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Trapani - La Storia




STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 5
Lo splendore Barocco a Trapani

Le realizzazioni secentesche
Il Settecento
La struttura della città

Possiamo definire il XVII sec. un epoca di difficoltà economiche, di svalutazioni monetarie e di deficit nei redditi governativi, che portarono molti malcontenti tra il popolo.
Nel presente secolo, il Senato insieme al Consiglio generale rappresentava l'amministrazione civile; il primo era rappresentato da quattro Giurati eletti annualmente, e il secondo, anch'esso aggiornato ogni anno, era formato dai rappresentanti di diverse classi sociali.
Nell'amministrazione finanziaria era a capo il regio Secreto, mentre a capo di quella militare vi era il Governatore, supremo comandante della Piazza d'Armi.
Il 600' fu il periodo delle ribellioni a causa della fame, ed inoltre, ad aggravare la condizione internazionale si aggiunsero le lunghe carestie che colpirono il Paese.
Proprio per questo durante il questo secolo si verificò un forte aumento dei prezzi del grano, dell'olio e di altri generi essenziali; ciò provocò la nascita del mercato nero.
Così, mentre le paghe degli operai e degli artigiani rimasero invariate, i prezzi dei generi di primaria importanza salirono vertiginosamente, creando condizioni di miseria nella classe lavoratrice.
In questo momento traspare il disordine della pubblica annona e la situazione sofferente del popolo affamato.
Una delle cause principali dei numerosi moti fu la mancanza di frumento, la cui provvista, durante il periodo di carestia, fu resa difficile da parte del Senato e del Depositario della “negotiatione frumentaria”, un ufficio di annona comunale creato dai Municipi, che provvedeva alla scorta dei prodotti di primaria importanza.
Le merci erano tenute in appositi magazzini detti “caricatoi”, ma bastava il deterioramento dei prodotti agricoli anche in un solo magazzino che l'equilibrio dell'economia cittadina si spezzava, favorendo l'insorgere di rivolte.
Quest'ultime scoppiavano sulla spinta delle Maestranze, che approfittando del disagio popolare, si mettevano a capo della rivolta con lo scopo di entrare a far parte della vita politica al fine di poter ottenere la riforma della pubblica annona.
Nel 1671 una grave carestia colpì Trapani, scatenando forti proteste tra i poveri, che dovettero comprare il pane ad un prezzo elevato.
Questa rivolta vide l'unione del popolo con le Maestranze contro i Giurati, che venivano accusati di non aver provveduto in tempo all'acquisto di un'adeguata quantità di frumento in vista della carestia.
La situazione si stabilizzò solo nei primi mesi del 1673, quando il viceré Lamoraldo, con un deciso intervento condannò a morte i capi rivoluzionari.
In particolar modo a sollecitare la rivolta fu la classe degli Artisti che uniti ai corallai lottarono per raggiungere la loro autonomia.
A capo della rivolta si pose don Giovanni Fardella, e quando il viceré principe di Ligny apprese la notizia, mandò il suo delegato, il funzionario Martinelli, che assieme al vescovo di Mazara, mons. Giuseppe Cicala, doveva controllare l'operato dei Giurati e riportare un contesto pacifico.
L'inchiesta si concluse con l'accusa e la deposizione della carica di alcuni amministratori, i quali in seguito, su richiesta di Girolamo Fardella, furono arrestati.
Martinelli, incoraggiò i rivoltosi ad avanzare altre richieste che in seguito furono accettate, provocando fra i nobili parecchie tensioni tanto che alcuni decisero di espatriare.
A causa delle lunghe e dispendiose guerre, le casse dello stato entrarono in crisi, così per rifarsi delle spese, il governo spagnolo mise in vendita i titoli nobiliari.
Nacque così un conflitto tra nobili di serie “A” e nobili di serie “B”, con i primi attenti a non fare accedere i secondi nella loro cerchia di potere, impedendogli inoltre di entrare a far parte della confraternita dei Bianchi, dove questi si iscrivevano per svolgere opere di assistenza.
In questo periodo fra i nobili vediamo gi Aiuto, gli Amari, gli Amato, i Bruno, i Caraffa, i Grimaldi, i Provenzano, i Sieri Pepoli, gli Osorio, gli Staiti, i Foresta ecc..
Nel XVII sec. l'economia trapanese fu messa a dura prova poiché, una qualsiasi crisi di esportazione o di produzione che sconvolgeva i traffici del porto, si riversava sull'intera città.
In questo secolo i prodotti principali dell'industria erano i cordami, il tonno e i suoi derivati, la pasta alimentare, i formaggi, i cuoi conciati, i fusti per il pesce salato e per il vino.
Di particolare rilievo fu la produzione vinicola locale che veniva esportata anche a Marsala.
In crisi era invece il settore del sale, che registrò una forte diminuzione della richiesta per l'immissione sul mercato di un altro minerale a minor prezzo.
Le conseguenze furono il danneggiamento delle saline e gli effetti economici sulla manodopera impiegata.
Contrariamente, l'agricoltura ebbe un nuovo impulso, a questo contribuì anche la formazione di piccoli villaggi; centri di residenza per gli agricoltori, come il piccolo borgo rurale di Paceco sorto nel 1607.
L'attività portuale subì invece un calo, a Trapani, nonostante le opere di potenziamento fatte, come la costruzione del molo di Ronciglio e di altre piccole banchine, i traffici commerciali non ebbero più contatti con gli altri paesi, ma si limitarono nel solo ambito siciliano.
Anche il mercato degli schiavi, iniziato alla fine dell'impero romano ed esteso durante il Medioevo in gran parte d'Europa, ora era in crisi.
A Trapani questo mercato fu molto redditizio, ebbe sede nel rione Casalicchio presso la piazza dei Saraceni, in fondo alla via Giudecca dal 1300 al 1600, in seguito invece si spostò nella “pubblica loggia”.
Le donne venivano impiegate nei lavori domestici, mentre gli uomini erano adibiti ai lavori nei campi, nell'estrazione del sale, nei servizi di bottega e nella costruzione di opere portuali o stradali.
Molti furono i trapanesi fatti schiavi dai musulmani durante le crociate: pescatori sorpresi in mezzo al mare durante la pesca, operai, artigiani e borghesi catturati durante le incursioni barbariche.
I nomi dei corsari Khair ed Din, detto Barbarossa per il colore della sua barba, di Agomat Pascià e di Dragut, divennero leggendari e per secoli terrorizzarono intere popolazioni, quando riuscivano a penetrare nelle città spogliavano e radevano al suolo numerose abitazioni, inoltre impiccavano e catturavano gli abitanti.
A Trapani, grazie alle fortificazioni e al coraggio degli abitanti, i corsari non riuscirono mai ad entrare.
Essi venivano chiamati genericamente Turchi o Saraceni, ma non sempre erano tali: potevano essere rinnegati calabresi, napoletani, veneziani, spagnoli, inglesi e francesi, che saccheggiavano per arricchirsi e rapivano le persone per poi chiedere grossi riscatti.
Generalmente si spostavano con navi piccole e leggere (galeotte, fuste, feluche), comandate dal rais.
Contro le loro invasioni venivano innalzate torri di vedetta lungo le coste, castelli nei punti strategici e i porti venivano muniti di bastioni.
Per il riscatto dei cristiani prigionieri e l'assistenza alle loro famiglie fu istituita a Trapani l'Opera di Redenzione dei Captivi, che ebbe sede nel convento dei Padri Mercedari.
Il denaro utilizzato per saldare i riscatti veniva raccolto dai cittadini e una buona parte era donato dalla Marineria trapanese che cercava in questo modo di spronare l'animo dei cittadini e invogliarli a donare il denaro per i riscatti dei confratelli fatti schiavi.

