baroni di S. Gioacchino.
Quest'ultimo presenta un portale a cunei di gusto catalaneggiante, finestre ornate di intagli e figurazioni in tufo, un balcone centrale con mensole rappresentanti volti umani grotteschi e un cortile in cui la ristrettezza dello spazio viene risolta con arcate depresse dei primi due ordini sovrapposti.
Uno degli esempi più importanti del Barocco trapanese è l'ingrandimento del Palazzo Senatorio, ad opera di Giacomo Cavarretta, dal quale l'edificio prese il nome.
Il Palazzo si arricchì del magnifico prospetto tipicamente Barocco, con un telaio di colonne libere sormontato da una mensola allungata, al posto del pulvino, che emerge sulla facciata.
Riguardo alle strutture religiose, accanto alla tradizionale basilica tripartita da colonne ne troviamo una la cui matrice è ricavata dallo spazio armonico degli edifici religiosi romani.
PALAZZO SENATORIONella prima metà del seicento, Trapani è ancora caratterizzata da forme classiche cinquecentesche o manieristiche, evidenti dalle planimetrie squadrate di alcune chiese: ne è un esempio la chiesa di S. Francesco d'Assisi, a navata unica presenta un breve transetto e un'alta cupola, essa fu progettata dal francescano padre Bonaventura Certo secondo lo schema catechistico utilizzato dall'ordine gesuitico; e la chiesa di S. Lorenzo, progettata dallo stesso padre, è divisa in tre navate intervallate da massicce colonne marmoree.
Il primo Barocco è ancora legato al gusto cromatico spagnolesco, con la prevalenza delle intonazioni di colore sugli effetti plastici: tarsie policrome di marmo sugli altari, intagli e colonne tortili, modulazioni chiaroscurali create dall'alternanza di pieni e vuoti.
Ciò si può vedere all'interno della chiesa della Madonna del Soccorso, conosciuta come Badia Nuova, realizzata nella metà del secolo; e nel portale della chiesa del Carminello.
Un ruolo importante, tra le realizzazioni religiose del 600', ebbe l'impianto gesuitico.
CHIESA DEL CARMINELLO
Dopo il trasferimento provvisorio nei locali vicino alla chiesa di S. Michele, all'interno delle mura, l'ordine, grazie alla sua influenza, si insediò anche nelle zone più centrali della città.
La costruzione del loro complesso fu autorizzata nel 1596.
Questo, secondo lo schema del “modo nostro” indicato dall'autorità centrale, oltre alla chiesa doveva comprendere anche i locali per i religiosi e quelli destinati alle scuole.
La strada però, che divideva i due isolati occupati dai gesuiti, non permetteva al realizzazione di un unico complesso; così il rettore della compagnia, nel 1606 avanzò una richiesta al Senato, che in seguito acconsentì alla chiusura della strada.
L'intero progetto del complesso, che pur rispettando l'intelaiatura classica dell'ordine architettonico ci dà un'immagine diversa dalla tradizione tardo rinascimentale, viene attribuito all'architetto gesuita Natale Masuccio, che in quegli anni soprintendeva all'edilizia dell'ordine gesuita nella provincia di Trapani.
Il prospetto è infatti caratterizzato da vigore chiaroscurale e membrature plastiche che preparano l'esplosione degli addobbi marmorei barocchi.
Al Masuccio ne è attribuita con certezza la parte inferiore, che si presenta scandita da un ordine di paraste modinate, ed è conclusa in alto da una cornice contrassegnata da grossi mascheroni, su di essa mediante grandi volute è raccordato il secondo ordine più ricco di elementi decorativi.
Lo spazio interno è suddiviso in tre navate, e per la prima volta viene utilizzata, non più la tradizionale ripetizione di archi su colonne, ma quella di archi collegati da brevi tratti di architrave secondo una configurazione a serliana.
Il progetto però prevedeva spazi più ampi di quelli effettivamente disponibili, così fu necessario realizzare altari incassati nello spessore del muro al posto di cappelle laterali.
Ad occuparsi, sul cantiere, della costruzione del complesso, che si protrasse per oltre un secolo, troviamo gli architetti sacerdoti Pietro Castro e Paolo Rizzo ed il capomastro Francesco Pinna.
Anche gli Agostiniani Scalzi, arrivati a Trapani nel 1613, e dopo varie sedi provvisorie ottennero, nel 1621 la chiesa e le case della Confraternita di S. Maria dell'Itria.
CHIESA DEL COLLEGIO DEI GESUITISuccessivamente nel 1692 iniziarono i lavori per la costruzione di un grande convento dedicato a Gesù, Maria e Giuseppe, ingrandendo in questo modo l'originaria chiesa; i lavori furono terminati nel 1745.
Lo schema planimetrico è simile alla chiesa del Collegio e ugualmente divisa in tre navate.
La facciata, ormai barocca, attribuita a Pietro Castro, è caratterizzata da una largo uso di colonne estradossate su alti plinti e da un coronamento a timpano spezzato.
Altri conventi realizzati nel XVII sec. furono: il Convento di Sant'Anna con l'annessa chiesa, costruiti dai padri francescani venuti a Trapani nel 1619; e il Convento con la chiesa di S. Maria della Mercede, fondati dai PP. Mercedari nel 1670, sono ubicati nella via XXX Gennaio.
Furono 9 gli edifici sacri che sorsero in città: la chiesa di S. Girolamo, in via G.B. Fardella; la chiesa di S. Leonardo lo “piccolo”, in mezzo alle saline; la chiesa di S. Maria della Grazia, appartenente ai pescatori del “Casalicchio”, nella via omonima; la chiesa di Maria SS. del Rosario, incorporata al convento dei PP. Domenicani; la chiesa del Purgatorio; la chiesa dell'Immacolatella, in via S. Francesco d'Assisi; la chiesa di S. Liberale, ubicata nel viale Torre di Ligny, affidata ai pescatori corallini; la chiesa del SS. Sacramento, in via Gen. D. Giglio, oggi chiusa al culto; e al chiesa di S. Alberto, raro esempio di chiesa barocca a pianta centrica, ubicata in via Garibaldi.
CHIESA DI S. ALBERTOQuest'ultima fu iniziata nel 1681 e ultimata attorno al 1700.
Lo spazio interno privilegia leggermente l'asse longitudinale, che è caratterizzato da lesene, e concluso in alto da una cupola raccordata ai catini dalle quattro esedre terminali.
Oltre a chiese e conventi in città sorsero anche i conservatori femminili: Reclusorio dell'Addolorata con relativa chiesa, ubicato in Corso Vittorio Emanuele; ed il conservatorio di Gesù, Maria e Giuseppe, detto della “Badiella”, ubicato in via Badiella - via Aperta, e fondato da Angela Fardella e Angela Zuccalà per il ritiro delle nobili donne.
Tra la fine del 600' e gli inizi del 700' l'architettura trapanese si orienta ormai sugli effetti del pieno gusto Barocco, dove le membrature e i chiaroscuri definiscono il valore plastico delle superfici.
Di particolare importanza per la cultura trapanese sono i Misteri, protagonisti della processione del Venerdì Santo.
Inizialmente conservati nella chiesa di S. Michele e poi nella chiesa del Purgatorio, i Misteri sono il risultato di una forma d'arte popolare diffusa nei secoli XVI e XVII, in tutte le regioni italiane in particolar modo al sud.
Essa è una via di mezzo fra la realizzazione artigianale e l'espressione artistica; una continua ricerca del realismo espressivo, che si traduce nella produzione laica nell'opera dei pupari, la cui tradizione di origine spagnola proviene dal napoletano.
I personaggi dei Misteri sono costruiti con la tecnica del legno, tela e colla.
La processione dei Misteri consiste nel trasportare tra le vie della città le 20 vare, piattaforme su cui poggiano le statue in legno, tela e colla, portate a spalla dai massari con una caratteristica andatura: l'annacata.

Il Settecento

Il XVIII sec. vede svilupparsi, in campo economico, l'industria del sale e la lavorazione artigianale del corallo.
Il periodo più fiorente per la produzione del sale fu sotto la dominazione sabauda, quando grazie all'aumento delle richieste il mercato si stabilizzò su prezzi alti.
L'attività portuale si rinnovò concentrandosi quasi esclusivamente sull'esposizione del minerale.
L'aumento di produzione non fu dovuto solo alla crescita del numero delle saline, ma anche all'introduzione di nuove macchine.
Prima del 700' infatti per il funzionamento delle saline era necessaria l'energia di uomini e animali, in questo secolo invece vengono prodotte nuove macchine industriali in grado di facilitare il lavoro degli operai.
Nacque così il mulino di forma di torre tronco-conica che con le grandi pale bianche traeva dal vento l'energia necessaria a far muovere i meccanismi interni.
L'utilizzo del mulino a vento suscitò un notevole interesse tanto che si volle estendere, alla fine del 700', la sua funzione nella lavorazione dei cereali.
Naturalmente questo provocò reazioni di protesta da parte della Corporazione dei mugnai che temevano, a causa della nuova tecnologia, di perdere la loro tecnica di molitura, affidata alla MULINOtradizione animale.
Si formarono così due parti opposte da un lato i “conservatori”, i mugnai che chiedevano al governo non solo di impedire la costruzione di nuovi mulini a vento, ma di distruggere anche quelli esistenti, e dall'altro i “progressisti”, che erano invece favorevoli.
Il risultato fu un rapido crollo della corporazione e i quartieri in cui operavano i serragli, luogo in cui i maestri molitori tenevano gli animali da soma e macinavano il frumento, furono ristrutturati solo nell'800'.
I più importanti erano: il serraglio di S. Pietro, che occupava un lotto lungo e stretto confinante con la caserma degli spagnoli, e il serraglio di S. Agostino a sud del convento omonimo.
Tra gli impianti più importanti e meglio organizzati c'era al salina del Collegio, economicamente gestito direttamente dagli stessi gesuiti.
Quando nel 1767, i gesuiti furono espulsi dall'isola, la salina diventò proprietà della regia corte, che imponendo diritti di priorità d'acquisto, danneggiò notevolmente gli altri produttori.
Un altra attività altrettanto fiorente fu la pesca e al lavorazione del corallo.
Questa tradizione già sviluppata nel 600' raggiunse nel XVIII sec. un alto livello di espressione artistica.
Numerose botteghe di corallari si aprirono lungo la via Scuderi, attuale via Torre Arsa.
Esse rappresentavano vere e proprie scuole d'arte, dove i maestri con passione trasmettevano ai loro allievi le conoscenze e i segreti della lavorazione di questo magnifico celenterato, considerato dalla tradizione pagana il sangue pietrificato della medusa, mentre dal mondo cristiano il sangue di Cristo.
Di contro invece nessun miglioramento ci fu nel campo industriale, perché i patrizi preferirono investire il loro denaro in beni che assicurassero loro una profitto stabile e sicuro.
Il XVIII sec. vede un forte aumento della popolazione trapanese che da 16.000 passò a 30.000 abitanti.
L'aumento della richiesta di alloggi fece concentrare l'attenzione sulle aree interne edificabili.
Per esigenze militari, le costruzioni si dislocarono nel quartiere di Mezzo e quello di Pietra Palazzo, dove al fine di permettere il congiungimento della Torre di Ligny con la Rua Grande fu costruita la via Carolina, in omaggio alla moglie del re Ferdinando I.
Inoltre, il crescere delle associazioni religiose, determinò la realizzazione di numerose scuole o Collegi dai quali uscirono uomini dotti che diedero lustro alla città dal campo delle lettere a quello delle scienze e delle armi.
In città spiccarono: Alberto e Michelangelo Fardella, come filosofi; Vincenzo De Nobile e Vito Catalano, come storici; Giuseppe Barlotta e Antonio Castronovo, come matematici; e Leonardo Ximenes, come astronomo.
Nel campo delle arti troviamo invece: Giuseppe Scuderi, Alberto Di Vita e Pietro Ancona, come scultori; e fra i pittori Domenico La Bruna e Andrea Marrone.
L'attività edilizia privata, non solo si sviluppo, ma contribuì ad abbellire e modificare, anche se in parte, la toponomastica della città, che fino al XIX sec. rimase invariata.
Al posto di vecchi palazzi ne sorsero altri più grandi, molti di questi come il Palazzo Mokarta (piazzetta Matteotti), il Palazzo del duca Saura (via Garibaldi), il Palazzo dei signori di Milo (via Garibaldi) e altri, furono abbelliti sotto l'influenza barocca, piccoli e antigenici agglomerati di baracche furono distrutte e al loro posto eretti splendidi edifici.
Ne si trascurò la parte ornamentale: a Piazza Lucatelli fu eretta la statue in onore di Vittorio Amedeo di Savoia, ad opera di Giacomo Tartaglia, un monumento su disegno dell'architetto Amico, sorse sotto il Bastione di S. Francesco d'Assisi, in onore di Filippo V, ed un terzo dello stesso architetto, fu eretto a piazza Marina, in onore di Carlo III; questi monumenti furono però distrutti durante le rivoluzioni successive.