Le realizzazioni secentesche

Risale al 1673 la relazione, accompagnata da disegni illustrativi, nella quale il Principe di Ligny descrive le condizioni in cui trovò le fortificazioni di Trapani, Siracusa, Catania e Augusta, quando divenne capitano generale del regno di Sicilia e le modifiche da lui apportate in seguito.
Nel 1611 il Luogotenente del regno pubblicò i bandi per la costruzione delle torri difensive di Cofano e di Scopello e nel 1665 furono appaltati i lavori per la manutenzione delle fortificazioni e dei seguenti bastioni: Epifania, Castello di Terra, S. Giacomo e la Colombaia.
Lo scenario dei fortilizi della città secentesca si presentava così: a levante, oltre al Castello di Terra, si trovava la Caserma degli spagnoli con il Bastione dell'Impossibile; a mezzogiorno, fra il Forte di S. Francesco detto anche Epifania e il Bastione dell'Impossibile si trovava il Baluardo di S. Giacomo vicino la porta omonima; a tramontana si ergeva il baluardo dell'Imperiale detto anche Sant'Anna, e nella lingua di terra protesa verso il mare detta “Pietra Palazzo” la Torre di Ligny, costruita nel 1671.
Oltre alla costruzione di baluardi la città fu ornata di nuovi palazzi, chiese e conventi, infatti anche se in questo periodo Trapani è segnata da una profonda crisi essa subisce trasformazioni che ne cambieranno l'aspetto.
Solo adesso le due arterie principali, la Rua Grande (corso Vittorio Emanuele) e la Rua Nova (via Garibaldi), acquistano importanza all'interno della scena urbana: non sono più viste solo come strumento funzionale alla percorrenza, ma diventano veri e propri luoghi d'incontro.
Esse riscattano l'uso tradizionale della piazza, quasi assente nella struttura urbanistica della città.
La Rua Nova mostra già nel 600' l'importante ruolo assunto nel contesto urbano, mentre sulla Rua Grande, con a capo il Palazzo Senatorio simbolo e sede del potere cittadino, si concentrano case di nobili e istituzioni religiose.
Inoltre il quartiere della Giudecca venne anche chiamato dei “Quartarari vecchi”.
RUA GRANDEFin dal quattrocento il numero delle porte d'ingresso delle città rimase invariato, mentre fu tracciata e lastricata la nuova strada che dalla città portava al Santuario della Madonna di Trapani, in seguito per proteggere i pellegrini dal sole o dalla pioggia la strada fu arricchita di archi.
Agli inizi del XVII sec., la Sicilia ci appare ancora caratterizzata dalla dominazione spagnola e da una arretratezza culturale rispetto alle altre regioni italiane.
Con il nuovo secolo però questo ritardo, soprattutto in architettura, comincia ad essere recuperato, a dispetto del difficile quadro politico ed economico che vede contrapporsi aristocratici e clero impegnati a difendere i propri privilegi, si assiste a Trapani ad una intensa attività edilizia, mirata sia alla costruzione di nuove strutture sia alla trasformazione delle antiche che così vennero adattate al nuovo stile.
Da un disegno a penna della fine del XVII sec. si evince l'intensa attività edilizia trapanese: una sequenza continua e fitta di edifici ed il profilo, segnato dalle sagome di cupole, torri e guglie ci mostrano già il grande stile Barocco.
Le nuove espressioni architettoniche risentono fortemente l'influenza della professionalità di ascendenza romana infatti, il nuovo stile Barocco romano, introdotto da giovani architetti formatisi nelle scuole della capitale, si intreccia con l'esperienza e tradizione delle maestranze locali, sia maestri di muro che intagliatori, assumendo un linguaggio coerente e originale.
É possibile vedere la cultura barocca siciliana soprattutto negli elementi più visibili e negli spazi pubblici degli edifici, li troveremo quindi nei portali d'ingresso, nei balconi, negli scaloni, e nei saloni delle feste, praticamente negli ambienti destinati alle relazioni pubbliche.
In perfetta sintonia con la poetica secentesca essi si mostrano in tutto il loro fasto e magnificenza, sorprendendo e meravigliando lo spettatore con effetti scenografici.
Ora l'attenzione si concentra soprattutto nelle trasformazioni e abbellimenti di facciate, dove il fattore predominante è l'elemento portale-balcone, risolto a volte con l'utilizzo di colonne serrate da fasce bugnate di stampo manierista, o sormontate dello stemma, altre con mostre e mensole riccamente intagliate da mastri locali o con colonne tortili su alti plinti.
PALAZZO STAITIIl modello edilizio utilizzato per il Palazzo è quello con il cortile interno di tradizione italiana.
Tra gli edifici modificati e abbelliti in questo periodo troviamo: Palazzo Staiti, nel quale i nastri di bugne presenti nel portone risultano quasi un elemento artificiale di contrasto sulla facciata levigata; Palazzo dei Baroni della Chiusa in via Mercè e Palazzo Riccio baroni di S. Gioacchino.
Quest'ultimo presenta un portale a cunei di gusto catalaneggiante, finestre ornate di intagli e figurazioni in tufo, un balcone centrale con mensole rappresentanti volti umani grotteschi e un cortile in cui la ristrettezza dello spazio viene risolta con arcate depresse dei primi due ordini sovrapposti.
Uno degli esempi più importanti del Barocco trapanese è l'ingrandimento del Palazzo Senatorio, ad opera di Giacomo Cavarretta, dal quale l'edificio prese il nome.
Il Palazzo si arricchì del magnifico prospetto tipicamente Barocco, con un telaio di colonne libere sormontato da una mensola allungata, al posto del pulvino, che emerge sulla facciata.
Riguardo alle strutture religiose, accanto alla tradizionale basilica tripartita da colonne ne troviamo una la cui matrice è ricavata dallo spazio armonico degli edifici religiosi romani.
PALAZZO SENATORIONella prima metà del seicento, Trapani è ancora caratterizzata da forme classiche cinquecentesche o manieristiche, evidenti dalle planimetrie squadrate di alcune chiese: ne è un esempio la chiesa di S. Francesco d'Assisi, a navata unica presenta un breve transetto e un'alta cupola, essa fu progettata dal francescano padre Bonaventura Certo secondo lo schema catechistico utilizzato dall'ordine gesuitico; e la chiesa di S. Lorenzo, progettata dallo stesso padre, è divisa in tre navate intervallate da massicce colonne marmoree.
Il primo Barocco è ancora legato al gusto cromatico spagnolesco, con la prevalenza delle intonazioni di colore sugli effetti plastici: tarsie policrome di marmo sugli altari, intagli e colonne tortili, modulazioni chiaroscurali create dall'alternanza di pieni e vuoti.
Ciò si può vedere all'interno della chiesa della Madonna del Soccorso, conosciuta come Badia Nuova, realizzata nella metà del secolo; e nel portale della chiesa del Carminello.
Un ruolo importante, tra le realizzazioni religiose del 600', ebbe l'impianto gesuitico.
CHIESA DEL CARMINELLO
Dopo il trasferimento provvisorio nei locali vicino alla chiesa di S. Michele, all'interno delle mura, l'ordine, grazie alla sua influenza, si insediò anche nelle zone più centrali della città.
La costruzione del loro complesso fu autorizzata nel 1596.
Questo, secondo lo schema del “modo nostro” indicato dall'autorità centrale, oltre alla chiesa doveva comprendere anche i locali per i religiosi e quelli destinati alle scuole.
La strada però, che divideva i due isolati occupati dai gesuiti, non permetteva al realizzazione di un unico complesso; così il rettore della compagnia, nel 1606 avanzò una richiesta al Senato, che in seguito acconsentì alla chiusura della strada.
L'intero progetto del complesso, che pur rispettando l'intelaiatura classica dell'ordine architettonico ci dà un'immagine diversa dalla tradizione tardo rinascimentale, viene attribuito all'architetto gesuita Natale Masuccio, che in quegli anni soprintendeva all'edilizia dell'ordine gesuita nella provincia di Trapani.
Il prospetto è infatti caratterizzato da vigore chiaroscurale e membrature plastiche che preparano l'esplosione degli addobbi marmorei barocchi.
Al Masuccio ne è attribuita con certezza la parte inferiore, che si presenta scandita da un ordine di paraste modinate, ed è conclusa in alto da una cornice contrassegnata da grossi mascheroni, su di essa mediante grandi volute è raccordato il secondo ordine più ricco di elementi decorativi.
Lo spazio interno è suddiviso in tre navate, e per la prima volta viene utilizzata, non più la tradizionale ripetizione di archi su colonne, ma quella di archi collegati da brevi tratti di architrave secondo una configurazione a serliana.
Il progetto però prevedeva spazi più ampi di quelli effettivamente disponibili, così fu necessario realizzare altari incassati nello spessore del muro al posto di cappelle laterali.
Ad occuparsi, sul cantiere, della costruzione del complesso, che si protrasse per oltre un secolo, troviamo gli architetti sacerdoti Pietro Castro e Paolo Rizzo ed il capomastro Francesco Pinna.
Anche gli Agostiniani Scalzi, arrivati a Trapani nel 1613, e dopo varie sedi provvisorie ottennero, nel 1621 la chiesa e le case della Confraternita di S. Maria dell'Itria.
CHIESA DEL COLLEGIO DEI GESUITISuccessivamente nel 1692 iniziarono i lavori per la costruzione di un grande convento dedicato a Gesù, Maria e Giuseppe, ingrandendo in questo modo l'originaria chiesa; i lavori furono terminati nel 1745.
Lo schema planimetrico è simile alla chiesa del Collegio e ugualmente divisa in tre navate.
La facciata, ormai barocca, attribuita a Pietro Castro, è caratterizzata da una largo uso di colonne estradossate su alti plinti e da un coronamento a timpano spezzato.
Altri conventi realizzati nel XVII sec. furono: il Convento di Sant'Anna con l'annessa chiesa, costruiti dai padri francescani venuti a Trapani nel 1619; e il Convento con la chiesa di S. Maria della Mercede, fondati dai PP. Mercedari nel 1670, sono ubicati nella via XXX Gennaio.
Furono 9 gli edifici sacri che sorsero in città: la chiesa di S. Girolamo, in via G.B. Fardella; la chiesa di S. Leonardo lo “piccolo”, in mezzo alle saline; la chiesa di S. Maria della Grazia, appartenente ai pescatori del “Casalicchio”, nella via omonima; la chiesa di Maria SS. del Rosario, incorporata al convento dei PP. Domenicani; la chiesa del Purgatorio; la chiesa dell'Immacolatella, in via S. Francesco d'Assisi; la chiesa di S. Liberale, ubicata nel viale Torre di Ligny, affidata ai pescatori corallini; la chiesa del SS. Sacramento, in via Gen. D. Giglio, oggi chiusa al culto; e al chiesa di S. Alberto, raro esempio di chiesa barocca a pianta centrica, ubicata in via Garibaldi.
CHIESA DI S. ALBERTOQuest'ultima fu iniziata nel 1681 e ultimata attorno al 1700.
Lo spazio interno privilegia leggermente l'asse longitudinale, che è caratterizzato da lesene, e concluso in alto da una cupola raccordata ai catini dalle quattro esedre terminali.
Oltre a chiese e conventi in città sorsero anche i conservatori femminili: Reclusorio dell'Addolorata con relativa chiesa, ubicato in Corso Vittorio Emanuele; ed il conservatorio di Gesù, Maria e Giuseppe, detto della “Badiella”, ubicato in via Badiella - via Aperta, e fondato da Angela Fardella e Angela Zuccalà per il ritiro delle nobili donne.
Tra la fine del 600' e gli inizi del 700' l'architettura trapanese si orienta ormai sugli effetti del pieno gusto Barocco, dove le membrature e i chiaroscuri definiscono il valore plastico delle superfici.
Di particolare importanza per la cultura trapanese sono i Misteri, protagonisti della processione del Venerdì Santo.
Inizialmente conservati nella chiesa di S. Michele e poi nella chiesa del Purgatorio, i Misteri sono il risultato di una forma d'arte popolare diffusa nei secoli XVI e XVII, in tutte le regioni italiane in particolar modo al sud.
Essa è una via di mezzo fra la realizzazione artigianale e l'espressione artistica; una continua ricerca del realismo espressivo, che si traduce nella produzione laica nell'opera dei pupari, la cui tradizione di origine spagnola proviene dal napoletano.
I personaggi dei Misteri sono costruiti con la tecnica del legno, tela e colla.
La processione dei Misteri consiste nel trasportare tra le vie della città le 20 vare, piattaforme su cui poggiano le statue in legno, tela e colla, portate a spalla dai massari con una caratteristica andatura: l'annacata.