La struttura della città

Un censimento datato 1748, conservato tra gli atti del Senato, mostra la struttura urbana di Trapani nel XVIII sec.
Il documento presenta una divisione dell'abitato in isolati, nei quali attraverso una numerazione sono indicate le unità edilizie e i rispettivi proprietari.
La città risulta divisa in due parti: la prima, formata dai quartieri di S. Nicolò e S. Pietro e le proprietà sulla Rua Nova; l'altra definita come quartiere di S. Lorenzo, comprende la zona occidentale di Trapani.
Le singole isole prendono spesso il nome da un elemento importante in esse contenuto, o compare solo il nome del proprietario o vengono addirittura chiamate secondo le caratteristiche del luogo.
Nel documento non vengono indicati i nomi delle strade quindi si presume che le unità non siano indicate secondo il numero civico, ma in relazione al loro giro orario o antiorario attorno all'isolato, facendo riferimento ai punti cardinali per individuare i vari lati.
Inoltre per ogni particella è espressa la funzione d'uso: Palazzi nobili (Palazzo); le case di abitazione (casa, casa con studij, casa terrana, casa grande); gli edifici religiosi (Chiesa, Chiesuola, Reclusorio, Cappella, Monasterio, Convento); i negozi (Potega, Speziaria, Furno); i magazzini (Magazeno, Fundaco, Schifezaria) ecc...
La struttura delle abitazioni interne alla città risulta basata sui vuoti interni: atri e giardini nei palazzi nobili, e cortili nelle abitazioni più modeste.
Quest'ultimi di origine islamica rappresentavano spazi privati sui quali si affacciavano magazzini, abitazioni e botteghe artigiane.
Diversa si presenta invece la struttura delle zone addossate alle mura, essa è formata da lunghi isolati divisi da numerosi percorsi assumendo una configurazione a pettine.
Importante, all'interno del tessuto urbano, era l'attuale piazzetta Notai e le strade ad essa convergenti, dove si concentravano gli istituti bancari.
La Rua Nova e al Rua Grande assumono diverse tendenze, mentre la prima, per la maggior concentrazione di abitazioni nobili, è il posto favorito per stabilire dimora, la seconda assume più le caratteristiche di un'arteria commerciale, pur riportando la presenza del palazzo Senatorio e della Cattedrale.
Già iniziato nel secolo precedente, il processo barocco si prolunga anche nel 700', esprimendosi con il rinnovamento dei Palazzi nobili, nella ristrutturazione di edifici religiosi, nell'attenzione per la componente scenografica urbana.
Il linguaggio è quello di un Barocco maturo di derivazione borrominiana, che influenzato dall'arte locale ha elaborato una stile più originale.
Nell'edilizia civile, sia nei palazzi nobili che negli edifici con funzioni pubbliche e sociali, l'attenzione si riconcentra sugli elementi decorativi, la ricchezza dagli intagli e l'abbondanza di ornamenti; si ha dunque un ulteriore evoluzione di motivi già maturati nel corso del XVII sec.
Rispetto al periodo precedente però, si nota in ville e palazzi una caratterizzazione tra spazi privati e spazi pubblici.
Fra i numerosi edifici costruiti o ristrutturati nel corso del 700' ci sono: il Palazzo del Barone della Cuddia, nella Rua Nova, oggi scomparso, è caratterizzato dalla diffusa presenza di intagli e figure in tufo riccamente lavorate; il Palazzo di Don Giovanni Ferro, lungo la Rua Grande, e quelle del Barone Mocarta, sulla piazzetta omonima.
A caratterizzare i prospetti dei Palazzi di Don Berardo Ferro e di Don Giuseppe Rizzo barone di Arcudaci, sulla Rua Grande, e quello del Barone Milo sulla Rua Nova, è ancora una volta l'elemento portale-balcone, che nel 1758 fu adottato analogamente nel nuovo prospetto dell'Ospedale di S. Antonio, ad opera degli architetti Paolo Rizzo e Vincenzo Liotta.
Riguardo all'edilizia religiosa, le strutture chiesistiche che prevalgono sono: l'impianto longitudinale, l'impianto centralizzato e la combinazione di entrambi.
Le facciate vanno, invece, dal tipo retto e squadrato della tradizione a quello ondulato ripreso dal linguaggio romano.
Tra gli architetti più in vista emerge la figura di Giovan Battista Amico.
Egli apprese le sue conoscenze di architettura sulle opere dei trattatisti, ma soprattutto dall'osservazione diretta dei manufatti.
Durante la sua lunga carriera professionale, che lo vide architetto del Senato di Trapani e architetto regio, egli realizzò numerose opere delle quali lasciò un elenco nel suo trattato intitolato “L'Architetto Prattico”.
Le sue realizzazioni più importanti e significative sono i prospetti delle chiese di S. Lorenzo e del Purgatorio e lo scenografico interno della chiesa dell'Immacolatella.
Il prospetto della chiesa del Purgatorio, degli anni 1712-14, rappresenta il suo primo lavoro .
In esso sono già presenti i temi che caratterizzeranno le sue successive opere: l'andamento ondulatorio, qui ottenuto non con l'uso di curve, ma di una spezzata; gli elementi plastici, come statue, nicchie, balaustre, e colonne a tutto tondo; e il recupero della classicità nel modo di organizzare l'ordine architettonico.
Il prospetto s'imposta sul tema dei tre ordini architettonici sovrapposti, il terzo, che funge da loggia campanaria, diventa un elemento scenografico, per il largo uso della decorazione scultorea.
CATTEDRALE S. LORENZOAltrettanto importante è la chiesa di S. Lorenzo, diventata a quei tempi modello per le chiese madri delle altre città, fu modificata dall'Amico, con la realizzazione del prospetto, di alcune cappelle e l'inserimento della cupola.
La facciata presenta un primo ordine a portico e un secondo, che arretrato e bloccato lateralmente da due campanili, segue il tema della parete ondulata.
La cupola invece, è segnata da quattro rotonde torri, poste sugli angoli del quadrato di base.
Riguardo all'interno dell'Immacolatella, grazie all'articolarsi di archi, paraste, linee e cornici in stucco, viene a crearsi uno spazio sfarzoso come una scenografia per le funzioni liturgiche.
La luce che proviene dall'alto, creando ombre e luminosità, accentua maggiormente il carattere magico dell'interno.
Tra le sue opere ancora esistenti ricordiamo inoltre: la Cappella di S. Ignazio nella chiesa del Collegio; la Cappella del Crocifisso e l'oratorio della compagnia segreta della Mortificazione, detto la Ficarella, entrambi nel complesso conventuale di S. Domenico.
Le altre chiese edificate in questo periodo sono: la chiesa di Sant'Anna ubicata di fronte al Convento omonimo; la chiesa denominata del “Fosso” o di “L'Armiceddi”, situata sotto le trincee del Castello di Terra; la chiesa del Carminello, sita in via Garibaldi, appartenente alla compagnia del Carmelo; il Convento dei PP. Crociferi con l'annessa chiesa di S. Maria della Lettera, in via Crociferi; e infine il Reclusorio delle Orfane che venne ingrandito e dotato delle chiesa intitolata a S. Spirito.
Solo alla fine del secolo con le scoperte di Ercolano e Pompei si tende più ad una “restaurazione dell'antichità”, ciò fa si che a Trapani si registri l'adesione al Neoclassicismo.
Architettura di transizione, già tendente a motivi neoclassici è il Palazzo del Barone Morano, realizzato su disegno attribuito ad Andrea Giganti.





STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 6
Dal 1800 ad oggi: lo sviluppo fuori le mura, la città nuova.

I primi sviluppi della città
Opere e servizi pubblici
Attività artistiche e culturali
La dominazione dei Savoia e il regno d'Italia
Il piano di ampliamento della città
Lo stile floreale
I recenti interventi urbanistici

Dopo il Congresso di Vienna il “Regno delle due Sicilie” rimase per 126 anni sotto il dominio della dinastia borbonica, che nonostante l'accusa di oscurantismo riuscì a dare un notevole contributo alle arti, alle lettere e alle opere esistenziali ma purtroppo non investì pienamente la Sicilia a causa della lontananza del governo centrale residente a Napoli, dell'insufficienza dell'amministrazione locale e dell'incapacità degli stessi sovrani, che assecondarono l'immobilità dell'economia dell'isola.
A Trapani però la situazione era diversa, ciò favorì la crescita della produzione cittadina.
Agli inizi dell'ottocento Trapani era una città consacrata al commercio e all'industria, estranea alle vicende politiche.
L'aristocrazia godeva di poteri derivati dalle altre cariche occupate o dalle opere di beneficenza; la borghesia si occupava esclusivamente dei suoi affari commerciali; le chiese e le associazioni religiose rappresentavano il centro della vita culturale le e sociale: l'artigianato, numeroso e qualificato, costituiva a sua volta una forza economica; attorno a tutto ciò orbitava il resto della popolazione, i cui componenti, soddisfatti dalle posizioni raggiunte non sentivano il bisogno di rinnovamenti.
Positivi furono l'attività industriale e il movimento commerciale: la produzione e l'esportazione del sale, la pesca del tonno, l'esportazione del vino, la molitura del frumento, la bachicoltura, l'esportazione del cotone, la pesca e la lavorazione del corallo, apportarono ricchezza e diede impulso al commercio, rendendo fiorenti le industrie.
L'industria del sale vede nel XIX sec. una netta ripresa dalle periodiche crisi dei secoli precedenti, ciò grazie alla costruzione di nuovi impianti e il miglioramento della tecnica riproduttiva.
Anche l'industria del corallo continuò a beneficiare il commercio.
Fra i cittadini si formarono società, che raccoglievano il denaro necessario per armare le barche e sostenere le spese della pesca.
L'attività economica che girava attorno al corallo divenne così importante che, nel 1820, furono emesse norme regie al fine di regolare la pesca del corallo: una di queste obbligò tutti i padroni di barche del regno a recarsi a Trapani per fornirsi di licenza così da accedere nei mari di Santa Croce, S. Vito, Trapani e Girgenti.
Fiorente fu pure la pesca del tonno.
Le numerose tonnare sparse su tutto il litorale diedero un forte aiuto all'economia nazionale, tanto che esse furono protette dal governo perché la loro pesca non venisse danneggiata.
Nel 1827 il governo, accogliendo le richieste dei proprietari delle tonnare, dispose che durante il periodo di pesca nessuna barca potesse percorrere il mare vicino alle tonnare, evitando in questo modo che molti speculatori deviassero il percorso dei tonni a loro favore.

I primi sviluppi della città

Secondo gli atti dell'intendenza, risalenti al 1819 gli abitanti di Trapani erano 21.071 e nel 1830 furono 24.637.
Poiché nel XVIII sec. Trapani contava 30.000 abitanti, dobbiamo dedurre che il forte calo demografico fu risanato solo alla fine della prima metà del XIX sec. che contava 39.000 abitanti.
Nonostante, però il forte calo demografico la richiesta di alloggi e di nuove costruzioni non venne mai a mancare.
Fu così che la città iniziò ad espandersi parzialmente oltre le mura di confine, in quanto quelle zone risultavano ancora pericolose e insicure.
Fuori la porta dei Cappuccini, la zona di Pietra Palazzo, per secoli utilizzata come cava per l'ottima qualità della pietra rosone, nel 1806 fu rifinito dal cavaliere Micheroux, e creato un passeggio chiamato “La Carolina”.
Questo nuovo asse fu un impulso per lo sviluppo della nuova città sia ad ovest delle mura che ad oriente nella pianura attorno al convento dell'Annunziata, dove si era formato già un piccolo nucleo abitativo.
Il governo borbonico attuò una politica di riforme che prevedeva lo svolgimento di un programma organico di opere pubbliche, questo portò alla costrizione di nuovi edifici o al cambiamento d'uso di altri già esistenti.
Su richiesta di un gruppo di borghesi intellettuali colti, fu la costruzione di un teatro cittadino, che doveva sorgere nel recinto del serraglio di S. Agostino.
I lavori per la realizzazione del grande teatro, progettato dall'architetto Antonino Gentile nel 1826, furono appaltati dopo tre anni. Inseguito, a causa dell'improvvisa decisione, nel 1832, di destinare l'area di S. Agostino a “piazza da commestibili” i lavori furono bloccati.
Gli accesi dibattiti e l'esecuzione affrettata dei lavori non permisero il completamento della fabbrica, che mancava di adeguate opere di consolidamento, così nel 1839 si decise di abbandonare il progetto.
Solo nel 1843 furono ripresi i lavori per la realizzazione del teatro, che fu che fu inaugurato nel 1849, con la rappresentazione dell'opera “Norma”.
TEATRO GARIBALDI (DISTRUTTO DAI BOMBARDAMENTI DELLA 2 GUERRA MONDIALEIl teatro fu intitolato Ferdinando e dopo l'unità d'Italia ebbe il nome di teatro Garibaldi.
Esso comprendeva tre ordini di palchi e una galleria e complessivamente poteva contenere circa 600 persone.
La magnifica opera fu distrutta dai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, e al suo posto oggi sorge l'edificio della Banca d'Italia.
A seguito della costruzione del nuovo teatro sito in piazza Scarlatti, il comune si preoccupò, nel 1850, di sistemare e bonificare le strade adiacenti.
Sempre su progetto dell'architetto Antonino Gentile fu costruito tra il 1830 e il 1832, sull'isola di S. Antonio, dove da secoli venivano mandate le barche che dovevano trascorrere un periodo di Quarantena, un Lazzaretto.
Nel 1830 fu inaugurata la “Pubblica Biblioteca comunale del Capovalle di Trapani” ubicata nei locali della sede della confraternita dei Bianchi e nell'annessa chiesa di S. Giacomo Maggiore, l'anno dopo l'edificio fu intitolato “Biblioteca Fardelliana” in onore del tenente generale Giovan Battista Fardella.
Inoltre nei locali dell'ex convento gesuitico ebbe sede la gran corte criminale, e nel 1828 vi si trasferì anche il Tribunale Civile.
E infine, per venire incontro ai commercianti che si dedicavano alla salagione del pesce, nel 1844, fu concesso loro di collocare le proprie baracche nella zona militare, determinata dal viale Lazzaretto e dalla via Carolina.
La pianta della città e del porto di Trapani, di poco posteriore al 1849, riporta la presenza di piccole piazze nella vicinanza di importanti edifici.
La valorizzazione della facciate monumentali e l'ingrandimento degli spazi principali della città, interessarono maggiormente l'area antistante la chiesa del Purgatorio e quella adiacente al tempio di S. Agostino.