Il Settecento

Il XVIII sec. vede svilupparsi, in campo economico, l'industria del sale e la lavorazione artigianale del corallo.
Il periodo più fiorente per la produzione del sale fu sotto la dominazione sabauda, quando grazie all'aumento delle richieste il mercato si stabilizzò su prezzi alti.
L'attività portuale si rinnovò concentrandosi quasi esclusivamente sull'esposizione del minerale.
L'aumento di produzione non fu dovuto solo alla crescita del numero delle saline, ma anche all'introduzione di nuove macchine.
Prima del 700' infatti per il funzionamento delle saline era necessaria l'energia di uomini e animali, in questo secolo invece vengono prodotte nuove macchine industriali in grado di facilitare il lavoro degli operai.
Nacque così il mulino di forma di torre tronco-conica che con le grandi pale bianche traeva dal vento l'energia necessaria a far muovere i meccanismi interni.
L'utilizzo del mulino a vento suscitò un notevole interesse tanto che si volle estendere, alla fine del 700', la sua funzione nella lavorazione dei cereali.
Naturalmente questo provocò reazioni di protesta da parte della Corporazione dei mugnai che temevano, a causa della nuova tecnologia, di perdere la loro tecnica di molitura, affidata alla MULINOtradizione animale.
Si formarono così due parti opposte da un lato i “conservatori”, i mugnai che chiedevano al governo non solo di impedire la costruzione di nuovi mulini a vento, ma di distruggere anche quelli esistenti, e dall'altro i “progressisti”, che erano invece favorevoli.
Il risultato fu un rapido crollo della corporazione e i quartieri in cui operavano i serragli, luogo in cui i maestri molitori tenevano gli animali da soma e macinavano il frumento, furono ristrutturati solo nell'800'.
I più importanti erano: il serraglio di S. Pietro, che occupava un lotto lungo e stretto confinante con la caserma degli spagnoli, e il serraglio di S. Agostino a sud del convento omonimo.
Tra gli impianti più importanti e meglio organizzati c'era al salina del Collegio, economicamente gestito direttamente dagli stessi gesuiti.
Quando nel 1767, i gesuiti furono espulsi dall'isola, la salina diventò proprietà della regia corte, che imponendo diritti di priorità d'acquisto, danneggiò notevolmente gli altri produttori.
Un altra attività altrettanto fiorente fu la pesca e al lavorazione del corallo.
Questa tradizione già sviluppata nel 600' raggiunse nel XVIII sec. un alto livello di espressione artistica.
Numerose botteghe di corallari si aprirono lungo la via Scuderi, attuale via Torre Arsa.
Esse rappresentavano vere e proprie scuole d'arte, dove i maestri con passione trasmettevano ai loro allievi le conoscenze e i segreti della lavorazione di questo magnifico celenterato, considerato dalla tradizione pagana il sangue pietrificato della medusa, mentre dal mondo cristiano il sangue di Cristo.
Di contro invece nessun miglioramento ci fu nel campo industriale, perché i patrizi preferirono investire il loro denaro in beni che assicurassero loro una profitto stabile e sicuro.
Il XVIII sec. vede un forte aumento della popolazione trapanese che da 16.000 passò a 30.000 abitanti.
L'aumento della richiesta di alloggi fece concentrare l'attenzione sulle aree interne edificabili.
Per esigenze militari, le costruzioni si dislocarono nel quartiere di Mezzo e quello di Pietra Palazzo, dove al fine di permettere il congiungimento della Torre di Ligny con la Rua Grande fu costruita la via Carolina, in omaggio alla moglie del re Ferdinando I.
Inoltre, il crescere delle associazioni religiose, determinò la realizzazione di numerose scuole o Collegi dai quali uscirono uomini dotti che diedero lustro alla città dal campo delle lettere a quello delle scienze e delle armi.
In città spiccarono: Alberto e Michelangelo Fardella, come filosofi; Vincenzo De Nobile e Vito Catalano, come storici; Giuseppe Barlotta e Antonio Castronovo, come matematici; e Leonardo Ximenes, come astronomo.
Nel campo delle arti troviamo invece: Giuseppe Scuderi, Alberto Di Vita e Pietro Ancona, come scultori; e fra i pittori Domenico La Bruna e Andrea Marrone.
L'attività edilizia privata, non solo si sviluppo, ma contribuì ad abbellire e modificare, anche se in parte, la toponomastica della città, che fino al XIX sec. rimase invariata.
Al posto di vecchi palazzi ne sorsero altri più grandi, molti di questi come il Palazzo Mokarta (piazzetta Matteotti), il Palazzo del duca Saura (via Garibaldi), il Palazzo dei signori di Milo (via Garibaldi) e altri, furono abbelliti sotto l'influenza barocca, piccoli e antigenici agglomerati di baracche furono distrutte e al loro posto eretti splendidi edifici.
Ne si trascurò la parte ornamentale: a Piazza Lucatelli fu eretta la statue in onore di Vittorio Amedeo di Savoia, ad opera di Giacomo Tartaglia, un monumento su disegno dell'architetto Amico, sorse sotto il Bastione di S. Francesco d'Assisi, in onore di Filippo V, ed un terzo dello stesso architetto, fu eretto a piazza Marina, in onore di Carlo III; questi monumenti furono però distrutti durante le rivoluzioni successive.

La struttura della città

Un censimento datato 1748, conservato tra gli atti del Senato, mostra la struttura urbana di Trapani nel XVIII sec.
Il documento presenta una divisione dell'abitato in isolati, nei quali attraverso una numerazione sono indicate le unità edilizie e i rispettivi proprietari.
La città risulta divisa in due parti: la prima, formata dai quartieri di S. Nicolò e S. Pietro e le proprietà sulla Rua Nova; l'altra definita come quartiere di S. Lorenzo, comprende la zona occidentale di Trapani.
Le singole isole prendono spesso il nome da un elemento importante in esse contenuto, o compare solo il nome del proprietario o vengono addirittura chiamate secondo le caratteristiche del luogo.
Nel documento non vengono indicati i nomi delle strade quindi si presume che le unità non siano indicate secondo il numero civico, ma in relazione al loro giro orario o antiorario attorno all'isolato, facendo riferimento ai punti cardinali per individuare i vari lati.
Inoltre per ogni particella è espressa la funzione d'uso: Palazzi nobili (Palazzo); le case di abitazione (casa, casa con studij, casa terrana, casa grande); gli edifici religiosi (Chiesa, Chiesuola, Reclusorio, Cappella, Monasterio, Convento); i negozi (Potega, Speziaria, Furno); i magazzini (Magazeno, Fundaco, Schifezaria) ecc...
La struttura delle abitazioni interne alla città risulta basata sui vuoti interni: atri e giardini nei palazzi nobili, e cortili nelle abitazioni più modeste.
Quest'ultimi di origine islamica rappresentavano spazi privati sui quali si affacciavano magazzini, abitazioni e botteghe artigiane.
Diversa si presenta invece la struttura delle zone addossate alle mura, essa è formata da lunghi isolati divisi da numerosi percorsi assumendo una configurazione a pettine.
Importante, all'interno del tessuto urbano, era l'attuale piazzetta Notai e le strade ad essa convergenti, dove si concentravano gli istituti bancari.
La Rua Nova e al Rua Grande assumono diverse tendenze, mentre la prima, per la maggior concentrazione di abitazioni nobili, è il posto favorito per stabilire dimora, la seconda assume più le caratteristiche di un'arteria commerciale, pur riportando la presenza del palazzo Senatorio e della Cattedrale.
Già iniziato nel secolo precedente, il processo barocco si prolunga anche nel 700', esprimendosi con il rinnovamento dei Palazzi nobili, nella ristrutturazione di edifici religiosi, nell'attenzione per la componente scenografica urbana.
Il linguaggio è quello di un Barocco maturo di derivazione borrominiana, che influenzato dall'arte locale ha elaborato una stile più originale.
Nell'edilizia civile, sia nei palazzi nobili che negli edifici con funzioni pubbliche e sociali, l'attenzione si riconcentra sugli elementi decorativi, la ricchezza dagli intagli e l'abbondanza di ornamenti; si ha dunque un ulteriore evoluzione di motivi già maturati nel corso del XVII sec.
Rispetto al periodo precedente però, si nota in ville e palazzi una caratterizzazione tra spazi privati e spazi pubblici.
Fra i numerosi edifici costruiti o ristrutturati nel corso del 700' ci sono: il Palazzo del Barone della Cuddia, nella Rua Nova, oggi scomparso, è caratterizzato dalla diffusa presenza di intagli e figure in tufo riccamente lavorate; il Palazzo di Don Giovanni Ferro, lungo la Rua Grande, e quelle del Barone Mocarta, sulla piazzetta omonima.
A caratterizzare i prospetti dei Palazzi di Don Berardo Ferro e di Don Giuseppe Rizzo barone di Arcudaci, sulla Rua Grande, e quello del Barone Milo sulla Rua Nova, è ancora una volta l'elemento portale-balcone, che nel 1758 fu adottato analogamente nel nuovo prospetto dell'Ospedale di S. Antonio, ad opera degli architetti Paolo Rizzo e Vincenzo Liotta.
Riguardo all'edilizia religiosa, le strutture chiesistiche che prevalgono sono: l'impianto longitudinale, l'impianto centralizzato e la combinazione di entrambi.
Le facciate vanno, invece, dal tipo retto e squadrato della tradizione a quello ondulato ripreso dal linguaggio romano.
Tra gli architetti più in vista emerge la figura di Giovan Battista Amico.
Egli apprese le sue conoscenze di architettura sulle opere dei trattatisti, ma soprattutto dall'osservazione diretta dei manufatti.
Durante la sua lunga carriera professionale, che lo vide architetto del Senato di Trapani e architetto regio, egli realizzò numerose opere delle quali lasciò un elenco nel suo trattato intitolato “L'Architetto Prattico”.
Le sue realizzazioni più importanti e significative sono i prospetti delle chiese di S. Lorenzo e del Purgatorio e lo scenografico interno della chiesa dell'Immacolatella.
Il prospetto della chiesa del Purgatorio, degli anni 1712-14, rappresenta il suo primo lavoro .
In esso sono già presenti i temi che caratterizzeranno le sue successive opere: l'andamento ondulatorio, qui ottenuto non con l'uso di curve, ma di una spezzata; gli elementi plastici, come statue, nicchie, balaustre, e colonne a tutto tondo; e il recupero della classicità nel modo di organizzare l'ordine architettonico.
Il prospetto s'imposta sul tema dei tre ordini architettonici sovrapposti, il terzo, che funge da loggia campanaria, diventa un elemento scenografico, per il largo uso della decorazione scultorea.
CATTEDRALE S. LORENZOAltrettanto importante è la chiesa di S. Lorenzo, diventata a quei tempi modello per le chiese madri delle altre città, fu modificata dall'Amico, con la realizzazione del prospetto, di alcune cappelle e l'inserimento della cupola.
La facciata presenta un primo ordine a portico e un secondo, che arretrato e bloccato lateralmente da due campanili, segue il tema della parete ondulata.
La cupola invece, è segnata da quattro rotonde torri, poste sugli angoli del quadrato di base.
Riguardo all'interno dell'Immacolatella, grazie all'articolarsi di archi, paraste, linee e cornici in stucco, viene a crearsi uno spazio sfarzoso come una scenografia per le funzioni liturgiche.
La luce che proviene dall'alto, creando ombre e luminosità, accentua maggiormente il carattere magico dell'interno.
Tra le sue opere ancora esistenti ricordiamo inoltre: la Cappella di S. Ignazio nella chiesa del Collegio; la Cappella del Crocifisso e l'oratorio della compagnia segreta della Mortificazione, detto la Ficarella, entrambi nel complesso conventuale di S. Domenico.
Le altre chiese edificate in questo periodo sono: la chiesa di Sant'Anna ubicata di fronte al Convento omonimo; la chiesa denominata del “Fosso” o di “L'Armiceddi”, situata sotto le trincee del Castello di Terra; la chiesa del Carminello, sita in via Garibaldi, appartenente alla compagnia del Carmelo; il Convento dei PP. Crociferi con l'annessa chiesa di S. Maria della Lettera, in via Crociferi; e infine il Reclusorio delle Orfane che venne ingrandito e dotato delle chiesa intitolata a S. Spirito.
Solo alla fine del secolo con le scoperte di Ercolano e Pompei si tende più ad una “restaurazione dell'antichità”, ciò fa si che a Trapani si registri l'adesione al Neoclassicismo.
Architettura di transizione, già tendente a motivi neoclassici è il Palazzo del Barone Morano, realizzato su disegno attribuito ad Andrea Giganti.