Opere e servizi pubblici


Dichiarata piazza d'armi, grazie alla sua posizione strategica, nel 1707, Trapani ebbe rinforzati i bastioni esistenti e per garantire maggior sicurezza ne furono costruiti altri lungo i litorali di tramontana e mezzogiorno: Tazzolono, Scieri, Roccazzo, Isolilla, Cofano, Porto di S. Matteo, Scopello e Alcagrossa, i quali erano armati di cannone e presiedute da tre o quattro soldati.
Navi in legno furono affittate presso i privati e armate per la perlustrazione delle coste circostanti.
Inoltre, all'ingegnere militare Luigi Bardet, fu affidato, da Ferdinando I, nel 1807, l'incarico di rifare le bocche di fuoco e le “troniere”, e di costruire un nuovo rivellino in sostituzione del piccolo e inefficace Baluardo di S. Giacomo.
Anche l'accesso alla città, fu modificato, in sostituzione della porta in prossimità del Castello di Terra, furono costruite due porte monumentali, capisaldi di un percorso che attraversava il nuovo rivellino.
La più esterna realizzata secondo uno stile tuscanico, venne chiamata porta Barbara, la seconda, realizzata in stile corinzio, fu denominata porta Ferdinanda, ambedue erano precedute da un ponte levatoio che, collegato ad un sistema di arcate, consentiva il passaggio sul fossato.
Le altre porte che si aprivano sulla città nella parte meridionale erano: porta Lucadella, così chiamata in onore dell'ingegnere capitano Vincenzo Lucadelli, che la costruì per ordine del Re cattolico Filippo II, Re di Spagna.
Questa chiamata volgarmente porta dei Galli a causa delle crostacee marine che li si originavano nel fango; porta della Grazia, per la chiesa di S. Maria della Grazia che si vedeva dall'ingresso; porta di S. Filippo o Porta di Mare, volgarmente chiamata del Porto, sita vicino la Dogana per le gabelle di mare, ed infine la porta Ossuna, così chiamata dal Viceré D. Pietro Girone Duca di Ossuna.
Dalla parte di ponente si trovava la Porta Eustachia o de' Cappuccini, fatta costruire dal Cavaliere D. Alessio Ferro, Capitano Giustiziere della città.
Nella curvatura di tramontana vi erano altre due porte una detta delle Botteghelle, e l'altra detta Porta Felice o del Carmine.
L'antica divisione della città in cinque quartieri, divenuti sei dopo la costruzione del quartiere degli Spagnoli, fu ripresa nel 1804 dal Cavaliere Gaspare Micheroux, Governatore della piazza di Trapani.
Questi aveva creato il quartiere dei Biscottari, della Giudecca, della Rua Nova, della Loggia e delle Botteghelle, per esigenze di pulizia urbana.
Ma questa sistemazione ebbe poca durata e la città tornò ad essere divisa nei tre quartieri di S. Lorenzo, S. Nicola e S. Pietro.
Nel 1791 furono finanziati i lavori di rifacimento della strada che dal Castello di Terra giungeva al Convento dell'Annunziata, inoltre fu commissionato il lastricato con basole di pietra bianca di alcune strade della città.
Nel 1825 fu dato l'appalto per la costruzione della nuova dogana, realizzata dall'ing. Don Salvatore Previto.
Essa fu collocata accanto la Porta Galli, dove prima sorgeva la cappella di Maria SS. Del Porto Salvo.
DOGANANel 1827 dalla deputazione del Porto furono dati in appalto al capomastro Francesco Mazziotta i lavori di restauro e di rifacimento delle banchine, che dal Bastione di S. Francesco andavano fino alla casa sanitaria “Molo della Sanità”.
A seguito del regolamento del 1827, il Municipio acquistò l'area e i fabbricati del convento dei Cappuccini, detto “Luogo Vecchi”e li vi costruì il cimitero comunale, che entrò in funzione nel 1830.
In fine, nel 1838 al Palazzo Cavarretta vennero istallati due cassoni circolari contenenti uno il datario e l'altro l'orologio, in sostituzione di quello posto nella parete della Torre Oscura.
Ma questo non era l'unico orologio presente in città, ve ne era uno nel convento di S. Rocco, nel convento Gesuitico, nel Palazzo di Don Alessandro Ferro e nei conventi di S. Anna e S Francesco.
Nel 1850 fu costruita la strada provinciale che conduceva a Bonagia, ma già precedentemente, nel 1814, con lo scopo di mettere in comunicazione i maggiori centri della Sicilia fu costruita la strada regia Palermo - Trapani, e in seguito nel 1855 fu completata la strada provinciale Trapani-Marsala.
Alla realizzazione di queste strade contribuirono lo Stato, i comuni interessati e i proprietari delle aree circostanti.
Inoltre, fra i compiti istituzionali del Comune vi era quello di approvvigionare la città di viveri di regolare l'annona, di provvedere alla polizia interna, all'amministrazione delle strade cittadine.
Competenza del Comune era provvedere all'acquisto del frumento e all'ammassamento negli appositi magazzini.
Ad occuparsi della mulitura del cereale erano i due serragli di S. Agostino e di S. Pietro, ma nel 1843, la commissione per il macino ritenne che i due serragli erano insufficienti e cosi autorizzo i fratelli Gragnani ad aprire altri quattro mulini fuori dalle mura nella zona “Serro”.
Il comune pagava ogni mese un appaltatore perché si occupasse dell'illuminazione della città, che avveniva per mezzo di fanali ad olio.
Inoltre la regolamentazione di polizia urbana stabiliva la legalizzazione dei pesi e delle misure, i luoghi di mercato e le modalità della macinazione del grano.
Il regolamento prevedeva anche atre regole da rispettare: sulla pianificazione e vendita del pane, riguardo alla macellazione degli animali la vendita del pesce e ancora sull'olio, sul vino, sui salumi ecc...

Attività artistiche e culturali


L'attività artistica trapanese si sviluppò anche nell'800.
In questo periodo fra i pittori si distingue Francesco Cutrona; fra gli scultori merita menzione Federico Siracusa, che si impegno col comune, per la costruzione di una statua marmorea in onore di Francesco I da collocare alla marina;tra gli artisti del corallo risalta Ignazio Marrone.
In questo secolo sorse per le ragazze la scuola lancastriana, che ebbe la sua prima sede nel refettorio dell'antico convento di S.Agostino, e poi fu trasferita nei locali inferiori della biblioteca Fardeliana.
Sempre nello stesso anno sorse l'accademia degli studi, sita nell'ex convento gesuitico.
Nel 1831 per iniziativa della marineria trapanese venne creata una scuola nautica, di cui il primo professore fu Giacomo La Monica.
Nel 1832 sorse, per iniziativa dei signori Russo – Modica la nuova stamperia e nel 1835 fu istituita la camera di conversazione, che ebbe sede a piano terra dell'episcopio
Nel campo della scultura si distingue Alberto Buscaino Campo, filosofo e direttore della rivista letteraria e scientifica “L'iniziatore”.
Dalla descrizione di padre Banigno di Santa Caterina, si evince l'immagine di una città che sostanzialmente aveva mantenuto il suo aspetto Barocco, per tutta la prima metà del XIX sec. infatti, Trapani manterrà immutate le sue qualità formali e le sue caratteristiche strutturali, registrando appena qualche adattamento di Palazzi secondo il nuovo stile.
La produzione artistica architettonica del XIX sec. è legata alle esperienze culturali e tecniche che si sono formate con lo sviluppo della città industriale, il consolidamento del potere borghese e il diffondersi della poetica romantica.
Ora l'architetto è visto come un vero professionista, disponibile ad adottare indifferentemente stili diversi e, a volte, disporli in un unico edificio.
Le prime esperienze neoclassiche dominano ancora agli inizi del secolo, esse sono però principalmente intellettuali, perfino la stessa corrente romantica non lascia almeno nel primo periodo monumenti di particolare interesse artistico.
Contrariamente al precedente stile aragonese, che avava dato vita a quello chiaramontano, l'esperienza romantica lascia una serie di palazzi medioevaleggianti, privi di materiali vivi e originali.
Solo nella seconda metà del secolo, sull'impulso di studi, scavi archeologici e dei primi restauri su edifici medioevali, si comincia a produrre qualche opera ma, contrariamente alle altre città dove trionfa la mescolanza di elementi e stili diversi, a Trapani non spicca nessuna personalità.
La città si arricchì di teatri, di edifici pubblici e qualche chiesa caratterizzati dalla freddezza neoclassica, nella prima metà del secolo, mentre dopo l'unità d'Italia l'attività rallenta per la necessità di riempire gli edifici lasciati liberi in seguito agli editti che imponevano l'acquisizione dei beni ecclesiastici; questi erano edifici barocchi conventuali che vennero adibiti a biblioteche, musei, preture, archivi e ospedali.
PALAZZO ADRAGNAI primi elementi dello stile neoclassico fanno il loro ingresso in città con l'abate Andrea Giganti, al quale viene attribuito il prospetto del Palazzo Riccio di Morana, oggi Palazzo Adragna, sito in via Garibaldi.
Il prospetto si presenta rigidamente intelaiato da paraste e cornici marcapiano.
La monumentalità della facciata, coronata da un timpano triangolare, viene smorzata da qualche nota di pittorismo, ottenuto con l'inserimento di elementi scultorei.
Qui l'evidente l'abbandono dei motivi barocchi e l'adesione a quelli neoclassici, evidenzia nell'isola il crescente interesse per l'archeologia e per la cultura antiquaria.
Più tipicamente neoclassici possiamo definire i prospetti di Palazzo Marini, all'incrocio tra corso Vittorio Emanuele e via Libertà e dell'ormai inesistente Teatro Garibaldi sostituito dall'attuale Banca d'Italia, caratterizzato dal fronte a colonne ioniche.
Altri edifici realizzati verso la fine del secolo sono l'ex Grand Hotel, in piazza Garibaldi e la casa La Via in piazza Lucatelli.
Questa presenta un'alta fascia in bugnato liscio, nella quale le aperture dei primi due ordini segnano appena la compattezza del basamento.
Sulla piatta superficie dei due ordini superiori, invece, giochi di modanature in rilievo incrociano stipiti, sottolineano cantonali, contornano rotondi medaglioni a bassorilievo.
E infine troviamo il Palazzo del Municipio e quello della Provincia in piazza Vittorio Veneto.