Trapani - La Storia




STUDIO DI TRAPANI DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI
ITINERARI ARTISTICO CULTURALI

CAPITOLO 5
Lo splendore Barocco a Trapani

Le realizzazioni secentesche
Il Settecento
La struttura della città

Possiamo definire il XVII sec. un epoca di difficoltà economiche, di svalutazioni monetarie e di deficit nei redditi governativi, che portarono molti malcontenti tra il popolo.
Nel presente secolo, il Senato insieme al Consiglio generale rappresentava l'amministrazione civile; il primo era rappresentato da quattro Giurati eletti annualmente, e il secondo, anch'esso aggiornato ogni anno, era formato dai rappresentanti di diverse classi sociali.
Nell'amministrazione finanziaria era a capo il regio Secreto, mentre a capo di quella militare vi era il Governatore, supremo comandante della Piazza d'Armi.
Il 600' fu il periodo delle ribellioni a causa della fame, ed inoltre, ad aggravare la condizione internazionale si aggiunsero le lunghe carestie che colpirono il Paese.
Proprio per questo durante il questo secolo si verificò un forte aumento dei prezzi del grano, dell'olio e di altri generi essenziali; ciò provocò la nascita del mercato nero.
Così, mentre le paghe degli operai e degli artigiani rimasero invariate, i prezzi dei generi di primaria importanza salirono vertiginosamente, creando condizioni di miseria nella classe lavoratrice.
In questo momento traspare il disordine della pubblica annona e la situazione sofferente del popolo affamato.
Una delle cause principali dei numerosi moti fu la mancanza di frumento, la cui provvista, durante il periodo di carestia, fu resa difficile da parte del Senato e del Depositario della “negotiatione frumentaria”, un ufficio di annona comunale creato dai Municipi, che provvedeva alla scorta dei prodotti di primaria importanza.
Le merci erano tenute in appositi magazzini detti “caricatoi”, ma bastava il deterioramento dei prodotti agricoli anche in un solo magazzino che l'equilibrio dell'economia cittadina si spezzava, favorendo l'insorgere di rivolte.
Quest'ultime scoppiavano sulla spinta delle Maestranze, che approfittando del disagio popolare, si mettevano a capo della rivolta con lo scopo di entrare a far parte della vita politica al fine di poter ottenere la riforma della pubblica annona.
Nel 1671 una grave carestia colpì Trapani, scatenando forti proteste tra i poveri, che dovettero comprare il pane ad un prezzo elevato.
Questa rivolta vide l'unione del popolo con le Maestranze contro i Giurati, che venivano accusati di non aver provveduto in tempo all'acquisto di un'adeguata quantità di frumento in vista della carestia.
La situazione si stabilizzò solo nei primi mesi del 1673, quando il viceré Lamoraldo, con un deciso intervento condannò a morte i capi rivoluzionari.
In particolar modo a sollecitare la rivolta fu la classe degli Artisti che uniti ai corallai lottarono per raggiungere la loro autonomia.
A capo della rivolta si pose don Giovanni Fardella, e quando il viceré principe di Ligny apprese la notizia, mandò il suo delegato, il funzionario Martinelli, che assieme al vescovo di Mazara, mons. Giuseppe Cicala, doveva controllare l'operato dei Giurati e riportare un contesto pacifico.
L'inchiesta si concluse con l'accusa e la deposizione della carica di alcuni amministratori, i quali in seguito, su richiesta di Girolamo Fardella, furono arrestati.
Martinelli, incoraggiò i rivoltosi ad avanzare altre richieste che in seguito furono accettate, provocando fra i nobili parecchie tensioni tanto che alcuni decisero di espatriare.
A causa delle lunghe e dispendiose guerre, le casse dello stato entrarono in crisi, così per rifarsi delle spese, il governo spagnolo mise in vendita i titoli nobiliari.
Nacque così un conflitto tra nobili di serie “A” e nobili di serie “B”, con i primi attenti a non fare accedere i secondi nella loro cerchia di potere, impedendogli inoltre di entrare a far parte della confraternita dei Bianchi, dove questi si iscrivevano per svolgere opere di assistenza.
In questo periodo fra i nobili vediamo gi Aiuto, gli Amari, gli Amato, i Bruno, i Caraffa, i Grimaldi, i Provenzano, i Sieri Pepoli, gli Osorio, gli Staiti, i Foresta ecc..
Nel XVII sec. l'economia trapanese fu messa a dura prova poiché, una qualsiasi crisi di esportazione o di produzione che sconvolgeva i traffici del porto, si riversava sull'intera città.
In questo secolo i prodotti principali dell'industria erano i cordami, il tonno e i suoi derivati, la pasta alimentare, i formaggi, i cuoi conciati, i fusti per il pesce salato e per il vino.
Di particolare rilievo fu la produzione vinicola locale che veniva esportata anche a Marsala.
In crisi era invece il settore del sale, che registrò una forte diminuzione della richiesta per l'immissione sul mercato di un altro minerale a minor prezzo.
Le conseguenze furono il danneggiamento delle saline e gli effetti economici sulla manodopera impiegata.
Contrariamente, l'agricoltura ebbe un nuovo impulso, a questo contribuì anche la formazione di piccoli villaggi; centri di residenza per gli agricoltori, come il piccolo borgo rurale di Paceco sorto nel 1607.
L'attività portuale subì invece un calo, a Trapani, nonostante le opere di potenziamento fatte, come la costruzione del molo di Ronciglio e di altre piccole banchine, i traffici commerciali non ebbero più contatti con gli altri paesi, ma si limitarono nel solo ambito siciliano.
Anche il mercato degli schiavi, iniziato alla fine dell'impero romano ed esteso durante il Medioevo in gran parte d'Europa, ora era in crisi.
A Trapani questo mercato fu molto redditizio, ebbe sede nel rione Casalicchio presso la piazza dei Saraceni, in fondo alla via Giudecca dal 1300 al 1600, in seguito invece si spostò nella “pubblica loggia”.
Le donne venivano impiegate nei lavori domestici, mentre gli uomini erano adibiti ai lavori nei campi, nell'estrazione del sale, nei servizi di bottega e nella costruzione di opere portuali o stradali.
Molti furono i trapanesi fatti schiavi dai musulmani durante le crociate: pescatori sorpresi in mezzo al mare durante la pesca, operai, artigiani e borghesi catturati durante le incursioni barbariche.
I nomi dei corsari Khair ed Din, detto Barbarossa per il colore della sua barba, di Agomat Pascià e di Dragut, divennero leggendari e per secoli terrorizzarono intere popolazioni, quando riuscivano a penetrare nelle città spogliavano e radevano al suolo numerose abitazioni, inoltre impiccavano e catturavano gli abitanti.
A Trapani, grazie alle fortificazioni e al coraggio degli abitanti, i corsari non riuscirono mai ad entrare.
Essi venivano chiamati genericamente Turchi o Saraceni, ma non sempre erano tali: potevano essere rinnegati calabresi, napoletani, veneziani, spagnoli, inglesi e francesi, che saccheggiavano per arricchirsi e rapivano le persone per poi chiedere grossi riscatti.
Generalmente si spostavano con navi piccole e leggere (galeotte, fuste, feluche), comandate dal rais.
Contro le loro invasioni venivano innalzate torri di vedetta lungo le coste, castelli nei punti strategici e i porti venivano muniti di bastioni.
Per il riscatto dei cristiani prigionieri e l'assistenza alle loro famiglie fu istituita a Trapani l'Opera di Redenzione dei Captivi, che ebbe sede nel convento dei Padri Mercedari.
Il denaro utilizzato per saldare i riscatti veniva raccolto dai cittadini e una buona parte era donato dalla Marineria trapanese che cercava in questo modo di spronare l'animo dei cittadini e invogliarli a donare il denaro per i riscatti dei confratelli fatti schiavi.

Le realizzazioni secentesche

Risale al 1673 la relazione, accompagnata da disegni illustrativi, nella quale il Principe di Ligny descrive le condizioni in cui trovò le fortificazioni di Trapani, Siracusa, Catania e Augusta, quando divenne capitano generale del regno di Sicilia e le modifiche da lui apportate in seguito.
Nel 1611 il Luogotenente del regno pubblicò i bandi per la costruzione delle torri difensive di Cofano e di Scopello e nel 1665 furono appaltati i lavori per la manutenzione delle fortificazioni e dei seguenti bastioni: Epifania, Castello di Terra, S. Giacomo e la Colombaia.
Lo scenario dei fortilizi della città secentesca si presentava così: a levante, oltre al Castello di Terra, si trovava la Caserma degli spagnoli con il Bastione dell'Impossibile; a mezzogiorno, fra il Forte di S. Francesco detto anche Epifania e il Bastione dell'Impossibile si trovava il Baluardo di S. Giacomo vicino la porta omonima; a tramontana si ergeva il baluardo dell'Imperiale detto anche Sant'Anna, e nella lingua di terra protesa verso il mare detta “Pietra Palazzo” la Torre di Ligny, costruita nel 1671.
Oltre alla costruzione di baluardi la città fu ornata di nuovi palazzi, chiese e conventi, infatti anche se in questo periodo Trapani è segnata da una profonda crisi essa subisce trasformazioni che ne cambieranno l'aspetto.
Solo adesso le due arterie principali, la Rua Grande (corso Vittorio Emanuele) e la Rua Nova (via Garibaldi), acquistano importanza all'interno della scena urbana: non sono più viste solo come strumento funzionale alla percorrenza, ma diventano veri e propri luoghi d'incontro.
Esse riscattano l'uso tradizionale della piazza, quasi assente nella struttura urbanistica della città.
La Rua Nova mostra già nel 600' l'importante ruolo assunto nel contesto urbano, mentre sulla Rua Grande, con a capo il Palazzo Senatorio simbolo e sede del potere cittadino, si concentrano case di nobili e istituzioni religiose.
Inoltre il quartiere della Giudecca venne anche chiamato dei “Quartarari vecchi”.
RUA GRANDEFin dal quattrocento il numero delle porte d'ingresso delle città rimase invariato, mentre fu tracciata e lastricata la nuova strada che dalla città portava al Santuario della Madonna di Trapani, in seguito per proteggere i pellegrini dal sole o dalla pioggia la strada fu arricchita di archi.
Agli inizi del XVII sec., la Sicilia ci appare ancora caratterizzata dalla dominazione spagnola e da una arretratezza culturale rispetto alle altre regioni italiane.
Con il nuovo secolo però questo ritardo, soprattutto in architettura, comincia ad essere recuperato, a dispetto del difficile quadro politico ed economico che vede contrapporsi aristocratici e clero impegnati a difendere i propri privilegi, si assiste a Trapani ad una intensa attività edilizia, mirata sia alla costruzione di nuove strutture sia alla trasformazione delle antiche che così vennero adattate al nuovo stile.
Da un disegno a penna della fine del XVII sec. si evince l'intensa attività edilizia trapanese: una sequenza continua e fitta di edifici ed il profilo, segnato dalle sagome di cupole, torri e guglie ci mostrano già il grande stile Barocco.
Le nuove espressioni architettoniche risentono fortemente l'influenza della professionalità di ascendenza romana infatti, il nuovo stile Barocco romano, introdotto da giovani architetti formatisi nelle scuole della capitale, si intreccia con l'esperienza e tradizione delle maestranze locali, sia maestri di muro che intagliatori, assumendo un linguaggio coerente e originale.
É possibile vedere la cultura barocca siciliana soprattutto negli elementi più visibili e negli spazi pubblici degli edifici, li troveremo quindi nei portali d'ingresso, nei balconi, negli scaloni, e nei saloni delle feste, praticamente negli ambienti destinati alle relazioni pubbliche.
In perfetta sintonia con la poetica secentesca essi si mostrano in tutto il loro fasto e magnificenza, sorprendendo e meravigliando lo spettatore con effetti scenografici.
Ora l'attenzione si concentra soprattutto nelle trasformazioni e abbellimenti di facciate, dove il fattore predominante è l'elemento portale-balcone, risolto a volte con l'utilizzo di colonne serrate da fasce bugnate di stampo manierista, o sormontate dello stemma, altre con mostre e mensole riccamente intagliate da mastri locali o con colonne tortili su alti plinti.
PALAZZO STAITIIl modello edilizio utilizzato per il Palazzo è quello con il cortile interno di tradizione italiana.
Tra gli edifici modificati e abbelliti in questo periodo troviamo: Palazzo Staiti, nel quale i nastri di bugne presenti nel portone risultano quasi un elemento artificiale di contrasto sulla facciata levigata; Palazzo dei Baroni della Chiusa in via Mercè e Palazzo Riccio baroni di S. Gioacchino.
Quest'ultimo presenta un portale a cunei di gusto catalaneggiante, finestre ornate di intagli e figurazioni in tufo, un balcone centrale con mensole rappresentanti volti umani grotteschi e un cortile in cui la ristrettezza dello spazio viene risolta con arcate depresse dei primi due ordini sovrapposti.
Uno degli esempi più importanti del Barocco trapanese è l'ingrandimento del Palazzo Senatorio, ad opera di Giacomo Cavarretta, dal quale l'edificio prese il nome.
Il Palazzo si arricchì del magnifico prospetto tipicamente Barocco, con un telaio di colonne libere sormontato da una mensola allungata, al posto del pulvino, che emerge sulla facciata.
Riguardo alle strutture religiose, accanto alla tradizionale basilica tripartita da colonne ne troviamo una la cui matrice è ricavata dallo spazio armonico degli edifici religiosi romani.
PALAZZO SENATORIONella prima metà del seicento, Trapani è ancora caratterizzata da forme classiche cinquecentesche o manieristiche, evidenti dalle planimetrie squadrate di alcune chiese: ne è un esempio la chiesa di S. Francesco d'Assisi, a navata unica presenta un breve transetto e un'alta cupola, essa fu progettata dal francescano padre Bonaventura Certo secondo lo schema catechistico utilizzato dall'ordine gesuitico; e la chiesa di S. Lorenzo, progettata dallo stesso padre, è divisa in tre navate intervallate da massicce colonne marmoree.
Il primo Barocco è ancora legato al gusto cromatico spagnolesco, con la prevalenza delle intonazioni di colore sugli effetti plastici: tarsie policrome di marmo sugli altari, intagli e colonne tortili, modulazioni chiaroscurali create dall'alternanza di pieni e vuoti.
Ciò si può vedere all'interno della chiesa della Madonna del Soccorso, conosciuta come Badia Nuova, realizzata nella metà del secolo; e nel portale della chiesa del Carminello.
Un ruolo importante, tra le realizzazioni religiose del 600', ebbe l'impianto gesuitico.
CHIESA DEL CARMINELLO
Dopo il trasferimento provvisorio nei locali vicino alla chiesa di S. Michele, all'interno delle mura, l'ordine, grazie alla sua influenza, si insediò anche nelle zone più centrali della città.
La costruzione del loro complesso fu autorizzata nel 1596.
Questo, secondo lo schema del “modo nostro” indicato dall'autorità centrale, oltre alla chiesa doveva comprendere anche i locali per i religiosi e quelli destinati alle scuole.
La strada però, che divideva i due isolati occupati dai gesuiti, non permetteva al realizzazione di un unico complesso; così il rettore della compagnia, nel 1606 avanzò una richiesta al Senato, che in seguito acconsentì alla chiusura della strada.
L'intero progetto del complesso, che pur rispettando l'intelaiatura classica dell'ordine architettonico ci dà un'immagine diversa dalla tradizione tardo rinascimentale, viene attribuito all'architetto gesuita Natale Masuccio, che in quegli anni soprintendeva all'edilizia dell'ordine gesuita nella provincia di Trapani.
Il prospetto è infatti caratterizzato da vigore chiaroscurale e membrature plastiche che preparano l'esplosione degli addobbi marmorei barocchi.
Al Masuccio ne è attribuita con certezza la parte inferiore, che si presenta scandita da un ordine di paraste modinate, ed è conclusa in alto da una cornice contrassegnata da grossi mascheroni, su di essa mediante grandi volute è raccordato il secondo ordine più ricco di elementi decorativi.
Lo spazio interno è suddiviso in tre navate, e per la prima volta viene utilizzata, non più la tradizionale ripetizione di archi su colonne, ma quella di archi collegati da brevi tratti di architrave secondo una configurazione a serliana.
Il progetto però prevedeva spazi più ampi di quelli effettivamente disponibili, così fu necessario realizzare altari incassati nello spessore del muro al posto di cappelle laterali.
Ad occuparsi, sul cantiere, della costruzione del complesso, che si protrasse per oltre un secolo, troviamo gli architetti sacerdoti Pietro Castro e Paolo Rizzo ed il capomastro Francesco Pinna.
Anche gli Agostiniani Scalzi, arrivati a Trapani nel 1613, e dopo varie sedi provvisorie ottennero, nel 1621 la chiesa e le case della Confraternita di S. Maria dell'Itria.
CHIESA DEL COLLEGIO DEI GESUITISuccessivamente nel 1692 iniziarono i lavori per la costruzione di un grande convento dedicato a Gesù, Maria e Giuseppe, ingrandendo in questo modo l'originaria chiesa; i lavori furono terminati nel 1745.
Lo schema planimetrico è simile alla chiesa del Collegio e ugualmente divisa in tre navate.
La facciata, ormai barocca, attribuita a Pietro Castro, è caratterizzata da una largo uso di colonne estradossate su alti plinti e da un coronamento a timpano spezzato.
Altri conventi realizzati nel XVII sec. furono: il Convento di Sant'Anna con l'annessa chiesa, costruiti dai padri francescani venuti a Trapani nel 1619; e il Convento con la chiesa di S. Maria della Mercede, fondati dai PP. Mercedari nel 1670, sono ubicati nella via XXX Gennaio.
Furono 9 gli edifici sacri che sorsero in città: la chiesa di S. Girolamo, in via G.B. Fardella; la chiesa di S. Leonardo lo “piccolo”, in mezzo alle saline; la chiesa di S. Maria della Grazia, appartenente ai pescatori del “Casalicchio”, nella via omonima; la chiesa di Maria SS. del Rosario, incorporata al convento dei PP. Domenicani; la chiesa del Purgatorio; la chiesa dell'Immacolatella, in via S. Francesco d'Assisi; la chiesa di S. Liberale, ubicata nel viale Torre di Ligny, affidata ai pescatori corallini; la chiesa del SS. Sacramento, in via Gen. D. Giglio, oggi chiusa al culto; e al chiesa di S. Alberto, raro esempio di chiesa barocca a pianta centrica, ubicata in via Garibaldi.
CHIESA DI S. ALBERTOQuest'ultima fu iniziata nel 1681 e ultimata attorno al 1700.
Lo spazio interno privilegia leggermente l'asse longitudinale, che è caratterizzato da lesene, e concluso in alto da una cupola raccordata ai catini dalle quattro esedre terminali.
Oltre a chiese e conventi in città sorsero anche i conservatori femminili: Reclusorio dell'Addolorata con relativa chiesa, ubicato in Corso Vittorio Emanuele; ed il conservatorio di Gesù, Maria e Giuseppe, detto della “Badiella”, ubicato in via Badiella - via Aperta, e fondato da Angela Fardella e Angela Zuccalà per il ritiro delle nobili donne.
Tra la fine del 600' e gli inizi del 700' l'architettura trapanese si orienta ormai sugli effetti del pieno gusto Barocco, dove le membrature e i chiaroscuri definiscono il valore plastico delle superfici.
Di particolare importanza per la cultura trapanese sono i Misteri, protagonisti della processione del Venerdì Santo.
Inizialmente conservati nella chiesa di S. Michele e poi nella chiesa del Purgatorio, i Misteri sono il risultato di una forma d'arte popolare diffusa nei secoli XVI e XVII, in tutte le regioni italiane in particolar modo al sud.
Essa è una via di mezzo fra la realizzazione artigianale e l'espressione artistica; una continua ricerca del realismo espressivo, che si traduce nella produzione laica nell'opera dei pupari, la cui tradizione di origine spagnola proviene dal napoletano.
I personaggi dei Misteri sono costruiti con la tecnica del legno, tela e colla.
La processione dei Misteri consiste nel trasportare tra le vie della città le 20 vare, piattaforme su cui poggiano le statue in legno, tela e colla, portate a spalla dai massari con una caratteristica andatura: l'annacata.