La dominazione dei Savoia e il regno d'Italia


Durante la dinastia dei Savoia Trapani continuò a dare il suo contributo di lavoro, cultura e sacrificio.
La città vide diversi avvenimenti tra cui nel 1960 la battaglia di S. Maria di Capua svolta nei presi del Volturno.
Lo scontro vide come principali protagonista il reggimento mandato da Enrico Fardella.
Per il coraggio dimostrato dal reggimento siciliano, il ministro della guerra Cosenz promosse dodici ufficiali e conferì i galloni di generale a Enrico Fardella.
Ancora oggi, a ricordo del trionfo della città, ci sono delle iscrizioni impresse sulla parete esterna del Palazzo Cavaretta.
Un altra personalità nella quale si identificò la storia di Trapani, fu Nunzio Nasi eletto per la prima volta deputato nel 1887.
Durante i numerosi conflitti, Trapani si trova al nono posto dei Capoluoghi di provincia più bombardati; di fatti la città registrò numerosi danni a parecchi monumenti e morte tra il popolo.
Quando nel 1943, gli anglo-americani arrivarono nella Sicilia occidentale, entrando nelle piazze di Trapani e di Palermo, trovarono una popolazione in condizioni misere, costretti a vivere in grotte o caverne con pochi viveri.
A ricordo di quelle stragi e in memoria delle centinaia e centinaia di vittime civili, il Pio sacerdote Salvatore Zichichi nel 1955 volle fondare nel cimitero comunale un monumento in onore dei caduti civili trapanesi e quale premio per le sofferenze patite il Presidente della Repubblica Sagni nel 1964 conferì a Trapani il titolo di “Città Martire”, consegnando di persona la seconda medaglia d'oro.
Nel campo industriale, Trapani rimase principalmente legata all'artigianato.
Nell'attività industriale trapanese, nonostante le imposte fiscali le industrie del sale, del tonno, della macinazione del grano, del vino, ebbero un regolare sviluppo.
Nel 1896 Giuseppe D'alì impiantò un industria enologica, nello stesso anno Nicola Fardella creò una distilleria unica in Sicilia per evitare l'importazione dell'alcool dall'estero.
Anche la mulitura del grano si sviluppò e nel 1888 gli Aula e i Virgilio costruirono il più grosso stabilimento di farina basato sull'impiego dei mulini a vapore introdotti qualche tempo prima per la lavorazione del sommacco, le cui foglie e corteccia venivano utilizzate nella conciatura delle pelli.
Anche le tonnare, come quelle di Favignana, Bonagia, Formica, S. Cusumano e Asinelli, continuarono a funzionare in mano ai Florio – Parodi e Serraino.
Nel 1919 i proprietari delle saline costituirono una società, la SIES al fine di migliorare il sistema di estrazione e battere la concorrenza.
Il porto anche se non più centro delle principali rotte marittime mercantili, nel 1909 vide un aumento del traffico, grazie alla nascita di una nuova società di navigazioni “la Sicania” che istituì collegamenti con America e Australia, mantenendo attiva l'attività commerciale.
Nonostante le consuete crisi economiche grazie all'operosità e all'intraprendenza dei trapanesi, la città continuò ad esercitare il commercio sia dentro che fuori il Mar Mediterraneo, riuscendo a respingere la concorrenza.
Oltre allo sviluppo del commercio del sale, del tonno, e così via, si sviluppò anche quello delle paste alimentari, del cemento, dei marmi, della conserva di pomodoro, delle acque gassose e del ghiaccio.
INGRESSO MUSEO PEPOLINel campo culturale, onorato da grandi personalità, anche il Comune vi si dedicò prevenendo la legge sull'istruzione obbligatoria, aprendo scuole primarie e secondarie, urbane e rurali, combattendo contro l'analfabetizzazione e diffondendo fra i ragazzi l'amore per la verità.
Nel 1864, sorse presso l'ex Convento dell'Itria il convitto provinciale maschile, che nel 1870 fu dedicato a Massimo D'Azelio; mentre presso l'ex Convento dei PP. Crociferi venne aperto quello femminile nel 1866, divenuto infine istituto magistrale.
Sempre nel 1870 sorse l'istituto tecnico per ragionieri e geometri “ S. Calvino” nel 1871, Giuseppe Polizzi, fondò presso i locali della Biblioteca Fardelliana una biblioteca circolante e la sala di lettura per gli operai.
Nel 1874 si aprirono scuole elementari maschile nell'ex convento di S. Domenico.
1900 si la prima scuola di canto diretta dal maestro Fermo Marini.
Nel 1905 ottenendo i locali dell'ex convento dell'annunziata, Agostino Sieri Pepoli, raccolse tutte le opere d'arte e ordinò le memorie storiche cittadine aprendo il Museo Pepoli.
Nel 1923 nei locali di Corso Vittorio Emanuele si trasferì il Liceo Classico Ximenes mentre in quelli di via Garibaldi il Liceo Scientifico Fardella.
Nel 1935 furono costruiti le scuole elementari Umberto di Savoia in via Giovan Battista Fardella.
Oltre all'attività scolastica, a crescere la cultura cittadina contribuì lo sviluppo del giornalismo, che con i suoi periodici politici, letterari, giuridici, filosofici e sindacali, rispecchiava la vita del tempo.
Alcuni di questi periodici erano: il Corriere di Trapani, il Crepuscolo, Strongatore , la Gazzetta giudiziaria, il Foro Trapanese, la Gazzetta di Trapani.
Nel 1927 grazie alla generosità di Giuseppe Serraino Vulpitta fu costruito un dispensario antitubercolare “ Rosa Serraino Vulpitta” e del senatorio “Maria Serraino Vulpitta”, inoltre egli lasciò le sue eredità, circa cinque milioni di lire (500.000 euro odierni), per la profilassi delle malattie pretubercolari e tubercolari.
Nel 1936 sorse ai piedi del monte Erice il Dispensario Antitubercolare, volgarmente chiamato Torrebianca, ma intitolato “Rocco la Russa”.
Per il divertimento della città nel 1905 si pensò di costruire un Politeama, ma questo non fu mai realizzato, così i cittadini dovettero accontentarsi prima dell'arena Maggio e poi della Casina delle Palme, mentre i più poveri continuarono a frequentare il teatro dei pupi.
Nacquero in seguito i primi cinematografi tra cui il cinema Ideal nel 1921 e il Cinema Italia in via G. B. Fardella.
Lo sport si manifestò con la scherma e solo nel 1910 si costituì l'unione sportiva calcio Trapani.