Il Settecento

Il XVIII sec. vede svilupparsi, in campo economico, l'industria del sale e la lavorazione artigianale del corallo.
Il periodo più fiorente per la produzione del sale fu sotto la dominazione sabauda, quando grazie all'aumento delle richieste il mercato si stabilizzò su prezzi alti.
L'attività portuale si rinnovò concentrandosi quasi esclusivamente sull'esposizione del minerale.
L'aumento di produzione non fu dovuto solo alla crescita del numero delle saline, ma anche all'introduzione di nuove macchine.
Prima del 700' infatti per il funzionamento delle saline era necessaria l'energia di uomini e animali, in questo secolo invece vengono prodotte nuove macchine industriali in grado di facilitare il lavoro degli operai.
Nacque così il mulino di forma di torre tronco-conica che con le grandi pale bianche traeva dal vento l'energia necessaria a far muovere i meccanismi interni.
L'utilizzo del mulino a vento suscitò un notevole interesse tanto che si volle estendere, alla fine del 700', la sua funzione nella lavorazione dei cereali.
Naturalmente questo provocò reazioni di protesta da parte della Corporazione dei mugnai che temevano, a causa della nuova tecnologia, di perdere la loro tecnica di molitura, affidata alla MULINOtradizione animale.
Si formarono così due parti opposte da un lato i “conservatori”, i mugnai che chiedevano al governo non solo di impedire la costruzione di nuovi mulini a vento, ma di distruggere anche quelli esistenti, e dall'altro i “progressisti”, che erano invece favorevoli.
Il risultato fu un rapido crollo della corporazione e i quartieri in cui operavano i serragli, luogo in cui i maestri molitori tenevano gli animali da soma e macinavano il frumento, furono ristrutturati solo nell'800'.
I più importanti erano: il serraglio di S. Pietro, che occupava un lotto lungo e stretto confinante con la caserma degli spagnoli, e il serraglio di S. Agostino a sud del convento omonimo.
Tra gli impianti più importanti e meglio organizzati c'era al salina del Collegio, economicamente gestito direttamente dagli stessi gesuiti.
Quando nel 1767, i gesuiti furono espulsi dall'isola, la salina diventò proprietà della regia corte, che imponendo diritti di priorità d'acquisto, danneggiò notevolmente gli altri produttori.
Un altra attività altrettanto fiorente fu la pesca e al lavorazione del corallo.
Questa tradizione già sviluppata nel 600' raggiunse nel XVIII sec. un alto livello di espressione artistica.
Numerose botteghe di corallari si aprirono lungo la via Scuderi, attuale via Torre Arsa.
Esse rappresentavano vere e proprie scuole d'arte, dove i maestri con passione trasmettevano ai loro allievi le conoscenze e i segreti della lavorazione di questo magnifico celenterato, considerato dalla tradizione pagana il sangue pietrificato della medusa, mentre dal mondo cristiano il sangue di Cristo.
Di contro invece nessun miglioramento ci fu nel campo industriale, perché i patrizi preferirono investire il loro denaro in beni che assicurassero loro una profitto stabile e sicuro.
Il XVIII sec. vede un forte aumento della popolazione trapanese che da 16.000 passò a 30.000 abitanti.
L'aumento della richiesta di alloggi fece concentrare l'attenzione sulle aree interne edificabili.
Per esigenze militari, le costruzioni si dislocarono nel quartiere di Mezzo e quello di Pietra Palazzo, dove al fine di permettere il congiungimento della Torre di Ligny con la Rua Grande fu costruita la via Carolina, in omaggio alla moglie del re Ferdinando I.
Inoltre, il crescere delle associazioni religiose, determinò la realizzazione di numerose scuole o Collegi dai quali uscirono uomini dotti che diedero lustro alla città dal campo delle lettere a quello delle scienze e delle armi.
In città spiccarono: Alberto e Michelangelo Fardella, come filosofi; Vincenzo De Nobile e Vito Catalano, come storici; Giuseppe Barlotta e Antonio Castronovo, come matematici; e Leonardo Ximenes, come astronomo.
Nel campo delle arti troviamo invece: Giuseppe Scuderi, Alberto Di Vita e Pietro Ancona, come scultori; e fra i pittori Domenico La Bruna e Andrea Marrone.
L'attività edilizia privata, non solo si sviluppo, ma contribuì ad abbellire e modificare, anche se in parte, la toponomastica della città, che fino al XIX sec. rimase invariata.
Al posto di vecchi palazzi ne sorsero altri più grandi, molti di questi come il Palazzo Mokarta (piazzetta Matteotti), il Palazzo del duca Saura (via Garibaldi), il Palazzo dei signori di Milo (via Garibaldi) e altri, furono abbelliti sotto l'influenza barocca, piccoli e antigenici agglomerati di baracche furono distrutte e al loro posto eretti splendidi edifici.
Ne si trascurò la parte ornamentale: a Piazza Lucatelli fu eretta la statue in onore di Vittorio Amedeo di Savoia, ad opera di Giacomo Tartaglia, un monumento su disegno dell'architetto Amico, sorse sotto il Bastione di S. Francesco d'Assisi, in onore di Filippo V, ed un terzo dello stesso architetto, fu eretto a piazza Marina, in onore di Carlo III; questi monumenti furono però distrutti durante le rivoluzioni successive.

La struttura della città

Un censimento datato 1748, conservato tra gli atti del Senato, mostra la struttura urbana di Trapani nel XVIII sec.
Il documento presenta una divisione dell'abitato in isolati, nei quali attraverso una numerazione sono indicate le unità edilizie e i rispettivi proprietari.
La città risulta divisa in due parti: la prima, formata dai quartieri di S. Nicolò e S. Pietro e le proprietà sulla Rua Nova; l'altra definita come quartiere di S. Lorenzo, comprende la zona occidentale di Trapani.
Le singole isole prendono spesso il nome da un elemento importante in esse contenuto, o compare solo il nome del proprietario o vengono addirittura chiamate secondo le caratteristiche del luogo.
Nel documento non vengono indicati i nomi delle strade quindi si presume che le unità non siano indicate secondo il numero civico, ma in relazione al loro giro orario o antiorario attorno all'isolato, facendo riferimento ai punti cardinali per individuare i vari lati.
Inoltre per ogni particella è espressa la funzione d'uso: Palazzi nobili (Palazzo); le case di abitazione (casa, casa con studij, casa terrana, casa grande); gli edifici religiosi (Chiesa, Chiesuola, Reclusorio, Cappella, Monasterio, Convento); i negozi (Potega, Speziaria, Furno); i magazzini (Magazeno, Fundaco, Schifezaria) ecc...
La struttura delle abitazioni interne alla città risulta basata sui vuoti interni: atri e giardini nei palazzi nobili, e cortili nelle abitazioni più modeste.
Quest'ultimi di origine islamica rappresentavano spazi privati sui quali si affacciavano magazzini, abitazioni e botteghe artigiane.
Diversa si presenta invece la struttura delle zone addossate alle mura, essa è formata da lunghi isolati divisi da numerosi percorsi assumendo una configurazione a pettine.
Importante, all'interno del tessuto urbano, era l'attuale piazzetta Notai e le strade ad essa convergenti, dove si concentravano gli istituti bancari.
La Rua Nova e al Rua Grande assumono diverse tendenze, mentre la prima, per la maggior concentrazione di abitazioni nobili, è il posto favorito per stabilire dimora, la seconda assume più le caratteristiche di un'arteria commerciale, pur riportando la presenza del palazzo Senatorio e della Cattedrale.
Già iniziato nel secolo precedente, il processo barocco si prolunga anche nel 700', esprimendosi con il rinnovamento dei Palazzi nobili, nella ristrutturazione di edifici religiosi, nell'attenzione per la componente scenografica urbana.
Il linguaggio è quello di un Barocco maturo di derivazione borrominiana, che influenzato dall'arte locale ha elaborato una stile più originale.
Nell'edilizia civile, sia nei palazzi nobili che negli edifici con funzioni pubbliche e sociali, l'attenzione si riconcentra sugli elementi decorativi, la ricchezza dagli intagli e l'abbondanza di ornamenti; si ha dunque un ulteriore evoluzione di motivi già maturati nel corso del XVII sec.
Rispetto al periodo precedente però, si nota in ville e palazzi una caratterizzazione tra spazi privati e spazi pubblici.
Fra i numerosi edifici costruiti o ristrutturati nel corso del 700' ci sono: il Palazzo del Barone della Cuddia, nella Rua Nova, oggi scomparso, è caratterizzato dalla diffusa presenza di intagli e figure in tufo riccamente lavorate; il Palazzo di Don Giovanni Ferro, lungo la Rua Grande, e quelle del Barone Mocarta, sulla piazzetta omonima.
A caratterizzare i prospetti dei Palazzi di Don Berardo Ferro e di Don Giuseppe Rizzo barone di Arcudaci, sulla Rua Grande, e quello del Barone Milo sulla Rua Nova, è ancora una volta l'elemento portale-balcone, che nel 1758 fu adottato analogamente nel nuovo prospetto dell'Ospedale di S. Antonio, ad opera degli architetti Paolo Rizzo e Vincenzo Liotta.
Riguardo all'edilizia religiosa, le strutture chiesistiche che prevalgono sono: l'impianto longitudinale, l'impianto centralizzato e la combinazione di entrambi.
Le facciate vanno, invece, dal tipo retto e squadrato della tradizione a quello ondulato ripreso dal linguaggio romano.
Tra gli architetti più in vista emerge la figura di Giovan Battista Amico.
Egli apprese le sue conoscenze di architettura sulle opere dei trattatisti, ma soprattutto dall'osservazione diretta dei manufatti.
Durante la sua lunga carriera professionale, che lo vide architetto del Senato di Trapani e architetto regio, egli realizzò numerose opere delle quali lasciò un elenco nel suo trattato intitolato “L'Architetto Prattico”.
Le sue realizzazioni più importanti e significative sono i prospetti delle chiese di S. Lorenzo e del Purgatorio e lo scenografico interno della chiesa dell'Immacolatella.
Il prospetto della chiesa del Purgatorio, degli anni 1712-14, rappresenta il suo primo lavoro .
In esso sono già presenti i temi che caratterizzeranno le sue successive opere: l'andamento ondulatorio, qui ottenuto non con l'uso di curve, ma di una spezzata; gli elementi plastici, come statue, nicchie, balaustre, e colonne a tutto tondo; e il recupero della classicità nel modo di organizzare l'ordine architettonico.
Il prospetto s'imposta sul tema dei tre ordini architettonici sovrapposti, il terzo, che funge da loggia campanaria, diventa un elemento scenografico, per il largo uso della decorazione scultorea.
CATTEDRALE S. LORENZOAltrettanto importante è la chiesa di S. Lorenzo, diventata a quei tempi modello per le chiese madri delle altre città, fu modificata dall'Amico, con la realizzazione del prospetto, di alcune cappelle e l'inserimento della cupola.
La facciata presenta un primo ordine a portico e un secondo, che arretrato e bloccato lateralmente da due campanili, segue il tema della parete ondulata.
La cupola invece, è segnata da quattro rotonde torri, poste sugli angoli del quadrato di base.
Riguardo all'interno dell'Immacolatella, grazie all'articolarsi di archi, paraste, linee e cornici in stucco, viene a crearsi uno spazio sfarzoso come una scenografia per le funzioni liturgiche.
La luce che proviene dall'alto, creando ombre e luminosità, accentua maggiormente il carattere magico dell'interno.
Tra le sue opere ancora esistenti ricordiamo inoltre: la Cappella di S. Ignazio nella chiesa del Collegio; la Cappella del Crocifisso e l'oratorio della compagnia segreta della Mortificazione, detto la Ficarella, entrambi nel complesso conventuale di S. Domenico.
Le altre chiese edificate in questo periodo sono: la chiesa di Sant'Anna ubicata di fronte al Convento omonimo; la chiesa denominata del “Fosso” o di “L'Armiceddi”, situata sotto le trincee del Castello di Terra; la chiesa del Carminello, sita in via Garibaldi, appartenente alla compagnia del Carmelo; il Convento dei PP. Crociferi con l'annessa chiesa di S. Maria della Lettera, in via Crociferi; e infine il Reclusorio delle Orfane che venne ingrandito e dotato delle chiesa intitolata a S. Spirito.
Solo alla fine del secolo con le scoperte di Ercolano e Pompei si tende più ad una “restaurazione dell'antichità”, ciò fa si che a Trapani si registri l'adesione al Neoclassicismo.
Architettura di transizione, già tendente a motivi neoclassici è il Palazzo del Barone Morano, realizzato su disegno attribuito ad Andrea Giganti.

Appello

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