Il piano di ampliamento della città


Nel 1862 Trapani perse la qualifica di piazza d'armi e con questa anche l'esigenza di tenere erette le mura e i Bastioni per la sua difesa.
Perse così il ruolo di città di frontiera e acquistò quello di terziaria, che dal 1852 al 1900 passò da 27.000 a 60.000 abitanti.
L'esigenza di ampliare la città, portò alla distruzione dei vecchi baluardi, alla costruzione di cortili e alla apertura di nuove vie nei vecchi quartieri.
Inoltre vennero prosciugato a ponente alcuni tratti di mare dove doveva essere realizzato il quartiere San Francesco.
La fretta di demolire le fortificazioni, che per secoli avevano inquadrato e circoscritto la città, dipendeva da un rifiuto del passato e dei suoi aspetti “medievali”.
Liti nacquero per le rivendicazioni di proprietà delle aree occupate dalle fortificazioni da demolire.
Da un lato il Comune, che per la loro costruzione aveva contribuito con ingenti somme, dall'altra lo Stato, poiché i baluardi appartenevano al genio militare.
Il decreto che aveva abolito la pizza di Trapani, riservava allo Stato la proprietà delle aree ricavate dalla demolizione delle mura e dei bastioni.
I baluardi a difesa della città entrarono a far parte del patrimonio demaniale e successivamente, dopo lunghe negoziazioni questi furono concessi al comune dall'amministrazione trapanese.
Rimasero però dello Stato alcuni forti come la colombaia, il bastione dell'impossibile, l'antica batteria dell'ospedale, il castello di terra e la caserma Sant'Anna.
Questa concessione permise al comune di abbattere i vecchi fortilizi e le antiche mura, utilizzare le aree sottostanti i bastioni di via XXX Gennaio, quelle esposte a Mezzogiorno ed esistenti il corso Vittorio Emanuele, prosciugare e sistemare tutta la zona della “Marinella” che faceva ancora parte della salina del Collegio, riempire l'antico canale che aveva diviso la città dal resto dell'entro terra e proporre nuovi piani urbanistici.
Inoltre, quando ancora erano in corso le trattative con lo Stato per le aree liberate, nel 1865 il Comune aveva iniziato preparazione di vari progetti tra cui la costruzione di un mercato del pesce fuori dall'antica Porta Felice, una nuova sistemazione della marina e l'abbattimento del fronte verso terra per iniziare la suddivisione della campagna.
Questi lavori segnarono l'avvio sia di un nuovo processo espansionistico, sia la distruzione della Trapani cinquecentesca e settecentesca.
Il nuovo aspetto urbanistico non modificò sostanzialmente le strade del centro ma, alcune, cambiarono denominazione: nel 1890 la “Rua Nova” assunse il nome di via Garibaldi; via Scultori quello di via Torre Arsa; la strada della “Pazienza” prese il nome di via Poeta Calvino; quella “delli Spadari” prese il nome di via Barone Sieri Pepoli; la strada dei “Setaioli” via Cuba; quella “delli Scarpari” via delle Arti; via dei “Sartori” via Argentieri; la “Rua Grande” assunse il nome di Corso Vittorio Emanuele.
Negli anni 1865-69, fu approvato un piano di ampliamento della città, elaborato dall'ing. Giuseppe Adragna Vairo.
L'attuazione del progetto avvenne nel 1869, quando l'ing. G.B. Talotti fu nominato direttore dell'ufficio tecnico comunale.
VIA FARDELLAA seguire i lavori fu proprio Talotti dal quale il piano prese il nome.
L'ampliamento prevedeva l'espansione di Trapani verso est, in direzione dell'antica strada che portava all'Annunziata, secondo un impianti a scacchiera.
Il piano prevedeva quindi l'unificazione della vecchia città con il borgo dell'Annunziata attraverso un zona di filtro rappresentata da giardini pubblici e una grande piazza, che era il punto di partenza dell'asse viario, la via Fardella.
Nelle zone vicino al centro, attorno al giardino privato, sorsero le abitazioni dell'alta borghesia industriale e terriera, mentre nelle zone più periferiche si concentrò un'intensa attività edilizia.
Il progetto Talotti proponeva una città ricavata da un'uniforme ripetizione del modulo di base di forma rettangolare; priva di una distinzione funzionale fra le varie zone, provocando forti squilibri fra zone residenziali e di servizi.
Fu trascurato inoltre il clima della zona, i forti venti che nella struttura della vecchia città erano spezzati, qui trovano nel rigido tessuto a scacchiera dei corridoi nei quali incanalarsi.
Vari lavori di demolizione e di modifica furono attuati al fine di favorire lo sviluppo della città.
Nel 1870, furono abbattuti i bastioni del porto e quello dell'Impossibile; venne demolito l'angolo dell'ex monastero della Badia Nuova per consentire l'allineamento con la via Garibaldi, che successivamente fu sistemata; si sistemò la via Regina Elena lasciando intatto il muraglione che stava dietro l'Ospedale S. Sebastiano.
VILLA MARGHERITANel 1873 fu sistemata la passeggiata a tramontana; si rifece il prospetto della Biblioteca Fardelliana; furono collocati i fanali a gas nella via Regina Elena; venne progettata la demolizione dell'ex monastero di S. Chiara per la creazione di piazza Jolanda; e si pensò di utilizzare l'ex convento dei cappuccini, chiamato “Silva dei Cappuccini” per scuola e giardino infantile.
Nel 1875 fu abbattuta porta Cappuccini, e si sistemò il manto stradale di corso Vittorio Emanuele.
Nel 1878 furono impiantati degli alberi per creare la villa comunale e si demolì l'ultimo serraglio esistente nel Rione S. Pietro, per destinare le aree risultanti a costruzioni private.
Nel 1879 lo scultore Giuseppe Dupré, incaricato dal Consiglio Comunale, costruì un monumento a Vittorio Emanuele II, collocato poi a piazza Vittorio.
Nel 1890 fu inaugurato a piazza Marina il monumento a Garibaldi, opera di Leonardo Croce, e nello stesso periodo venne costruito il Grand'Hotel, inoltre fu abbattuta la porta Galli ed inaugurata la grande fontana di piazza Vittorio Emanuele.
PALAZZO DEL MUNICIPIONel 1904 il Palazzo D'Alì, attuale sede del Comune, sorto a piazza Vittorio Veneto, e nel 1910 fu eretto il monumento in onore del dott. Gaspare D'Urso a piazza Jolanda.
Nel 1913 venne abbattuto l'arco con la relativa torre dell'ex monastero di S. Elisabetta.
Nel 1920 alla villa Pepoli fu eretto un mezzo busto in bronzo raffigurante il conte Agostino Pepoli.
Nel 1921 il comitato cittadino istituì un comitato per la raccolta dei fondi destinati alla realizzazione di un monumento dedicato ai Caduti di tutte le guerre, a piazza Vittorio Veneto.
Infine dal 1925 al 1930 fu prosciugato un grande tratto di mare che si estendeva oltre la chiesa di S. Francesco d'Assisi, consentendo la sistemazione del viale Duca d'Aosta e a piazza Gen. Scio, dove sorse il palazzo dei Mutilati.
Risalgono proprio a questi anni le prime mappe catastali che ci mostrano i cambiamenti subiti dal territorio di Trapani nella fase post-unitaria.
Nelle più antiche è ancora intatto il vecchio nucleo della città, ma sono ormai totalmente inesistenti le mura di cinta.
Il fronte verso terra dove sorgevano il rivellino, la cortina, il fosso e gli spalti, si trovano la villa Margherita e i primi grossi blocchi del piano di ampliamento.
Negli altri estremi sono invece ancora esistenti il Castello di Terra, il baluardo dell'Impossibile, ambedue di proprietà dello stato.
Le mappe del 1905 mostrano ulteriori interventi perimetrali ma non solo nelle precedenti zone militari ma talora anche nel tessuto interno.
EX MERCATO DEL PESCEA nord, allacciata con le vecchie mura di tramontana sorse, in asse con la via Torre Arsa, la struttura ad esedra del mercato del pesce, verso ovest invece fu abbattuta la cinta bastionata cinquecentesca del Castello di Terra, il quale perse la sua funzione di struttura offensiva, e rimase in piedi solo il piccolo nucleo interno.
Lo spazio ricavato divenuto anello di congiunzione del vecchio centro abitato e la nuova zona, si delineò come una prestigiosa piazza contornata dai principali edifici pubblici come la Provincia, il Palazzo d'Alì, sorto inizialmente come sede privata e poi adibita a municipio, e il più recente Palazzo delle Poste.
Anche nella struttura urbana, dall'esigenza di risanare l'abitato permettendo alla luce di entrare al suo interno, cominciano a nascere delle piazze ricavate dall'abbattimento degli impianti religiosi abbandonati a seguito delle leggi anticlericali.
Tra queste troviamo l'attuale piazza Jolanda sorta dall'abbattimento di S. Chiara e il largo del teatro ricavato dalla demolizione del Convento di S. Agostino.

Lo stile floreale


L'ultimo decennio dell'Ottocento e i primi del Novecento costituiscono il periodo dell'Art nouveau (che in francese vuol dire “arte nuova”) ovvero, il cosiddetto “stile di transizione” tra lo storicismo eclettico e l'architettura moderna.
L'art nouveau rappresenta una prima avanguardia culturale, che assume caratteristiche più o meno differenti secondo i vari paesi nei quali si sviluppa.
Il suo comune denominatore, nel campo architettonico, è però l'uso nuovo e funzionale del ferro e delle ghise.
In essa, è la stessa struttura a diventare decorazione traendo ispirazione al fantasioso mondo animale o vegetale.
“Art nouveau” è la denominazione che questo movimento assume in Francia, ma esso diventa “Liberty” in Inghilterra e in Italia, “Jugendstil” in Germania, “Secessione” in Austria, “Stile Horta” in Belgio e “Arte Jòven” in Spagna.
In architettura, si verificò quindi un'adesione agli ideali e i costumi della società borghese industriale.
La Sicilia invece, per il suo carattere indipendentista, rimane salda nell'intenzione di non interrompere i legami storici, a favore dell'omogeneizzazione delle differenze artistiche regionali compiuta dal Liberty.
Il nuovo stile, infatti, si inserì sulla traccia medioevale e barocca, diventando linguaggio ad arte popolare.
A Trapani esso non si delineò come un fenomeno culturale importante, ma rimase uno stile di “pelle”, nonostante la grande espansione della città in questo periodo.
Ad impedire la diffusione di un nuovo codice linguistico, contribuirono vari fattori, tra cui l'enorme quantità di edifici religiosi abbandonati.
Si preferì a tal proposito occupare tali complessi soprattutto con edifici pubblici, ciò favorì una paralisi dell'edilizia.
Motivi floreali in stucco e raramente in legno andarono così a decorare facciate di palazzi, insegne e mostre di botteghe, portali; mattonelle maiolicate costituirono cimase di coronamento di palazzi; l'articolazione di morbide linee verticali e orizzontali o decorazioni a matrice geometrica modellarono ringhiere di balconi e inferriate di finestre.
Tutto ciò risultò lontano dai problemi di risoluzione strutturale e di compiutezza formale che caratterizzarono il nuovo stile.
PALAZZO DEL MUNICIPIOIn alcuni casi le decorazioni interessarono l'intero edificio, come nel caso del palazzo delle Poste, in cui lo stile Liberty è presente in ogni elemento dell'edificio, e persino nell'arredo interno, visibile nelle vetrate colorate, nelle inferriate e nelle balaustre dello scalone.
Altri esempi possono essere colti negli edifici di via XXX Gennaio, via Ammiraglio
Staiti, via della Giudecca, via Carolina e nei negozi in corso Vittorio Emanuele, e infine nella Casina delle Palme.
L'artigianato continuò a svilupparsi, ma l'industria del corallo iniziò una lenta discesa, cedendo il primato a Livorno e a Torre del Greco.
Nel campo della scultura ricordiamo: Leonardo Guida, incisore di cammei; Giuseppe Cafiero, ricostruttore di alcuni Gruppi dei Misteri; Domenico Li Muli, che eseguì il gruppo raffigurante il Tritone per la piazza Vittorio.
Tra i pittori citiamo: Giuseppe Saporito e Giovanni Lipari, paesista; Pietro Croce, ritrattisti.
I problemi affrontati dalla civica Amministrazione furono principalmente quattro: il problema dell'illuminazione, per il quale il comune si rivolse alla società “The Malta and Mediterranean Gas Company Limited” che doveva garantire la fornitura di gas, che dopo il 1900 fu sostituito dall'energia elettrica; il progetto della strada ferrata che collegava Trapani – Palermo, fu affidato ad una compagnia inglese nel 1875, ma i lavori iniziarono solo quattro anni dopo e furono finiti nel 1890. Per la costrizione della ferrovia fu occupato un settore della salina del Collegio e bonificata al zona retrostante.
Nel 1880 per fornire un collegamento più diretto con Palermo fu iniziata la costruzione della linea “via Milo” che fu terminata nel 1937; il problema idrico, fu in parte risolto con la costruzione dell'acquedotto Dammusi, grazie a Nunzio Nasi e Tommaso Mauro, per l'inaugurazione dell'acquedotto fu costruita a Piazza Vittorio la grande fontana; l'istituzione del primo servizio di trasporto urbano del 1892 con i tram trainati da animali, venne elettrificato nel 1911, grazie all'istituzione della “Società Tramwais Trapanese”, che creò una linea che partendo dalla via Carolina, attraversava tutto il centro storico e la zona nuova fino alle Fontanelle.

I recenti interventi urbanistici

Le vicende urbanistiche di Trapani del XX sec. portarono la città ad un lento degrado, causando interramenti del porto, sventramenti del centro storico, la crescita non programmata delle nuove zone d'espansione.
Nel 1920 fu prosciugato un tratto di mare dietro il convento di S. Francesco d'Assisi.
Nel 1950 venne redatto il piano di ricostruzione del rione di S. Pietro, che per la sua vicinanza col porto era il più danneggiato.
Il progetto, redatto dal prof. Edoardo Caracciolo, prevedeva la ramificazione dell'edilizia esistente e l'apertura di una grande arteria che, collegandosi con la via Virgilio, indirizzava nel centro storico parte del traffico proveniente dalle statali 113 e 115.
Il piano prevedeva la demolizione della stazione ferroviaria, per evitare ciò fu aperta l'attuale Corso Italia, che modificò l'aspetto della parte più antica della città, determinando una censura della continuità del quartiere e della sua visione integrale.
Il nuovo tessuto sembra in un primo momento rispettare le emergenze monumentali, in realtà invece grandi palazzi nobiliari, monasteri e conventi vennero stravolti.
Nel centro storico vige tuttora il piano Caracciolo che permette ancora la sostituzione degli antichi edifici con nuove strutture per niente congrue con quelle esistenti.
Anche nella parte nuova della città è ancora in vigore il piano del 1970, approvato dall'ing. De Maria, anche qui il regolamento edilizio non rispetta gli standard urbanistici e quindi i rapporti tra le zone verdi, i servizi e l'abitato, con forti concentrazioni del tessuto edilizio.
Tutti questi problemi rimangono irrisolti anche a causa dell'assenza di un piano regolatore.
Esclusivo è il piano regolatore del porto, il piano prevede il potenziamento delle strutture portuali, la costruzione di terminals ferroviari, nuove banchine nella zona del Ronciglio e ulteriori settori per le attività pescherecce e per il traffico turistico.
Tuttavia queste nuove strutture tendono a snaturare il paesaggio locale allontanando peraltro il mare soprattutto nella zona di Mezzogiorno, che da sempre aveva costituito il lungomare trapanese.
Gli sventramenti del centro antico, la disordinata espansione dalla città, le alterazioni dell'ambiente circostante hanno provocato una rottura tra l'uomo e il suo passato.
Anche le originarie caratteristiche formali della città sono cambiate.
Il territorio che prima era caratterizzato da morbide linee di coste e da isolette appena affioranti dal bassofondo marino, ha subito notevoli modifiche col passare dei secoli a causa dell'intervento dell'uomo, e oggi si presenta quasi totalmente atropizzato, diverso oltre che nella visione totale anche nella stessa struttura.